
«Per imparare i contenuti è sufficiente il computer, ma per capire come si ama, per capire quali sono i valori e quali abitudini sono quelle che creano armonia nella società ci vuole un buon insegnante»
(papa Francesco)
Di papa Francesco, in vita e in morte, è stato scritto già tanto. Ancor di più si scriverà.
Difficile, dunque, poter aggiungere una parola che sia, al contempo, sensata e originale. Il che non significhi che non tocchi provarci.
Peraltro, io sono un uomo di Scuola e così, grazie anche al suggerimento di una mia adorata prof, sono andato a ritrovarmi un discorso che papa Francesco tenne ai membri dell’Unione Cattolica Italiana Insegnanti. Correva il 14 marzo 2015, ma io lo trovo profondamente attuale e autenticamente “laico”, come si usa dire per indicare aperture che vanno ben al di là dei recinti confessionali.
Quel discorso mi sembra piuttosto una sorta di “Lettera alla Scuola” che il Papa ha voluto lasciarci: ad ogni scuola, non solo a quella di ispirazione cristiana.
Mi correggo e sottolineo: ad ogni Scuola, con la S maiuscola, come io credo si debba scrivere ogni qualvolta ci si riferisca alla Scuola Statale, libera, gratuita, accessibile a tutti, il più potente fattore di trasformazione sociale – checché se ne dica e se ne voglia dire – in obbedienza all’art.3 comma 2 della Costituzione della Repubblica Italiana.
E, dunque, per scrivere di Francesco, citerò quella che ho appena ribattezzato come la sua Lettera alla Scuola. Lo farò carptim, cioè non integralmente, giusto il tempo di invitarci ad una riflessione.
Ve la lascio. Sine glossa: cioè senza commenti, come è corretto fare, specie in prima lettura, per tutte le parole che, direbbe Simone Weil, contengono un “deposito di oro puro”.
A te, caro lettore, adorata lettrice, il compito di gustarla e meditarla. Specie se sei un uomo o una donna di Scuola. Con la S maiuscola.
Buona lettura.
«Cari colleghi e colleghe,
permettetemi di chiamarvi così, perché anch’io sono stato insegnante come voi e conservo un bel ricordo delle giornate passate in aula con gli studenti.
… Insegnare è un lavoro bellissimo. Peccato che gli insegnanti siano malpagati. Perché non c’è soltanto il tempo che spendono per fare scuola, poi devono prepararsi, poi devono pensare ad ognuno degli alunni: come aiutarli ad andare avanti. È vero? È un’ingiustizia. Io penso al mio Paese, che è quello che conosco: poveretti, per avere uno stipendio più o meno che sia utile, devono fare due turni! Ma un insegnante come finisce dopo due turni di lavoro? È un lavoro malpagato, ma bellissimo perché consente di veder crescere giorno dopo giorno le persone che sono affidate alla nostra cura. È un po’ come essere genitori, almeno spiritualmente. È anche una grande responsabilità!
Insegnare è un impegno serio, che solo una personalità matura ed equilibrata può prendere. Un impegno del genere può incutere timore, ma occorre ricordare che nessun insegnante è mai solo: condivide sempre il proprio lavoro con gli altri colleghi e con tutta la comunità educativa cui appartiene.
Come Gesù ci ha insegnato, tutta la Legge e i Profeti si riassumono in due comandamenti: ama il Signore Dio tuo e ama il tuo prossimo (cfr Mt 22,34-40). Ci possiamo domandare: chi è il prossimo per un insegnante? Il “prossimo” sono i suoi studenti! È con loro che trascorre le sue giornate. Sono loro che da lui attendono una guida, un indirizzo, una risposta – e, prima ancora, delle buone domande!
…La scuola è fatta certamente di una valida e qualificata istruzione, ma anche di relazioni umane, che da parte nostra sono relazioni di accoglienza, di benevolenza, da riservare a tutti indistintamente. Anzi, il dovere di un buon insegnante – a maggior ragione di un insegnante cristiano – è quello di amare con maggiore intensità i suoi allievi più difficili, più deboli, più svantaggiati. Gesù direbbe: se amate solo quelli che studiano, che sono ben educati, che merito avete? E ce ne sono alcuni che fanno perdere la pazienza, ma quelli dobbiamo amarli di più! Qualsiasi insegnante si trova bene con questi studenti. A voi chiedo di amare di più gli studenti “difficili”, quelli che non vogliono studiare, quelli che si trovano in condizioni di disagio, i disabili, gli stranieri, che oggi sono una grande sfida per la scuola.
…In una società che fatica a trovare punti di riferimento, è necessario che i giovani trovino nella scuola un riferimento positivo. Essa può esserlo o diventarlo se al suo interno ci sono insegnanti capaci di dare un senso alla scuola, allo studio e alla cultura, senza ridurre tutto alla sola trasmissione di conoscenze tecniche ma puntando a costruire una relazione educativa con ciascuno studente, che deve sentirsi accolto ed amato per quello che è, con tutti i suoi limiti e le sue potenzialità. In questa direzione il vostro compito è quanto mai necessario. E voi dovete insegnare non solo i contenuti di una materia, ma anche i valori della vita e le abitudini della vita. Le tre cose che voi dovete trasmettere. Per imparare i contenuti è sufficiente il computer, ma per capire come si ama, per capire quali sono i valori e quali abitudini sono quelle che creano armonia nella società ci vuole un buon insegnante.
La comunità cristiana ha tantissimi esempi di grandi educatori che si sono dedicati a colmare le carenze della formazione scolastica o a fondare scuole a loro volta. Pensiamo, tra gli altri, a san Giovanni Bosco, di cui quest’anno ricorre il bicentenario della nascita. E lui consigliava ai suoi sacerdoti: educare con amore. Il primo atteggiamento di un educatore è l’amore. È a queste figure che potete guardare anche voi, insegnanti cristiani, per animare dall’interno una scuola che, a prescindere dalla sua gestione statale o non statale, ha bisogno di educatori credibili e di testimoni di una umanità matura e completa. Testimonianza. E questa non si compra, non si vende: si offre.
…Sul piano professionale è importante aggiornare le proprie competenze didattiche, anche alla luce delle nuove tecnologie, ma l’insegnamento non è solo un lavoro: l’insegnamento è una relazione in cui ogni insegnante deve sentirsi interamente coinvolto come persona, per dare senso al compito educativo verso i propri allievi. La vostra presenza qui oggi è la prova che avete quelle motivazioni di cui la scuola ha bisogno.
Vi incoraggio a rinnovare la vostra passione per l’uomo – non si può insegnare senza passione! – nel suo processo di formazione, e ad essere testimoni di vita e di speranza. Mai, mai chiudere una porta, spalancarle tutte, perché gli studenti abbiano speranza» (Papa Francesco).