Quando il rimedio sembra peggiore del male…

I. La storia (recente). Dal Porcellum al Bordellum. Era il 15 marzo 2006. Roberto Calderoli, tra i politici di spicco della Lega, confessa ad Enrico Mentana: “glielo dico francamente, l’ho scritta io (la legge elettorale n.d.r.) ma è una porcata. Una porcata fatta volutamente per mettere in difficoltà una destra e una sinistra che devono fare i conti col popolo che vota”. Nacque così il Porcellum, nomignolo che i più riferiscono all’arguzia del politologo Giovanni Sartori. Si voterà tre volte con questa disciplina. Nel 2006, 2008 e 2013. Solo nella seconda elezione le urne restituirono una maggioranza (di centrodestra), in apparenza, solida ed omogenea al Senato e alla Camera; nelle altre, il centro-sinistra conseguirà solo “vittorie a metà” (cit. Bersani). Sennonché, appena qualche mese dopo le ultime elezioni politiche, il 4 dicembre 2013, la Consulta dichiarò l’illegittimità costituzionale del Porcellum nella parte in cui prevedeva:

– l’assegnazione di un premio di maggioranza su base non regionale al Senato (che, invece, secondo l’art. 57, co. 1, dev’essere eletto su base regionale);

– la presentazione di liste elettorali ‘bloccate’, che non consentivano all’elettore di esprimere una preferenza.

Nel maggio 2015 il Parlamento approvava una nuova legge elettorale (solo) della Camera, l’Italicum, che sarà (ancora una volta) dichiarata incostituzionale (sentenza 35/2017). I resti del Porcellum e dell’Italicum, risparmiati dalla Consulta, daranno vita al c.d. Legalicum o Bordellum, secondo altri. Un pastrocchio, in ogni caso, cui si doveva porre rimedi.

II. Il Rosatellum. Un rimedio peggiore del male. Sono queste le fatiscenti premesse del Rosatellum, che la Camera ha approvato, a colpi di fiducia e con il voto favorevole di PD, Forza Italia, Lega, Alleanza popolare (e altri spiccioli). Si torna allo schema del Mattarellum, invertendo le quote tra collegi plurinominali proporzionali e uninominali regolati dal principio maggioritario (dove vince il candidato che prende anche un solo voto più degli altri, un first past the post all’amatriciana). Alla Camera come al Senato, gli eletti nei collegi uninominali saranno poco più di un terzo (232 alla Camera, 102 al Senato), due terzi (386 alla Camera e 207 al Senato) saranno gli eletti in 65 collegi plurinominali proporzionali (a questi numeri occorre aggiungere 12 deputati e 6 senatori nella circoscrizione estero). Per l’elezione della Camera il riparto tra i seggi del proporzionale avviene a livello nazionale; a livello regionale, per il Senato. Nessuno dei tre poli avrà la maggioranza per governare. La sera delle elezioni non conosceremo il vincitore. Saranno indispensabili coalizioni tra le forze politiche che si sono combattute durante la campagna elettorale.

Per entrambi i rami del Parlamento, si voterà con una sola scheda per i collegi uninominali e plurinominali. Scompare il voto disgiunto di cui la legge espressamente prevede la nullità. Non sarà più possibile votare un candidato nel collegio uninominale e una lista diversa o di una colazione differente per il proporzionale.

Scompaiono (o, meglio, non ritornano) le preferenze. Il contrasto con la Sentenza 1/2014 della Consulta dovrebbe essere evitato perché i collegi plurinominali saranno relativamente “piccoli”. Al massimo 7-8 deputati, ma anche molti di meno a seconda della Regione. I candidati potranno presentarsi in un collegio uninominale e in più collegi plurinominali, fino a un massimo di tre. L’elezione nel collegio maggioritario prevarrà su quella nei collegi proporzionali. In caso di vittoria in più collegi proporzionali, il candidato vincerà il seggio uninominale in cui la sua lista ha preso una percentuale minore di voti. Il Rosatellum prevede che ciascuno dei due sessi non possa rappresentare più del 60% dei candidati di un listino bloccato. Quindi nei collegi plurinominali con due seggi da assegnare, dovranno essere un uomo e una donna; con tre seggi, due uomini e una donna o due donne e un uomo; con quattro seggi, fino a tre uomini e una donna (o il contrario).

È clamorosa la disposizione che consente ad un cittadino residente in Italia di candidarsi per la circoscrizione estera. I notisti malignano che si tratti di una regola pensata per tutelare gli interessi dell’Onorevole Verdini. Forse è un dettaglio che spiega molte cose. Good morning and good luck, Italia.