A proposito del saggio di Giovanni Maddalena, Filosofia del gesto. Un nuovo uso per pratiche antiche (Roma. Carocci 2021)

Pur avendo il pensiero  filosofico una lunga e tortuosa storia come ogni sano percorso di ricerca sul reale per scovarne le  ‘infinite ragioni’, come le chiamava Leonardo Da Vinci, a volte non ha dato sufficiente attenzione critica ad alcune  componenti essenziali che hanno accompagnato sin dai suoi albori la stessa storia dell’umanità, come ad esempio quel costante fenomeno della violenza ed il gesto, movimento del nostro corpo per comunicare; mentre si sono sviluppate in modo organico le filosofie dell’arte,  della scienza,   della tecnica,  del diritto,  del linguaggio, della religione e della politica,  tali aspetti sono stati affrontati in parte all’interno di settori specifici come la storia, la psicologia e l’antropologia che, pur avendo dato dei contributi non secondari alla loro comprensione, non sono approdate ad una trattazione di tipo  più teoretico. Tale operazione si rivela più che mai necessaria sia per coglierli  nel loro pieno spessore storico-concettuale e sia per meglio metabolizzarli con più coscienza socio-epistemica sul piano esistenziale per il semplice fatto che appartengono alla nostra storia individuale e collettiva; prenderli in carico, inoltre, serve anche a ricordarci, sulla scia di Edgar Morin, che non siamo solo homo sapiens, ma spesso homo demens, le cui derive stanno assumendo connotazioni planetarie sino a investire più che mai, rispetto al passato, quelle che Michel Serres ha chiamato ‘totalità viventi’ come il clima, l’ambiente, la terra che dipenderanno  in maniera irreversibile dalle nostre scelte.

In questi ultimi anni ci vengono in aiuto da più parti degli itinerari di ricerca che stanno inserendo questi reali  quotidiani in una precisa riflessione organica a largo raggio, come la filosofia della violenza da parte di Lorenzo Magnani, Filosofia della violenza (Milano-Udine, Mimesis 2021)  e la filosofia del gesto, percorso a sua volta portato avanti da Giovanni Maddalena in Filosofia del gesto. Un nuovo uso per pratiche antiche (Roma. Carocci 2021), a partire dall’ovvia domanda su cosa essi siano effettivamente e su quali ragioni trovino il loro modo d’essere. Come molte ricerche sulla violenza  rientrano nelle discipline storico-sociali, così gli studi sui gesti delle mani o del corpo hanno dato origine al quel vasto capitolo che va sotto il nome di gesture studies  con l’investire l’antropologia, la psicologia, la sociologia, l’etologia, la neurologia, la linguistica e la robotica col portare nel 2002 alla fondazione dell’International Society for Gesture Studies (ISGS) con la rivista interdisciplinare Gesture; ma come denuncia Maddalena e autore di precedenti lavori sul pragmatismo, questa dimensione dell’umano non ha ricevuto una trattazione filosofica adeguata alla sua complessità pur avendo una lunga storia, col far parte in modo costitutivo della nostra vita per il ruolo del gesto nelle varie forme di comunicazione e nell’interazione sociale.

L’ottica filosofica per la sua vocazione sintetica che è le propria, pur facendo tesoro dei risultati ottenuti nelle singole discipline che in maniera più analitica ne  colgono alcuni aspetti, permette di cogliere più in profondità quella che viene chiamata “l’antica pratica dei gesti” e nello stesso tempo porta a intravvederne lo “spettro di azioni molto più ampio che include anche i riti, le performance artistiche, la comprensione diagrammatica della matematica e gli esperimenti scientifici”. Ma  per capirne il ruolo, bisogna liberarsi da alcuni ostacoli epistemologici, a dirla con Gaston Bachelard, costituiti da una parte dal vedere  l’atto conoscitivo come un puro fatto concettuale  e da  “antiche dicotomie , come quelle tra mente e corpo” incuranti di altri aspetti della conoscenza e dall’altra parte dall’idea che solo “il corpo, l’esistenza, la materia, la carne, il temperamento” senza il necessario sforzo critico razionale possano costituire la base dell’impresa cognitiva.  A tutto ciò si è aggiunto, a partire da fine Ottocento, un “ulteriore dualismo quello fra conoscenza e comunicazione “ processo che avviene “quando la conoscenza è compiuta” sino a cadere nell’idea che “la comunicazione è la realtà”; contro questi dualismi ritenuti insoddisfacenti è necessario per Maddalena “trovare una via nuova, davvero unitaria” con l’andare oltre “il ragionamento concettuale analitico” per abbracciare quello “sintetico”, ritenuto “processo originale” più in grado di far dialogare il corpo, la pratica, l’azione e la comunicazione “all’interno della conoscenza e  per la conoscenza”.

