«La logica del bisogno cerca di chiudere la breccia, di tapparla. Cerca una risposta diretta, transitiva. Segue la via più breve: verso il buco che vuole riempire, l’appetito che vuole colmare, l’oggetto che vuol possedere.

La logica del desiderio, invece, non ha questa fretta»

(Catheryne Ternynck)

Quando ho letto le parole di Catheryne Ternynck sono rimasto folgorato, cosa peraltro non insolita per il mio modo di essere “storto”. In poche parole, vi ho trovato la perfetta descrizione della differenza tra bisogno e desiderio. E mi è parso di intuire al volo come Catherine possa ben essere autrice di un libro il cui titolo è di quelli parlanti: L’uomo di sabbia. Individualismo e perdita di sé (ma il sottotitolo originale è ancora più eloquente: Pourquoi l’individualisme nous rend malades).

Malati di bisogno: caro lettore, adorata lettrice, mi pare una perfetta descrizione di un diffuso, se non comune, stato d’animo.

Abbiamo possibilità pressoché sterminate di soddisfare bisogni, in misure che per i nostri nonni, ma ancora per i nostri genitori, erano semplicemente impensabili. Eppure viviamo insoddisfatti. Più abbiamo e più ci ammaliamo. Più abbiamo e meno siamo felici. Più abbiamo e meno siamo.

Perché colmiamo bisogni, e per la via più diretta e breve, ma non coltiviamo desideri.

Moderni Creso, ci illudiamo che avere di più coincida con l’essere di più: ah, se avessimo fatto tesoro di Avere o essere, l’illuminante saggio di Erich Fromm! Quando ero adolescente era una sorta di testo di formazione di massa. In realtà, non so quanti lo abbiano letto, ben pochi, a giudicare dai risultati, ma temo che ora non lo legga più proprio nessuno.

Essere: questo è il problema. Coltivare il proprio essere, vivere l’attesa, aprirsi al viaggio nel tempo, non avere fretta, lasciarsi trasportare, invocare un sogno, perseguire uno scopo, cercare nuove prospettive, non avere paura della mancanza, mirare al compimento di se stessi: l’unico in grado di metterci al riparo dal senso di vuoto. Essere viaggiatori. Nella vita prima che attraverso lo spazio. Avventura affascinante, ma anche orrifica: un film per soli adulti o almeno per chi sogna di diventarlo. Un film, per dirla con D’Avenia, per chi ha scelto la partenza invece che la rinuncia.

Tutto questo significa demonizzare i bisogni? Certo che no! Significa non diventarne schiavi: dominarli e soddisfarli, nella misura del possibile, senza esserne dominati, perché questo sì che rende la vita impossibile.

Caro lettore, adorata lettrice, penso che valga, per l’essere uomini e donne, quanto Maria Rilke insegnava dell’essere artisti: «Qui non serve misurare con il tempo, a nulla vale un anno, e dieci anni non son nulla. Essere artisti significa: non calcolare o contare; maturare come l’albero, che non incalza i suoi succhi e fiducioso sta nelle tempeste di primavera, senza l’ansia che dopo possa non giungere l’estate. L’estate giunge. Ma giunge solo a chi è paziente e vive come se l’eternità gli stesse innanzi, così sereno e spensierato e vasto».

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FontePhoto credits: Myriam Acca Massarelli
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La mia fortuna? Il dono di tanto amore che, senza meriti, ricevo e, in minima parte, provo a restituire. Conscio del limite, certo della mia ignoranza, non sono mai in pace. Vivo tormentato da desideri, sempre e comunque: di imparare, di vedere, di sentire; di viaggiare, di leggere, di esperire. Di gustare. Di stringere. Di abbracciare. Un po’ come Odysseo, più invecchio e più ho sete e fame insaziabili, che mi spingono a correre, consapevole che c’è troppo da scoprire e troppo poco tempo per farlo. Il Tutto mi asseta. Amo la terra di Nessuno: quella che pochi frequentano, quella esplorata dall’eroe di Omero, ma anche di Dante e di Saba. Essere il Direttore di "Odysseo"? Un onore che nemmeno in sogno avrei osato immaginare...