Il percorso di Massimiliano Marianelli tra  les enjeux del pensiero di Simone Weil

Poche figure nel vivere intensamente le tragiche vicende del primo Novecento ne hanno saputo offrirci delle spietate analisi  in grado di coglierne gli esiti, a volte non solo disastrosi per il pensiero,  visti come frutto di una certa modernità che ha contribuito a rendere gli uomini vittime dei suoi unilateralismi e dei diversi ‘assoluti terrestri’, come li chiama Dario Antiseri; essi sono stati edificati da una ragione poco avvezza a fare i conti con la complessità del reale pur avendo già Leonardo Da Vinci profetizzato che esso ha ‘infinite ragioni’ per essere tale, tutte da scoprire costruendo dei ‘disegni’ di natura intellettiva. E tra le figure che hanno saputo dare al bisogno e alla necessità di demolirli con la forza della riflessione ma sempre strettamente legata alle ragioni intrinseche della vita con l’abitarne programmaticamente  in prima persona le contraddizioni come viene spesso affermato nei suoi carnets, è da tenere presente Simone Weil (1909-1943), il cui pensiero continua ad essere più che mai un punto di riferimento in diversi contesti per evitare il ripetersi di quei ‘restringimenti  ideologici’, a dirla con Benedetto XVI, che un certo pensiero sia filosofico-scientifico che teologico ha messo in atto nell’epoca moderna. Il  suo singolare e ancora unico nel suo genere percorso, infatti, è pieno di diverse poste in gioco o enjeux nel senso propostoci da Gilles Châtelet (Gilles Châtelet: le virtualità di una vita, 25 novembre 2021), poste in gioco riguardanti sia il nostro modo di pensare che di agire con l’aprire nuove prospettive;  del resto già furono segnalate da Albert Camus quando si adoperò per porla all’attenzione degli europei alle prese con le macerie materiali e spirituali prodotte dal secondo conflitto mondiale, col fare pubblicare  le opere  a partire dal suo ultimo e più organico lavoro l’Enracinement. Insieme con La condizione operaia, fu infatti fonte di ispirazione per diverse personalità come Adriano Olivetti e non solo, impegnate in non facili e innovativi cambiamenti.

Non è dunque un caso se il suo essere, come disse Camus, una figura ‘grande senza disperazione’ e ‘carica di speranza’ abbia prodotto in più di mezzo secolo varie Weil-renaissances con farla conoscere ad un pubblico sempre più largo in seguito  soprattutto alla pubblicazione dei suoi diversi Cahiers, che ne hanno rivelato quella profonda e a volte spietata sete di verità in ogni campo, ritenuta un requisito sine qua non sia  sul piano esistenziale che concettuale. In questi ultimi anni, in varie parti del mondo alle prese con problemi sempre più di dimensioni planetarie tali da richiedere improrogabili cambiamenti di rotta, si assiste ad  ulteriori Weil-renaissances che hanno avuto il merito di farcela sentire un indispensabile compagno di viaggio ‘tra le rugosità del reale’; per limitarci solo al campo italiano sono da tenere presente quella più di carattere antropologico come nel lavoro di Paolo Farina Dio e il male in Simone Weil (Roma, Città Nuova Ed. 2010) e quella  di natura filologica e letteraria, se così si può dire, da parte di Giancarlo Gaeta in Leggere Simone Weil(Macerata, Quodlibet 2018), frutto del lungo e laborioso tradurre a partire dal 1982 i quattro Quaderni, e di Domenico Canciani e Maria Antonietta Vito con la rilettura della tragedia incompiuta Venezia salva (Roma, Castelvecchi 2016).

