Inutile fare le crociate contro Halloween, se i mostri ce li abbiamo dentro
Che cosa resta di un massacrante periodo di incombenze, urgenze, scadenze e irruenze su tutti i fronti?
Resta l’amore di quella persona che non ti lascia mai sola e non perché ci abiti insieme, ma perché ci si abita reciprocamente, si è casa l’uno per l’altra e non c’è trasloco che tenga.
Restano i volti e le mani di chi ti ha aiutato, di chi ti è stato accanto, con un gesto o una parola.
Restano gli scatoloni vuoti di chi da giù ti ha mandato le reliquie della sua presenza, trasformando i legami in santuari di stupore.
Resta la comprensione di chi è riuscito a fare un passo indietro per lasciarti lo spazio di respirare e lo ha fatto autenticamente, senza la sottile pretesa di certi silenzi, delle discrezioni assolutamente fasulle di chi, in realtà, sta solo aspettando che ti decidi a dedicargli tempo.
Resta la trasparenza di chi sa restare, sostare nella tua vita, addirittura fare retromarcia se si è accorto che sei rimasto a terra. Quel “re” accanto a “stare” indica proprio questo e sfida le folli corse in avanti di tutti. In certi casi, invece, basta una piccola scusa per andarsene, proseguire tranquilli il proprio cammino. Ho sempre pensato che chi se ne va non sta cambiando idea, sta solo scoprendo un’assenza di fondo, malamente mascherata da interessi momentanei, di circostanza, di tornaconto e svelata dall’incapacità di condividere il quotidiano. Tutti prima o poi ci scontriamo con certi fantasmi e con i loro scherzetti…ed è inutile fare le crociate contro Halloween, se i mostri ce li abbiamo dentro, accovacciati accanto ai preziosissimi valori e alle sacrosante tradizioni, che ispirano altisonanti sermoni, senza smuovere la coscienza personale su spaventose mancanze di rispetto e di affetto.
E a proposito di Halloween, l’altro giorno a scuola ho trovato un cioccolatino a tema nello scompartimento del resto del distributore automatico di bevande. Mi sono stupita. È stata una carezza. Perché ho capito che, certe volte, il resto non è la semplice rimanenza di qualcosa, il risultato di una sottrazione, il prodotto di un calcolo. In quello che rimane c’è un amore triplicato, fedele, silente e presente, un’eccedenza, un desiderio, lo stesso che ha spinto gli scalmanati alunni del liceo artistico di Giussano a spargere cioccolatini ovunque, per il gusto di donare. Di certo anche loro sono tra ciò che rimane di questo periodo così complicato, con la loro accoglienza, la sete di sapere, le lacrime, i disagi, le ansie per le verifiche e la gioia incontenibile di stare finalmente, di nuovo, insieme tra i banchi di scuola.
Insomma, se impariamo ad osservare quanto ci resta delle nostre complicatissime giornate, forse possiamo renderci conto di quanto siamo effettivamente ricchi. E forse possiamo tornare a sorridere di più e a esercitarci nella felicità. Perché i santi che i cristiani oggi ricordano e la santità cui aspirano è felicità, semplice ma non ingenua, matura e fanciullesca. Parola di Vangelo: difatti quel “beati” in greco è “makàrioi”, “felici”. Non è certo un mistero che certi periodi di particolare stress e certe sparizioni mettano a dura prova la serenità e, a volte, la medesima felicità. Ma sono certa che, un po’ ovunque, qualcuno di insospettabile dissemina ancora “gentilezza a casaccio e atti di bellezza privi di senso” (A. Herbert). Così come sono certa che tracce di contagiosa santità si nascondano più in un grammo di felicità disordinata, generosa e fuori dalle righe che in una tonnellata di convenzioni e sermoni corredati da apatie e mancanze terrificanti. Altro che zucche intagliate.
Resto incantata a riflettere sulle parole usate ad una una con saggezza e profondità di animo…💓
Grazie di cuore
❤️
Una lucida e vera constatazione. Il “restare” è un atto di puro amore nei confronti degli altri senza se e senza ma con la voglia di non perdersi per continuare ad arricchirsi insieme.
Grazie veramente di cuore per la condivisione