
LA DEMOCRAZIA IN DIRETTA
Caro Direttore,
uno scambio di whatsapp con il mio amico Germano d’Aurelio, in arte ‘Nduccio, mi ha riportato indietro al maggio del 1974 quando gli italiani furono chiamati al referendum per confermare o abolire la legge sul divorzio. No, non si parlava di questo con ‘Nduccio, si parlava di Radio radicale, ma i ricordi mi hanno spinto da un’altra parte, mi hanno riportato alla mia giovinezza, agli inizi del mio lavoro, alla casa dei miei genitori, a mia mamma Nunzia. Erano gli ultimi giorni della campagna referendaria, il 12 e il 13 maggio avremmo votato. Avevo 25 anni, mio fratello Mimmo ne aveva 22, gli altri quattro non avevano raggiunto la maggiore età (allora di 21 anni).
Dopo quello del 1946 fra Monarchia e Repubblica, l’Italia tornava a dividersi, a lacerarsi fra il Sì o il No al divorzio. La Chiesa, come nelle elezioni del 1948, tornava a essere baluardo della tradizione e della conservazione, che aveva molto di arretrato e molto di buono (ma non è di questo che si discute qui). La Democrazia cristiana di Amintore Fanfani sosteneva con le unghie e con i denti il Sì all’abolizione della legge. Marco Pannella e la sinistra laica, socialista e comunista sostenevano il No. Ricordo lo slogan di Fanfani: “Sì, come i giorno delle nozze”. E la risposta di Fortebraccio sull’Unità: “No, come il giorno delle cozze”. Riferimento non casuale all’epidemia di colera in corso a Napoli. Lavoravo allora alla Gazzetta del Mezzogiorno, giornale di riferimento di Aldo Moro, e ricordo la discrezione dello statista cattolico che, primo ministro in carica, mantenne un profilo basso, quasi neutrale. Moro conosceva l’Italia.
Mi fermo qui, la memoria sta prendendo il sopravvento. Volevo soltanto rendere omaggio alla memoria di mia madre che, ai figli in età di voto si limitò a dire: io voterò No, perchè io non divorzierò mai da vostro padre, ma c’è tanta gente che ha bisogno di risolvere situazioni disperate. Vale la pena di aggiungere che mia madre era cattolica, osservante, che non nominava il nome di Dio invano, che andava in chiesa velata, era devotissima della Madonna, che – ci raccontava – dieci anni prima l’aveva salvata da un male che non nomino. Mio padre non parlò mai del divorzio, era un cristiano ma era anche un nostalgico del fascismo, votò Sì, ma non lo confessò mai.
Qui mi fermo con i miei ricordi personali.
Con ‘Nduccio non abbiamo parlato di tutto questo. Ma di quello che fu all’origine di quella “rivoluzione”. Abbiamo parlato di Radio Radicale, quel canale di democrazia diretta, che apre il Parlamento al Paese, strumento che i giannizzeri grillini (con strizzatina d’occhio dei complici leghisti) vogliono chiudere. Io non sono stato radicale, vengo da una cultura catto-socialcomunista. Ma ricordo bene che fu Marco Pannella a convincere la sinistra a sostenere quel referendum, fu lui a capire che il Paese era più avanti dei partiti, e che anche pezzi importanti del cattolicesimo erano aperti al nuovo, più di quanto la Chiesa non avesse colto. Pannella non è stato solo questo, è stato anche altro, e non sempre mi ha convinto. Ma senza dubbio ha aiutato il Paese a darsi una cultura libertaria sulla quale eravamo in ritardo. Un mezzo insostituibile è stato ed è Radio Radicale, ancor più adesso dopo la moria dei partiti tradizionali e dei loro giornali.
Il governo gialloverde minaccia di ucciderla tagliandogli i finanziamenti, e tagliandoli a tutti i giornali non considerati amici del Cambiamento, cioè non complici. Lasceranno finanziata dallo Stato solo Radio Padania …Se non è fascismo questo, qualcuno mi spieghi che cos’è il fascismo. Vabbè, poi aggiungeteci il razzismo, l’antisemitismo …Non basta ancora?
Viva Radio Radicale.