Con questa prospettiva decisamente non analitica e che trova una delle sue ragioni nel “modo di ragionare naturale e dinamico”, ci si pone l’obiettivo teoretico di creare le condizioni per una “nuova concezione della sintesi” dove lo strumento primario è costituito dall’azione significativa del gesto’ nel senso etimologico del termine latino gero, che sta ad indicare il portare, il sostenere; in tal modo si recupera per Maddalena  “l’unità tra comunicazione e pensiero, tra mente e corpo,  tra teoria e pratica, contemplazione e azione”, idea di fondo che sta a monte della Filosofia del gesto. Tale opera, grazie  alla metabolizzazione epistemica di alcuni risultati di punta raggiunti in campo matematico e filosofico, si può considerare come un manifesto di una visione unitaria della conoscenza dove il gesto e l’azione sono il modo con cui ragioniamo creativamente e sinteticamente, dove non c’è separazione tra teoria e pratica, tra aspetto spirituale e materiale che procedono insieme. Da un’analisi, pertanto, di un reale quotidiano che ci appartiene in ogni momento della nostra vita, si ricavano le basi  per un “nuovo paradigma del ragionamento” e degli “strumenti per la conoscenza sintetica”, in quanto nei comuni gesti ed azioni (sollevare un peso, avvicinarci a qualcosa, il toccare, il mangiare, ecc.) è implicito il fatto che sono “portatrici di una conoscenza”, come lo sono il “teatro, il cinema, la danza, i riti, pubblici e privati, gli esperimenti scientifici”

Così  tale breve ma intenso volume passa in rassegna le varie forme di gesto dai gestacci per offendere qualcuno alle imprese eroiche dei condottieri medievali, dai riti della Chiesa ai diversi significati nella lingua francese dove alcuni filosofi della matematica come Jean Cavaillès prima e Gilles Châtelet dopo hanno parlato di ‘gesto matematico’ e del suo carattere creativo; è presente nello stesso Michel Foucault che lo usa in Storia della follia  per capire il ruolo dei sanatori, ed in  Cesare Pavese che lo considera  superiore alle parole prima del suicidio. Così per Maddalena, grazie anche ai suoi studi precedenti sul pragmatismo di Peirce il cui disegnare dei  grafi è considerato un gesto,  la storia del pensiero umano è visto come un continuo processo di acquisizione  di nuove conoscenze dove giocano un ruolo primario i gesti, sinonimi di ”conoscenza sintetica in virtù di una loro struttura” e portatori di un “nuovo significato” grazie al loro modo di rappresentare la realtà. Con questa  nuova configurazione concettuale  del gesto, si ottengono “alcune conseguenze” a partire dal fatto che vengono  meno  i vecchi dualismi cartesiani come mente e corpo, si ridimensiona l’impianto puramente analitico della conoscenza con i suoi processi di schematizzazione e le collaterali “conseguenze storico-sociali” che hanno portato  nel ‘700 a “costituzioni tutte teoriche indifferenti alla vita reale del cittadino fino ai tremendi esperimenti di totalitarismo statale del Novecento”.

