
Bagarre ohimè là dove manca intesa…
Il mar non si pone quesiti e resta calmo.
Dalla plancia, gelida di luna,
sgrava il ripensamento
che buca l’orizzonte e approda al tugurio,
tra gli affetti lasciati…
Difficile terra, vermiglia, assolata, negata…
Sulla Diciotti nessun baobab
nemmeno l’ala di uno spossato albatros,
a ristorar, dai cocenti rai,
la corvina, martoriata carne,
di chi sogna, desto, un mondo alieno…
Ci sono ombre di corpi sfumati.
Ombre lunghe, con l’astro nascente.
Man mano sempre più corte…
per morire, in un attimo, allo zenit.
Si distenderanno ancora, le ombre,
ma senza vigore,
per sprofondar nell’apatico occaso del nulla…
Chiome ondulate, ricciute,
sopra un mare calmo
attendono, affettando,
con l’attesa sferzante, il tempo
che si è fatto denso,
al par di amara melassa…
…e si attende l’approdo…
in un inferno, giammai pensato…
in una terra ricca di navigatori,
di santi dismessi,
di bravi e… di ostentati crocifissi.
È il saggio di un balletto macabro:
tra chi possiede giudizio
e scheletri viventi.
Ci saranno i perfidi caporali
a sostenere le loro attese,
nel travaso di sangue,
rosso pomodoro.