Che sarà mai successo? Semplicemente che il professor Conte sarà legittimato a governare come lo furono Monti e Renzi, salvo che il grillino di base non eccepisca.

Ma non accadrà, lo sterco si tira agli avversari, non agli amici.

Caro Direttore,

finalmente oggi avremo (salvo complicazioni) il nuovo governo, il primo giallo-verde, dei nostri dilettanti allo sbaraglio. Nel contratto Salvini-Di Maio, la Lega ha imposto, manu militari, le aspettative del Nord più la caccia ai neri; il M5S ha ottenuto di tagliuzzare qualche pensione, di promettere un reddito di cittadinanza tutto da vedere, e ha deciso di fermare tutte le opere pubbliche, strade e ferrovie innanzitutto, che servono a creare lavoro e a modernizzare il Paese; neanche una parola sul Sud, che ha votato in massa i grillini, se non la chiusura dell’Ilva di Taranto (15mila dipendenti).

Il napoletano Di Maio si è accontentato di promesse sull’ignoto (conflitto di interesse, riforma della giustizia…) che resterà ignoto. L’ex-candidato premier aveva puntato tutto sulla sua gloria di scrittore della Storia a Palazzo Chigi, ma dovrà accontentarsi di qualche ministero, come un deputato qualunque.

Ma la novità giallo-verde sa già di vecchio. Il premier sarà un professore di economia, già parte della squadra dei ministri-ombra di Casaleggio. Uno stimato signore non eletto dal popolo. Ohibò, un premier “nominato” come Monti e Renzi, guarda te, che erano stati sommersi di critiche e qualche manciata di letame dai suddetti grillini.

Che sarà mai successo? Semplicemente che il professor Conte sarà legittimato a governare come lo furono Monti e Renzi, salvo che il grillino di base non eccepisca.

Ma non accadrà, lo sterco si tira agli avversari, non agli amici. È già successo che in campagna elettorale Salvini desse dell’ignorante a Di Maio (da che pulpito…) e che Di Battista minacciasse di lasciare il Movimento in caso di inciucio con Salvini. Adesso l’abbraccio riprodurrà fedelmente i vecchi riti così esecrati negli ultimi cinque anni dal populismo nuovista.

Non c’è da scandalizzarsi. C’è da essere ammirati per la capacità di trasformismo e di voglia di potere di quelli che dovevano aprire le istituzioni come scatole di tonno.

Meglio così, almeno salviamo il tonno.


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Pugliese errante, un po’ come Ulisse, Antonio del Giudice è nato ad Andria nel 1949. Ha oltre quattro decenni di giornalismo alle spalle e ha trascorso la sua vita tra Bari, Roma, Milano, Palermo, Mantova e Pescara, dove abita. Cominciando come collaboratore del Corriere dello Sport, ha lavorato a La Gazzetta del Mezzogiorno, Paese sera, La Repubblica, L’Ora, L’Unità, La Gazzetta di Mantova, Il Centro d’Abruzzo, La Domenica d’Abruzzo, ricoprendo tutti i ruoli, da cronista a direttore. Collabora con Blizquotidiano.  Dopo un libro-intervista ad Alex Zanotelli (1987), nel 2009 aveva pubblicato La Pasqua bassa (Edizioni San Paolo), un romanzo che racconta la nostra terra e la vita grama dei contadini nel secondo dopoguerra. L'ultimo suo romanzo, Buonasera, dottor Nisticò (ed. Noubs, pag.136, euro 12,00) è in libreria dal novembre 2014. Nel 2015 ha pubblicato "La bambina russa ed altri racconti" (Solfanelli Tabula fati). Un libro di racconti in due parti. Sguardi di donna: sedici donne per sedici storie di vita. Povericristi: storie di strada raccolte negli angoli bui de nostri giorni. Nel 2017 ha pubblicato "Il cane straniero e altri racconti" (Tabula Dati).

1 COMMENTO

  1. L’esperienza mi ha insegnato a non mettere mai il carro davanti ai buoi. Come docente, poi, mi sono sempre sforzato di far valutare il mio operato, prima di quello degli altri. Non a caso esigevo che genitori ed alunni, segretamente, valutassero la qualità del servizio offerto.

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