
La libertà, secondo “Charlie Hebdo”, e secondo altri…
Siamo sicuri che la nostra classe politica occidentale, con le proprie scelte, possieda attributi adeguati per ergersi con coerenza a paladina della libertà di pensiero e di espressione?
La mente corre velocemente a Charlie Hebdo e allo slogan Je suis Charlie, tradotto, appena coniato, in molte lingue (arabo compreso). Le grandi manifestazioni di masse popolari che seguirono a quel tragico evento hanno dimostrato sia la massiccia solidarietà alle vittime con il rifiuto di ogni violenza, sia la vicinanza allo stesso settimanale colpito come simbolo di tutti coloro che credono nei valori universali della difesa di una libertà insofferente di limiti e tabù: compresi i diritti di satira come parte della libertà di stampa.
Ma un mostro così violento non può nascere senza che qualcuno lo abbia generato!
Ora, a distanza di tempo, dopo la comprensibile indignazione, è opportuno che subentri una certa riflessione, che porti a cogliere quei valori utili alla ricerca di una tenerezza, che colmi il rammarico per i tanti svarioni compiuti a livello di pensiero e di scelte politiche.
Intanto il tragico evento di Charlie Hebdo ha offerto al presidente Hollande l’occasione per recuperare, almeno in parte, quella popolarità che negli ultimi mesi era calata a picco. Ma in tema di libertà, gli eredi dell’antico “cicaleccio” Liberté, Fraternité, Égalité possono considerarsi maestri, se lo stesso Hollande, in occasione del tragico evento, aveva proclamato il silenzio-stampa e la limitazione provvisoria della libertà a vantaggio di una pseudo sicurezza? La questione è aggravata dalla legge che aveva già imposto in Francia alle donne musulmane il divieto di indossare il velo nei locali pubblici. Il proibire, sostiene Franco Cardini, è un provvedimento liberticida non minore, per quanto di segno opposto, dell’obbligo d’indossare tale indumento che vige in certi paesi musulmani.
L’elenco degli episodi si allunga qualora notiamo alle manifestazioni in favore di Charlie Hebdo la presenza del comico di origine camerunense Dieudonné M’bala M’bala: un personaggio scomodo al mondo francese che, per la sua impostazione filopalestinese, è stato accusato di antisemitismo. Costui, in una lettera aperta indirizzata al ministro dell’Interno ha dichiarato: “Da un anno, lo Stato cerca di eliminarmi con tutti i mezzi: linciaggio mediático, interdizione dei miei spettacoli, controlli fiscali, ufficiali giudiziari, perquisizioni… Più di ottanta processi si sono abbattuti su di me e sui miei cari. E lo Stato continua a perseguitarmi. Da un anno sono trattato come il nemico pubblico numero uno, mentre cerco solo di far ridere…”. Che dire? Quel che si accordava e si accorda liberamente a Charlie Hebdo verrebbe in qualche modo negato ad altri.
Ma accanto al Je suis Charlie, c’è stato un altro slogan, vero disturbatore di coscienze, con meno fortuna, ma dalla grande criticità: Je ne suis pas Charlie. Costoro non perdonano le troppe vignette blasfeme, poco umoristiche e spesso molto volgari, in linea con l’intransigente rigore con il quale i musulmani difendono la loro fede, il Corano e il Profeta, rispetto all’apatia dei cristiani difronte a una vignetta che si burla del parto verginale di Maria, disegnandola in un atteggiamento “ginecologico”.
Forse, continua Cardini, ci siamo dimenticati che alcuni, arbitrariamente, ritengono che i propri princìpi siano gli unici universali, mentre quelli degli altri sarebbero solo ridicole forme di superstizione o di fanatismo. E poi non dimentichiamoci che lo stesso settimanale, in passato, è stato investito da polemiche, quando un suo giornalista fu licenziato per aver criticato alcuni aspetti della vita dell’ex presidente Sarkozy.
Noi occidentali, purtroppo, ci siamo sbrigativamente assolti da ogni errore, per rovesciarlo poi sul nazismo e sullo stalinismo o ancora sui conquistadores.
Esiste sì l’orgoglio di una libertà individuale che non conosce tabù, con la pretesa di essere illimitata, a volte anche sadica, insofferente a limiti e regole, ma non è affatto l’unico modello. Esiste anche una libertà responsabile che termina là dove comincia quella altrui, o che distingue tra libertà di, libertà da e libertà per. Purtroppo a volte “bisogna affacciarsi sull’abisso per scongiurare il pericolo!”