La Storia, una maestra di vita ignorata

In questi giorni, la drammaticità della crisi internazionale russo ucraina sta conoscendo il punto più alto di tensione. La storia è ciclica, verrebbe da dire, ma è anche la maestra inascoltata e disperata di uomini e donne che imparano la lezione a memoria, ma che non si preoccupano di metterla in pratica. La minaccia nucleare, avanzata di recente da Mosca contro chiunque interferisca nei suoi piani di annessione delle terre contese all’Ucraina, non significa soltanto un ritorno alla retorica della minaccia nucleare, ma rappresenta l’ennesimo richiamo agli errori del passato. È facile attribuire colpe alla decisione scriteriata di Vladimir Putin di invadere l’Ucraina per condurre “un’operazione militare speciale” in protezione dei russi che vivono nelle zone controllate da Mosca, che saranno chiamati a un referendum, un’insidiosa farsa, il 23 e il 27 settembre.

Che la tensione stia registrando picchi sconosciuti lo rivelano gli interventi dei leader mondiali e del Segretario dell’ONU Guteress che hanno risposto alle provocazioni lanciate ieri da Medvedev, ex delfino di Putin. Facile anche fare paragoni e andare con la mente a quanto ha compiuto nel secolo scorso Adolf Hitler con le annessioni, o meglio occupazioni, dell’Austria e della Regione dei Sudeti, prologo del conflitto che si sarebbe scatenato poco dopo.

Se vogliamo continuare su questa linea comparativa e di facile associazione, entrambi gli statisti, Hitler e Putin, hanno incarnato i malumori di due popoli messi alle strette da trattati e da anni difficili. Putin è figlio dell’ex Unione Sovietica, che ha servito nel KGB e che non ha forse mai accettato la fine dell’URSS, già dalle prime battute, quando di stanza a Dresda, scese per strada con la sua pistola d’ordinanza minacciando alcuni manifestanti, che protestavano sotto il suo ufficio. Non meno diverso da Hitler, che ha somatizzato le restrizioni e la durezza delle umilianti clausole del Trattato di Versailles, che avevano messo sul lastrico un’intera nazione, ma che avevano pian piano suscitato uno spirito di avversione verso i vincitori del conflitto. I vincitori del conflitto, appunto. In quell’occasione, gli Stati dell’Intesa sottrassero alla Germania alcuni dei “suoi” territori, come ad esempio l’Alsazia e la Lorena, e le colonie, ridimensionarono l’esercito e imposero il pagamento dei danni bellici in favore degli Stati vincitori. John Maynard Keynes espresse dubbi su queste misure dure nei confronti della Germania perché avrebbero potuto mettere a rischio la pace. Non fu ascoltato e vent’anni dopo i risultati si videro.

Gran parte degli stessi Stati, all’epoca vincitori della prima guerra mondiale, nel passato recente, negli ultimi trent’anni per la precisione, hanno puntato a isolare la Russia dopo la frammentazione del vecchio impero sovietico. La strategia messa in atto dalla NATO, di accerchiare la Russia in una morsa sempre più stringente e soffocante, ha scatenato la reazione di Mosca che forse non attendeva altro per mostrare i muscoli con un’operazione militare che sembra molto lontana dall’esito immediato della guerra lampo. Ad Ovest regna una sorta di immunità storica, un’onnipotente presunzione di essere sempre dalla parte del giusto, mai del torto.

Nell’intervista di Putin a Oliver Stone emerge a tinte forti questa volontà occidentale di minacciare la Russia, di braccare l’orso che si dimena tra le catene e che può far male, molto male. La vicenda tedesca sembra non aver insegnato nulla ai posteri. Quando sorge un leader forte e poco illuminato, che fa della politica una faccenda personale e che quindi si alimenta delle umiliazioni subite dal suo popolo, allora iniziano i guai seri e il tempo per rimediare diventa esiguo.

La storia ha insegnato che il dialogo è l’arma migliore per risolvere le contese e ce ne sono di esempi illuminanti nel secondo dopoguerra. Per citarne solo uno pensiamo alla costituzione della Comunità Europea del Carbone e dell’Acciaio che ha garantito la pace tra Germania e Francia. Alla prova dell’esame di storia l’umanità è pronta per essere ancora una volta rimandata e gli esami di riparazione rischiano di essere fatali.

Quando Hitler occupò la Francia esigette di firmare la resa sullo stesso vagone e nella stessa località del primo armistizio del 1918, a Compiègne. Per cancellare l’onta della sconfitta tedesca, al termine delle trattative fece saltare in aria la carrozza, disintegrando la memoria storica e gli effetti della Pace di Versailles.

A saltare in aria oggi non sarebbe più un semplice pezzo di antiquariato ferroviario, ma intere città e forse il mondo intero, conseguenza della concatenazione di errori commessi e reiterati, come l’essersi portati ben oltre i confini degli Stati cuscinetto del vecchio conflitto mondiale, freddo e bipolare, inesistente da trent’anni e “l’aver dichiarato Putin un grande nemico degli Stati Uniti”. Parole quest’ultime di Oliver Stone che riassumono la strategia aggressiva che la NATO ha assunto nei confronti dello Stato slavo. Nella situazione in corso nuovi  spiragli di pace sembrano lasciare il campo a una minacciosa escalation militare che potrebbe avere esiti disastrosi e arduo sarebbe allora  per i posteri esprimere una sentenza.