
«Spogliati tutta,
mostrami serena le rughe
le tue piaghe,
non temere
anch’io sono ferito
spaventato dalla vita»
(Guevara)
Caro lettore, adorata lettrice,
era già qualche giorno che ci pensavo: sono diverse settimane che ti mando dei caffè dolceamari, più amari che dolci, in verità. E così mi era venuta voglia di scriverti un caffè che parlasse d’amore. Proprio così: non un caffè zuccheroso (per me vale la regola che il vero caffè è quello che si gusta senza zucchero…), non una roba mielosa o sdolcinata. Per quanto ceda rovinosamente a declinazioni romantiche, ancor più con gli anni che passano, non mi sento un tipo da diabete mellito.
Volevo, dunque, offrirti semplicemente un caffè d’amore: ma a regola d’arte.
Ed ecco che, mentre ci pensavo, un’attenta lettrice (quanto devo alle mie adorate lettrici! Ormai, i miei caffè li decidono più i loro messaggi che la mia tastiera…) mi manda dei versi che non conoscevo: e che mi hanno folgorato.
Sono convinto, qualcuno potrebbe obiettare che el Che è figura discussa e che divide, che il suo nome è legato a ben altro che a versi d’amore. In verità, la cosa in questo momento non mi riguarda in alcun modo. Punto.
Perché non scelgo di proporti i versi di un’icona rivoluzionaria. Scelgo di proporti versi d’amore. Versi che ci mettono a nudo. Versi, peraltro, erroneamente attribuiti al rivoluzionario cubano: pare siano in realtà di autore ignoto che si firma Guevara.
Te li porgo e, per una volta, non commento oltre…
Spogliati
Spogliati tutta,
mostrami serena le rughe
le tue piaghe,
non temere
anch’io sono ferito
spaventato dalla vita.
Strappa con rabbia
i veli adornanti
e le maschere di ghiaccio
che occultano lividi,
mostrati fiera
nei tuoi lineamenti.
Quando sarai spoglia
come un albero d’autunno,
quando sarai nuda
ed indifesa come un bambino,
ti mostrerò le mie ricchezze
nascoste in un forziere di vetro.
Solo allora ti donerò sincero
tutta la mia fragilità
le mie insicurezze
le paure ancestrali
le impurità nascoste,
ti porgerò poi con amore,
sopra un vassoio di rose bianche,
la verginità della mia anima.
(Guevara)