Ma “serve una nuova Weil-renaissance che riproponga per altra via un’attenzione al suo pensiero filosofico” col  darne il giusto peso rispetto al passato alla dimensione più propriamente teoretica per Massimiliano Marianelli, che ha curato un fascicolo della rivista Studium (2020/3) dal significativo titolo Simone Weil protagonista della filosofia del Novecento. Ritrovare l’umano; insieme con altri contributori con alle spalle già diversi e importanti studi sulla Weil, come Emmanuel Cabellieri e Domenico Canciani, Marianelli è impegnato da diverso tempo a confrontarsi criticamente con le radicali poste in gioco del pensiero weiliano col dedicare quasi tutta la sua vita di ricercatore a scovarne aspetti inediti e a rileggerli alla luce di un approccio ermeneutico incentrato sul ruolo strategico assegnato dalla stessa Weil, sulla scia platonica, ai miti visti come ‘vie implicite verso il divino’ e ‘luoghi di relazione’. Già uno dei suoi primi lavori come La metafora ritrovata. Miti e simboli nella filosofia di Simone Weil, con prefazione di Piero Coda (Roma, Città Nuova 2004) è una non comune analisi del peso euristico della nozione di ‘metafora reale’ nell’intero percorso weiliano, interrogato in seguito con l’approfondire la decisiva influenza avuta dal suo maestro Alain nel volume  Il primato delle passioni. Alain interprete di Descartes (Milano, Mimesis 2012); di questa figura viene evidenziata la centrale idea della filosofia come ‘un tentativo di continuare l’uomo’ e di ‘pensare in situazione’, fatti che saranno determinanti in diverse scelte nell’esperienza di vita e di pensiero di Simone Weil, e tale lavoro  viene così a colmare una lacuna nella letteratura su questa figura centrale del panorama intellettuale francese del  Novecento, maestro tra l’altro anche di George Canguilhem.

Poi a partire dalla cura del volume Per un nuovo umanesimo, del 2012, Massimiliano Marianelli ha curvato il suo percorso di ricerca reinterrogando la Weil in funzione dell’apporto ritenuto decisivo a ‘ritrovare l’umano’ col pervenire in questi ultimi anni a gettare le basi di quello che chiama ‘filosofia dell’entre’ col curare il volume “Entre”. La filosofia oltre il dualismo metafisico (Istituto Univ. Sophia, Roma, Città Nuova 2020); tale programma di ricerca, avviato insieme ad altri studiosi come ad esempio Emmanuel Gabellieri abbeveratisi alla stessa fonte di Siloe, si basa sulla centrale idea weiliana di metaxu, il cui approfondimento, pure al centro della ormai vasta letteratura critica, ha portato alla necessità di una vera e propria metaxologia, prospettiva chiamata ‘ontologia degli intermediari’. Marianelli ne chiarisce il senso e i diversi enjeux come una “prospettiva ontologica qualificabile come l’intrecciarsi di una ontologia orizzontale (interazione degli esseri tra di loro) e di una verticale (la relazione di ogni essere con Dio)”; trattasi di una ontologia essenzialmente relazionale  e di filosofia dell’entre  con la ricerca continua di intermediari dove fungono da ponti l’arte, la matematica, la filosofia, i miti come “luoghi della stessa correlazione tra l’assolutezza della verità e la sua destinazione all’uomo” e “spazi in cui può realizzarsi come metafora reale il contatto con la verità”.

Si rivela alla luce di tale approccio, inoltre, molto suggestiva la lettura da parte di Marianelli di una delle più tragiche e complesse figure dell’universo mitico greco  col curare insieme ad altri una nuova traduzione della tragedia  nel volume Medea:  ossessione d’amore e sradicamento (Città di Castello, Semi Athena 2021); Medea è vista come “la metafora di quella modernità che ha perso i contatti con la realtà” senza radici e come “immagine dello sradicamento” non vuole fare i conti con i  suoi limiti. Il mito con la funzione metaxologica che le è propria, grazie alla sua ‘corrispondenza al vero’ e al  porsi nell’enjeu tra sradicamento e radicamento, serve  a ridare agli uomini sradicati un orizzonte di senso, a tutti gli ‘sradicati un radicamento’ col creare un nuovo contesto relazionale e a non farli cadere nell’idolatria con i relativi assoluti terrestri che hanno dominato certa modernità. In tal modo Marianelli rilegge in maniera originale i concetti fondamentali della Weil a partire da quello di  enracinement  per arrivare a quelli dell’attenzione e dell’hasard des événements, dove prendono piede “fatti che sfuggono al necessario e dove c’è spazio per la libertà, della possibile corrispondenza alla verità”.

