Tanto è cambiato, si direbbe, e certamente è così. Nondimeno, tanto è rimasto uguale…

1978-2018: sono passati 40 anni da quel 9 maggio. Io ero poco più di un ragazzino, ma il ricordo è ancora netto. A dire il vero, è netto il ricordo di Aldo Moro, in bianco e nero, nella Renault 4, che poi avrei saputo essere di colore rosso, rosso come il sangue, in quel di via Caetani.

Della morte di Peppino, invece, non ho ricordi: eppure, avevo la stessa età, 11 anni, per la precisione. Mi dispiace non ricordare la notizia del suo barbaro assassinio. Evidentemente, Peppino ha avuto la sfiga di farsi ammazzare lo stesso giorno del Presidente della D.C. e si sa, checché ne dica Totò nella sua ‘A livella, neppure nella morte siam tutti uguali.

Per questa ragione voglio ricordarli insieme, senza titoli, senza curriculum vitae, solo con i loro nomi, Peppino ed Aldo, due meridionali, uno figlio della Sicilia, l’altro pugliese. Due uomini che hanno pagato con la vita la loro fede nei rispettivi ideali, due uomini tra loro molto diversi, come molto diverse erano le loro storie e le loro battaglie. Due uomini morti lo stesso giorno.

Era il 9 maggio 1978.

Cosa è cambiato da quel giorno? C’è stata la lotta alla mafia e la dichiarazione di guerra della mafia allo Stato. C’è stato la cosiddetta fine della prima Repubblica e la nascita di non si sa che cosa. Altri giornalisti hanno dato la vita, mentre qualcuno si è venduto al miglior offerente o, più semplicemente, si è fatto comprare. Altri politici sono venuti, se ne sono andati o sono rimasti e mi pare di poter dire che non abbiano la stessa statura di una volta.

Insomma, certamente tanto è cambiato e tanto è rimasto uguale. Certamente tanto è peggiorato. Certamente, con Aldo e Peppino, come e perché Aldo e Peppino, tanto ci tocca e si deve ancora sperare.


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La mia fortuna? Il dono di tanto amore che, senza meriti, ricevo e, in minima parte, provo a restituire. Conscio del limite, certo della mia ignoranza, non sono mai in pace. Vivo tormentato da desideri, sempre e comunque: di imparare, di vedere, di sentire; di viaggiare, di leggere, di esperire. Di gustare. Di stringere. Di abbracciare. Un po’ come Odysseo, più invecchio e più ho sete e fame insaziabili, che mi spingono a correre, consapevole che c’è troppo da scoprire e troppo poco tempo per farlo. Il Tutto mi asseta. Amo la terra di Nessuno: quella che pochi frequentano, quella esplorata dall’eroe di Omero, ma anche di Dante e di Saba. Essere il Direttore di "Odysseo"? Un onore che nemmeno in sogno avrei osato immaginare...