Nel Deuteronomio, 5° libro della Bibbia, riscontriamo degli imperativi ripetuti e scanditi con un accorato appello: Ricordati, Non dimenticare, Guardati bene dal dimenticare. C’è da chiedersi: perché nel Deutero­nomio la memoria ha una funzione talmente rilevante che il “ricordare” sembra essere una legge addirittura superiore alla morale?

Il senso di smarrimento che può colpire l’individuo o una comunità di fronte a certe disgregazioni può es­sere sopportato con rassegnata passività, ma può anche capovolgersi in una fuga nostalgica verso il passa­to. La memoria in questo caso non è una sorta di vagabondaggio nel passato per ricreare un mondo sottrat­to alle leggi del tempo, ma rimane decisamente ancorata alle ragioni del presente. Il passato è un campo di osservazione. Visitarlo costantemente significa ri­cercare quei segni che possono essere determinanti per il presente che si sta vivendo. In questa prospettiva la memoria può abbandonare certi tratti individualistici ed episodici per diven­tare memoria e patrimonio della collettività.

In altre parole, non è più la persona solitaria che cerca nella memoria una possibile via di uscita dal pantano in cui si trova, ma è la collettività che sente il bisogno di ri­cordare per la propria sopravvivenza e il proprio futuro cammino. Ricordava George Santayana: “Chi non si ricorda del passato è condannato a ripeterlo”.

Ma la memoria di cui parla il Deuteronomio non mira principalmente a esorcizzare il male, bensì è una sorta di riflessione sulla fecondi­tà del bene che, pur se collocato nel passato, è pe­rò soggetto di sviluppi nel pre­sente. La grande originalità del discorso biblico sta nel fatto che il pas­sato è un oggi. La memoria ridesta il coraggio creativo per l’oggi e per il domani.

Presente e futuro sarebbero difficili da affrontare senza il soste­gno della memoria: il presente, pieno di ten­sioni e di contraddizioni, sem­bra mortificare ogni possibile speranza, il futuro incombe misterioso e minac­cioso creando uno stato di tormentosa ansietà.

Il fondamento stabile su cui la fede si appoggia è la memoria di ciò che Dio ha già operato per il suo popolo. Si comprende così come la Bibbia racchiuda non tanto concetti astratti, massime sapienziali e affermazioni dogmatiche, ma un lungo elenco di eventi da ricordare.

A questo proposito Abraham Heschel rileva: “Gli ebrei non hanno conservato gli antichi monumenti. La luce che si è accesa nella loro storia non si è mai spenta. Con vigorosa vitalità, il pas­sato continua a so­pravvivere nei loro pensieri, nei loro cuori, nei loro ri­ti, se il ricordo è un atto sacro: noi santifichiamo il pre­sente rammentando il passato”. Potremmo aggiungere: per la forza del passato noi ci apriamo un varco verso il futuro.

Sotto il peso di cir­costanze tremende, la memoria può diventare fragile con il rischio di essere sconfitta dai nuovi barbari che impongono con ogni mezzo la “Damnatio memoriae”, perché la memoria incarnata è sovversiva e irriverente … è una forza vitale che impedisce alla sopraffazione, con il suo carico di dolore, di costruire il suo futuro.


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Elia Ercolino, nato a Peschici (FG) 15/02/1954. Formazione classica con specializzazione in teologia biblica. Ha tenuto corsi di esegesi e teologia   vetero e neotestamentaria. Giornalista pubblicista dal 1994 e professionista dal 2004. Impegnato nell’emittenza televisiva locale dal 1992. Direttore di Tele Dehon dal 1994 con auto dimissioni nel 2012. Direttore responsabile e fondatore della testata giornalistica “Tele Dehon Notizie” dal 1995 al 2012. Impegnato da sempre nel mondo del volontariato sociale.