7 gennaio 2021: il “rientro” a Scuola…

“Mi sentite?” è in questa sofferta diade che si può sintetizzare il vissuto di questi mesi di rete, che si può sintetizzare un intero e complesso sentimento di solitudine che ancora ci accompagna purtroppo.

È la frase che ho sentito più spesso pronunciare dalla mia voce, dalla vocina sottile del mio piccolo vicino di casa o dalla porta della stanza di mio fratello. “mi sentite?” una banale domanda che cela in sé un intero bagaglio di bisogni, incertezze e paure che la DAD o lo smart-working ha confezionato per nostre personalità nell’ultimo periodo.  È in questa domanda che tutti noi lavoratori in streaming ci perdiamo, nel desiderio di contatto che il Covid ci ha tolto, negandoci l’accesso a scuola (o in ufficio talvolta). Conosco bene quella sensazione di smarrimento, quel momento in cui dici a te stesso “ok, coraggio ora tocca a te” ma hai di fronte un pc con riquadri spenti e ti sembra più utile parlare ai personaggi nei quadri della tua stanza che a quell’occhio fisso della tua webcam.

Quanta solitudine cela la domanda “mi sentite?”? quanto desiderio di socialità, ascolto e accoglienza trasborda dal tono di chi la pronuncia? Puoi cambiare lingua, intonazione o sguardo nel pronunciarla, ciò che resta è sempre la stessa sensazione di bisogno dell’altro, di scacciare la solitudine. Se c’è una cosa che nel tempo non cambia è il nostro modo di essere umani, nell’accezione più tenera che ci sia per il suo significato. Essere umani, nel modo in cui lo intendo io, significa ricordarsi di essere fragili, frangibili, tutti, dal primo all’ultimo e di avere tutti bisogno di un altro che ci sostenga. Si badi bene, non di un altro che governi ogni ambito della nostra vita, un altro (un “altro sociale”) che, nella nostra indipendenza, ci consenta di capire che non siamo soli e che, insieme, possiamo farcela.

In questi mesi si è tanto parlato dei sacrifici che ciascuno ha dovuto fare: ricavare spazi in casa per studiare ed essere tutti in rete, cambiare il modo di gestire la propria economia per lasciare maggiori risorse agli investimenti tecnologici, riprogrammare il proprio tempo di vita. In pochi si sono domandati dei sacrifici emotivi che abbiamo dovuto accettare per “salvare la pelle” riprendendo le parole di Malaparte nel suo romanzo “La pelle”.

Abbiamo potuto ritrovare il calore delle nostre case senz’altro, ma abbiamo altrettanto perso tutte quelle occasioni di incontro reciproco con l’altro, nascondendoci dietro un microfono e una webcam spenti, con il corpo fisso davanti a uno schermo e lo sguardo perso, altrove. Quante volte ci sarà capitato di dire “non ce la faccio” in questo tempo di assoluto smarrimento e solitudine? Probabilmente neanche il più potente computer del mondo sarebbe in grado di enumerarle. Quanta sordità ancora dovremo sopportare prima che qualcosa cambi, che ci si renda conto che non saranno i fondi stanziati dal governo a colmare quella solitudine e che tocca a noi prenderci cura dell’altro, anche a distanza?

Bisogna ripensare la comunicazione, non il mezzo ma il medium, che è il messaggio stesso come ci insegna McLuhan. Avere una connessione stabile non significa essere in reale comunicazione con l’altro. Dobbiamo sforzarci, soprattutto se il nostro lavoro è un lavoro educativo, di andare oltre i punti scritti in agenda e ascoltare le parole nascoste dalla voce metallica del computer, quelle richieste di aiuto e condivisione che sempre più studenti, compresa io, hanno bisogno di esternare. Abbiamo bisogno di fare rete in rete, di sentirci gruppo e comunità, di raccontarci.

E allora, di fronte a quella richiesta “Mi sentite?” sarebbe bello rispondere con il cuore aperto “Sì, ci siamo”.

Annalisa Napolitano


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Chi siamo? Gente assetata di conoscenza. La nostra sete affonda le radici nella propria terra, ma stende il proprio orizzonte oltre le Colonne d’Ercole. Perché Odysseo? Perché siamo stanchi dei luoghi comuni, di chi si piange addosso, di chi dice che tanto non succede mai niente. Come? I nostri “marinai/autori” sono viaggiatori. Navigano in internet ed esplorano il mondo. Sono navigatori d’esperienza ed esperti navigatori. Non ci parlano degli USA, della Cina, dell’Europa che hanno imparato dai libri. Ci parlano dell’Europa, della Cina, degli USA in cui vivono. Ci portano la loro esperienza e la loro professionalità. Sono espressioni d’eccellenza del nostro territorio e lo interconnettono con il mondo. A chi ci rivolgiamo? Ci interessa tutto ciò che è scoperta. Ciò che ci parla dell’uomo e della sua terra. I nostri lettori sono persone curiose, proprio come noi. Pensano positivo e agiscono come pensano. Amano la loro terra, ma non la vivono come una prigione. Amano la loro terra, ma preferiscono quella di Nessuno, che l’Ulisse di Saba insegna a solcare…