«Per plasmare l’uomo, non è con acqua, è con lacrime che Prometeo mescolò l’argilla»

(Emil Cioran)

Tutti conoscono il mito di Prometeo e lo citano a volte come monito, altre volte con ammirazione.

Basti dire che “prometeico” è un aggettivo che possiamo utilizzare tanto per complimentarci con la genialità di qualcuno quanto per definirlo intollerante delle regole. È prometeico un innovatore e un ribelle, un creativo e chi crede ciecamente nelle “magnifiche sorti e progressive”. In ogni caso: un coraggioso. E mi sovviene che “coraggio” in latino deriva da “cor haebo”, “ho cuore”…

Ecco, forse non tutti forse ricorderanno che Prometeo agì “con cuore” ovvero per amore. Segnatamente, per amore della conoscenza e per amore dell’umanità.

In breve.

Prometeo era un titano, uno di quegli esseri divini che, nella mitologia greca, precedettero gli dei dell’Olimpo. Era un personaggio complesso e affascinante, noto per la sua intelligenza e filantropia.

Quando gli dei crearono gli uomini, Prometeo si prese a cuore la loro sorte. Si accorse che erano creature deboli, esposte agli elementi e incapaci di difendersi. Così, decise di aiutarli. Rubò il fuoco agli dei, un dono prezioso e sacro, e lo portò agli uomini. Il fuoco divenne simbolo e agente di progresso, consentendo loro di cucinare il cibo, scaldarsi durante l’inverno e lavorare i metalli.

Ma Zeus, re degli dei, si infuriò per questo furto. Considerava il fuoco un privilegio divino e non poteva tollerare che gli uomini avessero osato appropriarsene. Decise quindi di punire severamente l’impresa prometeica che considerò una forma di hybris (ὑβρις), termine greco che potremmo tradurre con: “tracotanza”, “smodata ambizione”, “arroganza”, “disprezzo delle leggi divine”.

E la pena fu senza sconti: Prometeo fu incatenato a una roccia, dove un’aquila ogni giorno veniva a divorargli il fegato, che poi ricresceva durante la notte, rinnovando così il suo supplizio all’infinito.

Facile indovinare a chi vada la nostra simpatia tra Zeus e Prometeo. Il primo ci appare veramente arrogante, il secondo è il benefattore dell’umanità, il padre del progresso e della conoscenza, colui che, per amore degli uomini, ha pagato la sua ribellione al prezzo di un sacrificio sconfinato.

Ecco, proprio su quest’ultima parola vorrei soffermarmi per proporti una diversa lettura del mito di Prometeo.

Come di consueto, un po’ di etimologia.

Sconfinato deriva da “s”, prefisso che comporta negazione o separazione, e il termine “confine”, che indica un limite, un margine, una frontiera. Più precisamente, “confine” deriva dal latino “confīnere” e significa tanto “confinare” quanto “avere un confine comune”.

Lo vedi? Prometeo è sì colui che ha valicato i “confini comuni”, ma lo ha fatto per renderli più ampi per tutti noi. Se Zeus ci aveva pensati “confinati”, Prometeo ci ha voluti “senza confini”: perché non solo la conoscenza, ma tutto ciò che è bello, giusto, vero, buono non può che essere sconfinato. In continuo cammino. Di confine in confine. Ma sempre insieme, “in comune”.

Come l’Amore, quella pazza maniera di conoscere che non accetta confini: né di frontiera né di cuore. E che spesso richiede un coraggio sconfinato, alla maniera di Prometeo.

Erich Fromm: «A dispetto delle crudelissime punizioni che Zeus gli infligge, Prometeo non soltanto non si sottomette, ma neppure si sente colpevole. Sapeva benissimo che rubare il fuoco agli dei e darlo agli esseri umani costituiva un atto di compassione; la sua è stata disobbedienza, ma egli non ha peccato. Al contrario, al pari di molti altri eroi che amano la specie umana (i martiri) ha spezzato l’equazione di disobbedienza e peccato».

Eschilo: «Guardate, tu santità di mia madre, tu cielo che volgi la luce del mondo: quello che soffro è contro giustizia».

Simone Weil: «Nella gioia intensa e pura si è ugualmente svuotati di ogni bene, perché tutto il bene è nell’oggetto. C’è altrettanto sacrificio, altrettanta rinuncia al fondo della gioia come al fondo del dolore».


2 COMMENTI

  1. Razionalizzazione del mito di Prometeo: mi viene spontaneo pensare che gli antichi si fossero accorti che il fegato è un organo il quale – se subisce una lesione – si rigenera.
    I miti mi attirano perché nascondono in sé delle verità e sono portatori di intuizioni che i posteri, con opportuni codici, fanno diventare scienza.

  2. Sì, da sempre Prometeo suscita la mia simpatia per la pietas che nutre per gli uomini,per il coraggio di opporsi a Zeus e per la serena assunzione delle conseguenze.

    Una figura dignitosa!

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