Non c’è un motivo ben preciso

per cui io sia qui adesso

in questo posto

in questo viaggio

 

Mi hanno dato dei genitori

così da allevarmi

un nome

così da identificarmi

mi hanno dato illusioni

in cui credere

delusioni per cui versare lacrime

delle gioie da vivere

e dolori per cui soffrire

sentimenti da coltivare

altri su cui investire e rischiare

altri ancora da ignorare

 

Un biglietto di sola andata

e passeggeri da incontrare

una maschera da indossare

e a suo tempo da far cadere

mi hanno dato il sole

delle nuvole e la pioggia

qualche altro raggio di sole

e una scorta di fulmini da far paura

ancora un po’ di sole misto a pioggia

ed un vento che ti porta via

 

Mi hanno dato e hanno sottratto

ho costruito ed ho distrutto

sempre a mio modo

 

Siamo nati per vivere

e vivremo fino a morire

e alla fine di tutto restituiremo

ciò che ci è stato dato a noleggio

 

Il copione è sempre lo stesso

da molte vite oramai


Fontehttps://pxhere.com/it/photo/1435053
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C'è chi tempo fa mi definì una “spugna”. Interpretai male, credevo mi desse dell'ubriacone. Poi scoprì si riferisse alla mia curiosità, a quel modo di interessarmi a ciò che non conosco. A ventidue anni ho lasciato le strade domestiche per partire alla volta di Londra. L'ignoto davanti e le canzoni di Eddie Vedder - tratte da “Into the wild” - cantate nelle mie orecchie. Da quel momento la vita si è rivelata diversa da ciò che credevo. È stato come quando Prometeo ha gabbato Zeus e ha portato il fuoco agli uomini. Da allora ho respirato per un po' l'India, ho vissuto Firenze e sono finito a Milano e in diversi altri posti. Poi come Ulisse - impiegandoci meno dei suoi vent'anni - sono tornato alla mia Itaca: Trani. Sono Francesco Dibari, in ogni dove la gente si è chiesta perché mi chiamassi Dibari essendo di Trani. Ma è qui che sono nato, un martedì di febbraio del 1987. Quel giorno per le strade del centro si teneva il mercato.