
Un esempio per affrontare le “stranezze” della Vita
È da tanto tempo che ho il desiderio di presentarvi un mio nuovo amico. A dire il vero è un’amicizia che si va stringendo ogni giorno di più con grande interesse da parte mia, che lui, ormai, ha lasciato questo mondo da svariati secoli.
Il mio amico si chiama Fukyo, meglio conosciuto come il Bodhissatva Mai Sprezzante, personaggio chiave nella storia del Buddismo.
Procediamo però con ordine.
Come faccio a farvi capire cos’è un Bodhissatva?
Ah, sì. Ci sono.
Ce l’avete presente una brava persona? Una di quelle che aiuta il prossimo, che sogna di vedere tutti felici e si adopera perché ciò avvenga attraverso la sua vicinanza, le sue parole, il suo esempio? Ecco. Quello è un Bodhisattva.
Ora immaginate un monaco, un omino in là con gli anni, che credeva che tutti, ma proprio tutti, avessero in fondo al cuore una dote che si chiama Buddità, che altro non è che la capacità di attivare coraggio, compassione e saggezza per affrontare ogni occasione della Vita.
E lui non solo era convinto che proprio tutti fossero dotati di questa dote ma pensava che questa caratteristica comune ci legasse uno all’altro, in una rete di interdipendenza universale, che comprendeva l’Universo intero sicché ogni accadimento che avesse coinvolto un elemento della rete avrebbe finito con il ripercuotersi inevitabilmente su tutto.
Che poi, in altri contesti, è quello che spiego ai miei alunni quando parlo della catena alimentare e delle reti trofiche.
Gira e rigira, sempre allo stesso punto si arriva. Riconoscere l’importanza del Singolo nel Tutto.
Comunque sia, ritornando a Fukyo, lui, in virtù di questa convinzione, assumeva uno “strano” atteggiamento.
Non disprezzava mai nessuno. Mai una parola fuori posto, mai un accenno d’ira.
E la cosa ancor più strana e che nonostante fosse proprio un brav’uomo, molto spesso veniva disprezzato. Molto, molto spesso.
Deriso per la sua semplicità. Umiliato per la sua povertà.
E lui, niente.
Ricordate “Non fare agli altri ciò che non vorresti fosse fatto a te?”.
Ecco, si potrebbe anche dire che Fukyo, non volendo essere disprezzato, non disprezzava. Mai.
Lui si inchinava, faceva un passo indietro e si allontanava, riverendo quella parte dell’altro che solo lui riusciva a vedere e che, a detta sua, lo collegava all’altro.
E questo avvenne per tutta la vita, finché ogni offesa che in passato lui aveva fatto ad altri e a se stesso non fu espiata, cioè finché tutto il suo Karma si esaurì.
Oddio; mi rendo conto di aver pronunciato un’altra parola strana…
I miei alunni ogni tanto la pronunciano, merito di una famosa canzoncina di qualche anno fa, ma temo che non ne comprendano il senso. Ci scherzano e ci sta, che sono piccoli e ci vuole una vita per capire il significato di certe parole.
Ed è qui che viene il bello, perché quando il Karma entra in azione, non c’è nessuno che possa sfuggirgli. Fintanto che non si esaurisce, tutto, fino in fondo, lui manifesterà i suoi effetti nella nostra vita, e sarà inutile arrabbiarsi, lamentarsi, incolpare gli altri della nostre disgrazie. Lui continuerà ad agire fintanto che non si esaurirà.
Vi è mai capitato di assistere al ripetersi di alcune circostanze che accadono in modo inspiegabile e, spesso, senza motivo?
Di solito le accompagniamo con uno sconsolato/arrabbiato: “Ma tutte a me capitano?”.
Ma non basta a cambiare la situazione né a farci stare meglio…
E allora, forse vi starete chiedendo, che si fa?
Io adotto il comportamento di Fukyo e accolgo gli effetti del mio karma, che a volerla spiegare in modo molto semplice, possiamo immaginare come una sorta di “tradizioni di famiglia” tramandate fino a noi di generazione in generazione. Tradizioni che ci impongono modi di interpretare la realtà, ci condizionano nei pensieri e nei comportamenti e che finiscono con l’incastrarci in una posizione “scomoda” all’interno della Rete.
La soluzione sta però nel cambiare “le tradizioni di famiglia”.
Questo ci porterà a cambiare anche la posizione all’interno della Rete e a collegarci agli altri in modo più armonico.
Forse vi starete chiedendo delle ragioni per cui vi dico questo…
Sarà che a me Fukyo sta molto simpatico, che quando sono in difficoltà con certe stranezze della vita lo chiamo in mio soccorso perché mi mostri come “inchinarmi” di fronte ad esse, spero che il suo esempio possa essere d’aiuto anche a voi; chissà…
Che sbadata, quasi dimenticavo il finale; il povero Fukyo, molti anni dopo, rinacque come il Budda Shakyamuni e fu onorato da tutti, per l’eternità.
Dedicato alla mia amica Michela, che di “stranezze” ne ha incontrate tante, incastrata nella sua rete, con la convinzione che rinascerà Regina di Gioia.