Motiv / Motif: Fridtjof Nansen som fredsprisvinner. Han fikk prisen for humanitært hjelpearbeid med krigsfanger, flyktninger og sultende i Russland. Dato / Date: 1922 Fotograf / Photographer: Anders Beer Wilse (1865-1949) Sted / Place: Oslo Eier / Owner Institution: Nasjonalbiblioteket / National Library of Norway Lenke / Link: nabo.nb.no/trip?_t=0&_b=NANSEN&_r=2718&_n=0&a... ( http://nabo.nb.no/trip?_t=0&_b=NANSEN&_r=2718&_n=0&_q=10&_l=www_l ) Bildesignatur / Image Number: bldsa_q01a009

Prima parte

In Italia conosciamo poco la vita e le opere di Nansen: esploratore, oceanografo, zoologo, pioniere dell’azione umanitaria. Eppure, raramente capita di imbattersi in una vita così ricca di valori: profondità di cultura, generosità d’animo, coraggio, spirito diplomatico, grandi capacità organizzative, inventiva.

Ma andiamo con ordine: nasce nel 1861 presso Cristiania (oggi Oslo) da una famiglia di ricche tradizioni. Il padre è un uomo di legge, dal carattere mite e dal profondo senso morale; la madre è una donna dal carattere molto energico ed instilla in lui l’amore per lo sport ed uno stile di vita spartano. Nansen cresce a contatto con la natura, abituandosi alle difficoltà e forgiando un carattere determinato. A 18 anni è campione di sci di fondo e di pattinaggio su ghiaccio, sport a quei tempi poco considerati. È un giovane pieno di talento, ama la scienza, è un abile pittore. Alla fine decide per la facoltà di zoologia. Un suo professore lo manda, per fare esperienza, in spedizione su una baleniera, a raccogliere annotazioni sui venti, le correnti, gli oceani, i movimenti dei ghiacci, la fauna artica. Tornato in Norvegia, per quasi sei anni si dedica alla ricerca di laboratorio, specializzandosi nello studio del sistema nervoso centrale dei pesci, campo nel quale ha scritto saggi oggi considerati classici.

Il richiamo degli spazi aperti e della scoperta è troppo forte e nel 1888 compie il primo “folle volo”: con cinque compagni attraversa in sci la Groenlandia, dall’est abitato all’ovest ignoto, bruciando i ponti alle proprie spalle, senza possibilità di tornare indietro, come sempre sarà nella sua filosofia di vita. Raccoglie osservazioni per un libro sulle abitudini di vita degli Esquimesi.

Da questa impresa ne nasce un’altra, più ambiziosa ed ardita: sulla costa orientale della Groenlandia Nansen vede i relitti della nave Jeanette, naufragata qualche anno prima nel tentativo di raggiungere il polo nord. È un’ulteriore conferma dell’ipotesi dell’esistenza di una corrente che dal polo nord si dirige verso sud-ovest. La teoria diventa progetto: Nansen fa costruire una nave progettata per incastrarsi nei ghiacci e lasciarsi andare alla deriva. La chiama “Fram”, cioè “Avanti”. I turisti la visitano oggi nel Frammuseet, presso Oslo. Con grande senso pratico, sfidando l’incredulità generale, riesce ad armare la nave per un viaggio che durerà più di tre anni. Il viaggio è progettato sin nei minimi particolari, dalle razioni alimentari ai passatempi e le occupazioni per permettere all’equipaggio di superare i lunghi periodi di inattività e di attesa. Partiti dalla Norvegia si naviga ad est, lungo le coste siberiane, per evitare di andare incontro ai ghiacci. Dopo infinite difficoltà la deriva comincia, ma è troppo lenta. Nansen allora sceglie un compagno e con slitte, kayak ed una muta di cani tenta di raggiungere il polo. È la terribile prova di un lungo, durissimo inverno di solitudine fra i ghiacci. Poi l’incontro con una spedizione inglese, il ritorno a casa: una settimana dopo, nell’agosto del 1896, dopo tre anni, arriva anche la nave “Fram”! La folle ipotesi di Nansen si è rivelata corretta, la gente lo acclama.

L’anno 1905 è lo spartiacque della vita di Nansen: dagli studi e le esplorazioni oceanografiche passa all’impegno politico e diplomatico, per poi farsi pioniere dell’azione umanitaria. A questo sacrifica il progetto del viaggio al polo sud, per il quale cede il testimone ad Amundsen. Nel 1918 viene inviato a Washington per assicurare alla Norvegia i rifornimenti alimentari impediti dall’embargo degli USA. Qui inizia la lotta estenuante, che durerà tutto il resto della vita, con i labirinti e le silenti crudeltà della burocrazia. Alla fine, comunque, riesce ad assicurare al suo paese le merci di prima necessità, facendo prevalere la propria capacità di badare all’essenziale.

Nel frattempo, quest’uomo, che aveva contemplato la bellezza purissima dei paesaggi polari ed aveva esaltato l’avventura della ricerca e dell’esplorazione e che, attraverso l’amore per la natura, aveva appreso un profondo rispetto per la vita, non poteva che guardare alla guerra con dolore e disgusto. Non era nel suo stile rispondere con le parole: ed eccolo impegnarsi fino in fondo per dare forza, sin dai suoi esordi, alla Società delle Nazioni, che nel 1920 gli affida un lavoro enorme: il rimpatrio dei prigionieri di guerra dalle regioni orientali dell’URSS in Europa. Nansen coordina un flusso di circa 450.000 prigionieri in due anni. Un compito enorme, svolto mentre maturava la rinuncia alla ricerca scientifica in nome dei pressanti bisogni delle popolazioni. Nel 1921 la Croce Rossa lo aiuta ad organizzare i soccorsi alle popolazioni sovietiche colpite dalla carestia: Nansen, superando tutte le barriere politico-ideologiche, mette in moto una massiccia campagna di finanziamento e di aiuti che salvò dalla morte per fame sei milioni di individui. Sempre in URSS, circa due milioni di persone, per effetto della rivoluzione e della controrivoluzione, vagavano all’interno del paese. Nansen ne organizza l’insediamento dando vita all’Alto Commissariato per i rifugiati, inventando il “passaporto Nansen”, strumento concreto di diritto internazionale ancora oggi in uso. Nel 1922 organizza il rimpatrio di oltre un milione di greci dalla Turchia e circa mezzo milione di turchi dalla Grecia. Il piano dura otto anni ed è un successo. In seguito, dal 1925, coordina un piano di aiuti in favore della popolazione armena emarginata in regioni desertiche e minacciata di estinzione. Negli ultimi anni di vita, poi, si dedica, fra i primi, alla battaglia per il disarmo e per l’abolizione del lavoro forzato nelle colonie. Oggi è ricordato per il premio Nobel per la pace del 1922. Gli oceanologi, dal canto loro, conoscono le “bottiglie di Nansen”, un ingegnoso sistema per prelevare campioni d’acqua in profondità. Sull’Atlante c’è la Cordigliera di Nansen e di recente gli è stato intitolato un cratere su Marte.

Viene da chiedersi quale atteggiamento vitale sia alla base di un’esperienza così ricca. Una risposta ci viene in parte dal bellissimo discorso che Nansen tenne quale rettore dell’Università scozzese di St. Andrews, nel 1926.1

Tratto da Michelangelo Filannino “Ricognizioni al giro di boa”, Rotas, Barletta, 2002.

1     Fridtjof Nansen “Adventure and other papers” published by Leonard and Virginia Woolf at the Hogarth Press, London, 1927.


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