«La vera libertà di una persona passa dalla conquista delle parole»

Riceviamo e pubblichiamo:

La parola esiste nella nostra mente, crea ed è creata e questo è un grande mistero. La parola ci rende umani, dice Chomsky e lo dice anche Vera Gheno, sociolinguista specializzata in comunicazione digitale che,  dopo aver curato per vent’anni il profilo  Twitter dell’Accademia della Crusca, oggi collabora con la casa editrice Zanichelli.

E di parole, di italiano, di norma linguistica, di mistero dell’italiano  si parlerà il 28 ottobre alle ore 18 presso il Centro Risorse di Andria. L’evento, organizzato dal Centro di Orientamento Don Bosco, in partenariato con il Circolo dei lettori e il Nocciolo di Andria, ci svelerà  le parole, non le migliaia di parole che costituiscono il vocabolario della lingua italiana, (per quello basta googlare), ma ci rivelerà la loro forza,  il loro mistero, il  loro potere.

Le parole hanno natura sempre ambigua, possono allontanare ma anche avvicinare, possono essere ponti ma anche muri.  Le parole hanno un potere, un potere talmente forte da fare da titolo all’ultimo lavoro di Vera Gheno Potere alle parole, pubblicato a settembre del 2019 da Einaudi. La forza delle parole sta nel potere che noi, come parlanti, diamo. Non esistono parole buone e parole cattive. Le parole sono.

A fare la differenza siamo noi con l’uso  che ne facciamo. Non esiste una black list e non serve censurare. Le parole decodificano il mondo circostante, raccontano qualcosa di noi, marcano l’identità, compiono azioni. Non ci sono parole belle  e parole cattive. Pensiamo alla parola  negro: può connotarsi come parola denigratoria, se a utilizzarla è un bianco con intenti discriminatori; accettabile, se è un nero  che la usa   come marca di identità  elogiativa del black power.

E allora che vuol dire ‘potere alle (e non delle) parole?  Vuol dire che le parole si rivestono di un potere immenso nel momento in cui noi le pensiamo, le scegliamo e le usiamo.  E altrettanto grande è il nostro potere  quando, da linguisti ingenui, cerchiamo d ricostruire il significato di modi di dire che non capiamo bene e creiamo espressioni, per la verità esilaranti, riconducibili alla nostra esperienza personale. Ed ecco che ci imbattiamo in ‘ tallone da Killer, spezzare un’arancia, cogliere in fragrante. Talvolta  sembra di imbatterci in neologismi e siamo portati a guardare con sospetto le parole che ignoriamo.   E’ la stessa sociolinguista a ricordare il  caso di ‘gelicidio’ che, ai più, ha fatto torcere il naso nel gennaio dell’anno scorso perché visto come neologismo poco congruo salvo, poi, scoprire  che si tratta di una parola nota sin dal 1360. Un neologismo, diciamo, un po’… âgé,!

La lingua italiana è un patrimonio dal valore davvero inestimabile. Nel nostro vocabolario possiamo trovare fino a un milione di parole, anche se ne usiamo solo duemila. Ed è un peccato perché è ‘come avere un armadio stracolmo di abiti bellissimi e indossare sempre lo stesso vestito’.

Ha  ragione Vera Gheno: la vera libertà di una persona passa dalla conquista delle parole. E sembra quasi di sentire l’eco di  don Milani.  Facciamoci prendere dal dubbio, il dubbio è fecondo. Se una parola non la conosciamo, cerchiamola; impariamo a riflettere su quello che stiamo dicendo o scrivendo e non cadiamo nell’illusione che  ciò che scriviamo di offensivo o volgare sui social, per esempio, si possa cancellare. Il ‘dio  screenshot’, dice la sociolinguista, ‘tutto conserva e mai cancella’.   E poi, se non abbiamo niente da dire, scegliamo  il silenzio. Anche il Manifesto della comunicazione non ostile ci dice che, ‘quando la scelta migliore è tacere, io taccio’, perché  ‘le parole  possono essere bacio ma anche proiettile’.

                                                          Carmen Tarantino

Formatrice del Centro di Orientamento Don  Bosco, Andria


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