Vedere quello che non c’è

È uscito ufficialmente nello scorso mese di luglio la nuova applicazione per smartphone dei Pokemon. Ed è subito mania planetaria! Ciò che fa notizia non è l’uscita di questo gioco nel mese forse più critico per la pace mondiale dopo le due guerre distruttive del secolo scorso. Non stupisce più, infatti, questo forte contrasto tra la gravità dello scenario mondiale e la vacuità di certe mode giovanili. Anzi! Forse proprio queste vacuità impediscono l’escalation verso situazioni di conflitto ben peggiori e drammatiche.

Come ha ipotizzato già qualche autorevole saggista, questa leggerezza e questo navigare in superficie costituisce l’avanguardia della nuova umanità uscita dilaniata dai due conflitti mondiali. La cultura e il profondo sapere dei due secoli precedenti, infatti, hanno avuto la grande responsabilità di non essere riusciti a costituire al proprio interno una certa qual forma di barriera al propagarsi delle conseguenze tragiche originatesi nel proprio modello di civiltà. Per dirla in breve, insomma, oggi è come se le nuove generazioni si fossero dotate di anticorpi per non sprofondare nuovamente nell’orrore. E se ciò comporta il sacrificio della vecchia cultura a vantaggio della nuova più superficiale, ha davvero poca importanza. A conti fatti, visti i risultati del passato, non sarebbe poi una così grande perdita.

Ma come si può notare grazie al nuovo fenomeno globale del Pokemon Go, il rifiuto della profondità, della ricerca di senso, del trascendentale, portato avanti con una vita in superficie, banale, legata al consumo, ai piaceri, ai sensi, non elimina totalmente quei gemiti interiori di cercare ed essere di più di quel che si vede e si possiede.

Per comprendere quest’ultima affermazione basterà illustrare brevemente il funzionamento del nuovo gioco portatile e concludere con una altrettanto breve riflessione su di essa. Innanzitutto, per giocare al Pokemon Go bisogna disporre di una connessione internet sul cellulare. Dopo aver scaricato la app, basta collegarsi ed ecco che il gioco può avere inizio. Grazie alla connessione e al GPS, ecco che può iniziare la caccia!

Perché di questo si tratta: di una caccia a questi pupazzetti di un vecchio cartone animato, che attraverso il filtro del cellulare è possibile trovare nei luoghi delle nostre città. C’è una mappa; giunti al luogo indicato da essa, si punta il cellulare nel verso giusto ed ecco che è possibile catturare l’animaletto non visibile ad occhio nudo. Oltre l’aspetto ludico e infantile, che richiamano il gioco di per sé e l’uscita per la caccia come quando da bambini si giocava a guardie e ladri, o si partiva alla ricerca di tesori nascosti, come non vedere il mutamento in atto che ha solo trasferito nel mondo virtuale ciò che i romantici cercavano nella musica, nei romanzi, nell’attività politica? Con il servirsi di un cellulare che aiuti a vedere cose che senza sarebbe impossibile vedere, è azzardato dire che si nasconda sotto traccia il desiderio di trascendenza e di cercare qualcosa di più che l’esperienza del sensibile da sola non offre?

Le persone canute potrebbero restare inorridite da un accostamento simile. Ma non c’è da niente da giudicare, solo volontà di comprendere. Solo così ci può essere un vero dialogo intergenerazionale. Per sommi capi, si può affermare che i filosofi antichi e i cristiani si sono serviti della ragione e degli esercizi spirituali per cercare qualcosa di più grande dentro di sé; i moderni, della scienza e dell’emancipazione politica dall’autorità per cercare un senso nella realtà; i romantici, del pensiero sistematico e dell’esercizio della libertà per ricercare un senso in profondità; i contemporanei post-moderni, dell’uso della tecnologia per navigare in superficie, staccandosi dai modelli antecedenti, per trovare un senso nel mondo virtuale.

Da quanto detto, risulta azzardato, allora, dedurre che il cammino dell’uomo di ogni tempo abbia quale comune denominatore la ricerca di senso, di qualcosa di più grande e Altro da sé? Se ciò risultasse vero, il desiderio di “sentire” quello che non si può esperire con i soli sensi sembrerebbe essere, dunque, il vero motivo di successo di questo nuovo gioco.

Questa sembra, allora, la vera notizia da porre in risalto, anche se non immediatamente rilevabile: anche le nuove generazioni cercano le stesse cose dei propri antenati, solo che lo fanno in maniera differente. La tecnologia democraticamente e globalmente disponibile fa da volano alla immediata diffusione di questo nuovo gioco di cui ci si serve per cercare ciò che non si vede. Cosa che era impossibile solo immaginarla all’umanità precedente. Solo che la tecnologia mostra un mondo finto, virtuale, menzognero. Gli antichi, invece, cercavano la verità. Forse qui sta l’unica differenza.


Fontewww.flickr.com
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Terrone e fiero di esserlo: Nicola nasce a Trani, Puglia, nel 1985. Studia Economia a Bari e a Siena: ha grandi desideri di fare del bene per il mondo in cui vive. Sogna le istituzioni internazionali, ad un lavoro di prestigio dopo l'università e al bene per la sua terra di nascita. Riscopre la fede nel borgo toscano ed incontra i gesuiti alla cappella universitaria di Bari, mentre si interroga sul suo desiderio vocazionale; dopo essersi riavvicinato alla fede, infatti, tutta la sua vita e i suoi desideri erano cambiati: vuole ridonare quell’amore gratuito ricevuto da Dio di cui ha fatto esperienza e pensa al sacerdozio. Dei gesuiti, lo affascinano la libertà interiore, la profonda lettura del Vangelo e il carisma degli esercizi. Nel 2017 entra in Noviziato a Genova e nel 2019 fa i suoi primi voti. Attualmente vive a Roma, dove studia filosofia. Ama la vita che conduce, ama la vita in Compagnia.