Ma è sempre l’enjeu dell’“ontologia come ricerca degli intermediari” che permette di vedere  un “orizzonte ‘meta-politico’” nel percorso della Weil sino a portare Marianelli a parlare di “umanesimo dell’entre” come base della stessa economia civile, “una prospettiva per ridefinire lo spazio della convivenza”, come recita il titolo del suo contributo nel volume  Etica dell’impresa, Risorse per la rinascita economica (Roma, Carocci Ed. 2021); ancora una volta Simone Weil si rivela una preziosa risorsa per combattere la direzione unilaterale che ha preso l’economia moderna col portare alla crisi finanziaria di tipo entropico e col denunciare “l’illusione del suo cieco procedere in linea retta, di poter avanzare orizzontalmente” e di chiudersi in sé stessa. E la stessa economia civile viene vista come il tentativo di rimettere weilianamente “la domanda di senso” nelle attività economico-finanziarie, di “ridefinirne la direzione” e di riorientarla culturalmente col porsi il problema del bene comune; ma è sempre l’atteggiamento costruttivo dell’entre che permette di situarsi “‘tra’ filosofia ed economia”, di creare “una nuova alleanza tra l’universale ed il particolare” per combattere lo sradicamento in economia. In tal modo si pongono le basi dell’umanesimo dell’entre per Marianelli orientato a “porre al centro del pensiero la relazione, il milieu relational nell’incontro tra tutte le fonti di enracinement”.

Ma c’è ancora un’altra non secondaria posta in gioco intravista nell’universo weiliano che si tramuta in una risorsa di non poco conto e relativa al fatto di condurre l’ontologia relazionale o intermediaria ad essere “Ontologia trinitaria, a luogo di incontro tra filosofia e teologia”; e questo  ha permesso a Massimiliano Marianelli di far parte del comitato scientifico della recente collana ‘Dizionario Dinamico di Ontologia Trinitaria’ diretta da Piero Coda, il cui primo volume Manifesto. Per una riforma del pensare (Istituto Univ. Sophia, Roma, Città Nuova 2021) in alcune pagine rimanda direttamente all’esperienza di fede e di pensiero della Weil sia nella necessità di riformare il pensiero filosofico-teologico e  sia nel vivere in una logica trinitaria e relazionale, ritenute condizioni di base per un nuovo inizio. In tal modo un pensiero come quello di Simone Weil, che si è sempre nutrito delle varie articolazioni del reale senza mentire verso di esso ma quasi assecondandolo per coglierne i diversi significati e misteri, interrogato iuxta propria principia con l’individuarne le ragioni di fondo, ha permesso a Massimiliano Marianelli da una parte di vederlo come espressione di “un atteggiamento non isolato” e “ di un sentimento comune” ad altre figure del ‘900 come Romano Guardini ad esempio e, aggiungiamo noi, Pavel Florenskij, ma anche dall’altra   come portatore  profetico del ‘nuovo pensiero’ e “presagio quasi di una nuova generatività” come viene esplicitato nel Manifesto su citato.


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Mario Castellana, già docente di Filosofia della scienza presso l’Università del Salento e di Introduzione generale alla filosofia presso la Facoltà Teologica Pugliese di Bari, è da anni impegnato nel valorizzare la dimensione culturale del pensiero scientifico attraverso l’analisi di alcune figure della filosofia della scienza francese ed italiana del ‘900. Oltre ad essere autore di diverse monografie e di diversi saggi su tali figure, ha allargato i suoi interessi ai rapporti fra scienza e fede, scienza ed etica, scienza e democrazia, al ruolo di alcune figure femminili nel pensiero contemporaneo come Simone Weil e Hélène Metzger. Collaboratore della storica rivista francese "Revue de synthèse", è attualmente direttore scientifico di "Idee", rivista di filosofia e scienze dell’uomo nonché direttore della Collana Internazionale "Pensée des sciences", Pensa Multimedia, Lecce; come nello spirito di "Odysseo" è un umile navigatore nelle acque sempre più insicure della conoscenza.