Il gesto con la sua struttura sintetica  per Maddalena “comporta un uso della mente in azione attraverso tutta la personalità, spirituale e materiale”, fatto che permette di evitare qualsiasi tipo di estremismo, sia epistemico che sociale;  così l’approfondimento di un reale quotidiano visto nelle sue diverse articolazioni si presenta ricco non solo sul piano conoscitivo nel senso che costringe ad assumere un “paradigma sintetico” col superamento della ormai vecchia “divisione razionalista tra discipline” umanistiche e scientifiche, “sempre interconnesse” e se studiate secondo l’approccio analitico “si allontanano tra di loro ma si riavvicinano quando vengono perseguite e realizzate in chiave sintetica”. In tal modo  la filosofia del gesto, che fa suoi alcuni risultati raggiunti dalla scuola di Fernando Zalamea nella sua ‘filosofia sintetica della matematica’, permette di recuperare in pieno una visione globale della “ricchezza umana” dove “le vicende esistenziali, la cultura generale, le credenze personali” concorrono  all’unisono nella “dinamica della conoscenza” facendola confluire nei processi creativi, inventivi e della stessa scoperta;  nella costruzione del gesto presente in ogni angolo della vita umana dal singolo esperimento scientifico all’invenzione in matematica dove a dirla con Eulero ‘c’è più matematica nella mia matita che nella mia testa’, dalla vita sociale all’universo  artistico, dalla tecnologia  allo stesso lavoro, si esprime in tutte le sue potenzialità il reale con le sue inevitabili rugosità, come afferma Simone Weil.

E per Maddalena  un’altra e non meno importante conseguenza  del paradigma sintetico è la scomparsa della “divisione fra conoscenza e comunicazione”  dovuta alla rivoluzione digitale che, sulla scia dei risultati della riflessione trinitaria   medievale che considerava l’essere come comunicazione, ha permesso “la caduta delle barriere” tra di loro; quindi ”comunicare e conoscere sono un medesimo gesto” con la conseguenza, come avvertiva già Peirce nell’Ottocento, che “realtà, comunità dei ricercatori e verità sono sinonimi” . In tal modo in questo processo  si arriva a prendere atto che si è sulla via della verità e, a dirla con Fedrigo Enriques, si tende al più vero sino “a  coincidere – alla fine – con la realtà”; attraverso questa riflessione sul gesto, si arriva così ad “una quarta macroscopica conseguenza” che porta con sé “un profondo realismo” basato sul fatto che “i nostri ragionamenti avvengono in un continuum di realtà” costituita da una “grande trama di segni che si sviluppa, anche attraverso gli esseri umani, che sono come nodi di quella rete o trama della realtà”.

Giovanni Maddalena ci offre gli strumenti concettuali per avviare un nuovo percorso di ricerca teso a cogliere  “la razionalità profonda” dei nostri gesti, la loro logica e con essi la logica umana;  e nello stesso tempo  il suo lavoro permette un dialogo costruttivo con i risultati ottenuti nell’ambito dei gesture studies e di vederli in un’ottica di insieme per poi estenderli ad altri campi ed aprire nuovi orizzonti conoscitivi. Il suo è certamente “un percorso iniziale, un sentiero per giungere in territori che sono per la maggior parte inesplorati”, percorso che può sembrare evanescente; ma ogni impresa cognitiva ed esistenziale può sembrare tale, ma occorre farla e non a caso  si conclude il suo lavoro con una frase di Fernando Pessoa a proposito della conquista del mare portoghese: “valeva la pena? Tutto vale la pena se l’anima non è piccola”. Ma per parafrasare un’espressione di Simone Weil presente nei suoi Cahiers, il reale se interrogato con l’anima non mente e delle sue trame di verità, conquistate faticosamente e anche in forma vaga, si possono trarre dei benefici.


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Mario Castellana, già docente di Filosofia della scienza presso l’Università del Salento e di Introduzione generale alla filosofia presso la Facoltà Teologica Pugliese di Bari, è da anni impegnato nel valorizzare la dimensione culturale del pensiero scientifico attraverso l’analisi di alcune figure della filosofia della scienza francese ed italiana del ‘900. Oltre ad essere autore di diverse monografie e di diversi saggi su tali figure, ha allargato i suoi interessi ai rapporti fra scienza e fede, scienza ed etica, scienza e democrazia, al ruolo di alcune figure femminili nel pensiero contemporaneo come Simone Weil e Hélène Metzger. Collaboratore della storica rivista francese "Revue de synthèse", è attualmente direttore scientifico di "Idee", rivista di filosofia e scienze dell’uomo nonché direttore della Collana Internazionale "Pensée des sciences", Pensa Multimedia, Lecce; come nello spirito di "Odysseo" è un umile navigatore nelle acque sempre più insicure della conoscenza.