
Il film di Buz Luhrmann
Di Elvis si è detto molto ma, probabilmente, l’immagine che il regista Buz Luhrmann ha dato di lui nell’omonimo film del 2022 è la più fedele fin qui raccontata. Il montaggio frenetico utilizzato da Luhrmann (già visto nei suoi precedenti lavori come Moulin Rouge o Il Grande Gatsby) mette in risalto la vita eccezionale di Mr. Presley (interpretato da Austin Butler) narrata, in modalità postuma, dal suo manager, mentore ed aguzzino, il Colonnello Tom Parker (Tom Hanks).
Di Elvis si è detto molto, forse troppo, “the pelvis” lo chiamavano, il bacino, quel movimento di anca che ha scosso come un terremoto l’America degli Anni Cinquanta, l’America che lo condannava da blasfemo, ma che poi lo sfruttava a mo’ di prodotto commerciale, fino alla fine dei suoi giorni, con la voce intatta ed un fisico ingrassato da eccessi e farmaci. Elvis ha illuso tutti, e soprattutto se stesso, si è convinto di rappresentare l’icona rivoluzionaria ed indipendente di una società bigotta e razzista. Niente di più sbagliato! Elvis è semplicemente stato lo strumento di un passaggio epocale, la voglia di riscatto che gli ha messo addosso una divisa da militare per poi distruggerlo, sullo sfondo riferimenti storici a Martin Luther King e ai Kennedy, alla musica black da cui ha tratto ispirazione influenzando, a sua volta, intere generazioni per un secolo.
Elvis ha incarnato la grandezza onirica che non conosceva freni, la piccolezza dell’essere umano che si rapporta alla consapevolezza di tangere la parte più debole di sé, nonostante i vani tentativi di amore disinteressato dei suoi fan, di sua moglie Priscilla e di sua figlia Lisa Marie che, più tardi, sposerà, nella sua Graceland, Michael Jackson, l’ennesimo emblema di immortalità autoindotta consegnata, stupidamente (parere personale), alla tragedia.
Non serve scegliere di morire per abbracciare la leggenda, le rughe sarebbero il giusto testamento di chi prova a fare un passo indietro, di chi si può ammirare musicalmente ma non si vuole invidiare, perché non conviene idolatrare un uomo triste come Elvis, il più irriverente dei miti, ma la più fragile delle creature, un uccello sempre in volo che, se solo provasse ad atterrare, si schianterebbe sotto il peso delle sue ali, scioltesi nel caldo di Memphis di quel 16 agosto 1977.
Anche io penso che Elvis è stato sfruttato e continua ad essere sfruttato oggi.Io che lo amo sono però contenta che se ne parli e che di lui possa vedere su YouTube nuovi video e documentari.Ho cercato leggendo di capire chi fosse Elvis ed è una creatura semplice e complessa.Alla fine ho capito che amo la sua voce,il modo in cui canta,amo la sua sensibilità e sensualità.Lho amato appena l’ho sentito e non lo avevo neanche visto.Amo le sue canzoni ,che sono insieme a lui nella mia anima.