Pinocchio e i pinocchi, pinocchia e le pinocchie
Non so se a chi creò questa parola, penso ad un aggettivo o ad un sostantivo o a tutt’e due, questo pensiero ronzasse per la testa… forse è il tempo giusto di pensare per coniare una nuova lemma.
L’avete capito, no? Si tratta di Pinocchio, dell’opera di Collodi. L’opera comincia come le solite storielle nelle favole, a parte il trabocchetto iniziale…
C’era una volta… un pezzo di legno! Con due righe l’autore risolve i primi tre problemi di qualsiasi opera artistica; il tempo, personaggio e di che cosa si tratta, solo con due righe! E questo dice tutto sull’autore, che usando la formula classica scavalca la soglia difficile del foglio bianco e dà il via al racconto.
All’universo delle chiavi di lettura e sfaccettature collodiane o lorenziniane si doveva dire per esattezza, inutile ripetere le stesse cose, al massimo aggiungere esperienze e emozioni nuove, perché nella vita non contano le cose scontate e ovvie ma quelle nuove e che la arricchiscono nella sua continua dialettica.
In questi giorni di stallo, colpa della pandemia, riprendo le letture dei viaggi e dei viaggiatori famosi della vita reale e della letteratura, e proprio in merito a questo principio credo di dare un mio piccolo contributo, modestia a parte, cioè: esprimere la gratitudine verso l’autore e il Tempo.
Nell’analizzare i passaggi oggetto–soggetto, sostantivo–aggettivo, causa– effetto e la riconoscenza di averci dato lo spunto per un aggettivo versatile e classico nello stesso tempo che può descrivere persone e gruppi di persone come si conviene, singolare e plurale, maschile e femminile, e quanti simili per storia e comportamenti. Lo possiamo grazie alla genialità del fiorentino…, parafrasare, paragonare, raggruppare e distinguere. Grazie a questo sostantivo–aggettivo trasformato quasi quasi in un “cono” riconoscibilissimo, quasi come un simbolo geroglifico, dovuto alla sua fama, l’autore non poteva sapere ahimè il destino della sua creatura. Come è successo ad altri autori con i loro personaggi, vedi i casi di Arpagone, Jago etc., quando si vuole indicare o alludere a qualcuno con le stesse caratteristiche, così per un bugiardo basta nominare Pinocchio, anche se nell’opera, sotto l’influenza interrogatrice della Fata, il suo naso solo per pochi momenti subì il miracolo descritto (disegnato) da chissà quante penne famose e immaginazione di artisti e ciò lo ha reso caro a milioni, tra grandi e bambini, cioè: avere un misuratore di verità delle parole e delle persone che le dicono, riconoscere la faccia che sta dietro il naso insomma, è un bellissimo sogno per tutti!
E anche democratico per non fare di tutta l’erba un fascio c’è la distinzione tra i vari tipi di pinochierie come disse la Fata Turchina; ci sono quelle con le gambe corte e quelle con il naso lungo… anche se credo è tempo di inventare il terzo tipo della bugia, quello con le “gambecorte‐nasolungo” contemporaneamente. Anche se con l’intervento della sua Fata e dei picchi il naso nell’Opera non è cresciuto più, ma quell’attimo è bastato, sufficiente a volte anche nella vita reale, quel momento vale tutto, ti perseguiterà con la coniazione magari di una nuova nomea che farà perdere il vero nome alla persona e nel tempo stesso la farà descrivere caratterizzato in modo completo come Mastro Ciliegia e Polenta.
Ad un tempo in cui la moltitudine dei mezzi e di chi parla è incalcolabile, chi è che non desidera sapere se chi sta di fronte dice o no la verità? Chi non vorrebbe avere un “verometro” o la facoltà del prodigio e di misurare le parole o la lunghezza del naso?
E forse per questa necessità essenziale della vita in società, il viaggio di Pinocchio diventa un viaggio nel tempo e la sua fama perdurerà a lungo.
La domanda è lecita e un po’ tormentata: è l’ombra di Pinocchio che gira i tempi o i tempi e la storia sono tali e quali come quando l’autore fece nascere il personaggio? Che i miei dubbi si riversano su tutte e due le domande fifty– fifty direi in inglese, visto che è diventato una moda (io personalmente tifo per l’ortodossia dell’italiano), e credo che gli stessi pensieri e dubbi come me avrà sicuramente un’altra persona dall’altra parte del mondo, perché credo nello spirito e anche degli effetti della storia vissuta riversata su di noi.
Con riconoscenza al maestro per non aver finito l’opera con il Pinocchio appeso alla corda e non averci fatto perdere il meglio di lui…
Cosi nella difficoltà della questione decido di riprendere in mano i fatti (il libro) per scrutarli meglio di nuovo… e rileggo senza trattenere il sorriso che vuol sfociare a tratti in una grande risata.
Concludo dicendo come diceva Collodi non è storia di un re, ma di un pezzo di legno, un burattino.
Ve la consiglio la rilettura, sperando che anche voi troviate la vostra personale visione nonché rinnovato gratitudine al maestro e chi sa, può darsi aggiungiate anche voi un altro contributo all’opera italiana più famosa nel mondo o al massimo rallegrare la vostra giornata (di qualsiasi colore sia, gialla, arancione o rossa ), di questi tempi notando tutti i parallelismi del momento anche se siete un falegname, un pescatore, operaio o studente che non tornerete più alla scuola, un insegnante, perché no, anche un politico.
Buona lettura a tutti.