Vi siete incontrati molto tempo fa

pressappoco quando eri nascosto

sotto quella pancia

e dall’interno del tuo rifugio

la sentivi suonare sorda

 

Poi ti è stato concesso di venire al mondo

ti aspettava e ti ha accolto suonando

 

Ha sorriso, ti ha preso per mano

e avete deciso di percorrere insieme

lo stesso sentiero

 

Nelle sue note trovi e perdi te stesso

trovi il forte ma lontano ricordo di una madre

le promesse di un padre

le silenziose lacrime di un fratello

nell’oscurità di una stanza

l’ultima speranza che non è ancora morta

quel forte desiderio di vivere

e quel nascosto desiderio di morire

trovi l’amore ferito di ieri

e il brillante sorriso del sentimento di oggi

trovi fantasmi che provano a prenderti

il premio aspettato

e la prossima delusione che aspetta te

 

Trovi e perdi la tua casa

i tuoi desideri e le tue paure

quanto eri e quanto meno sei

trovi te stesso che costruisce e distrugge

trovi tutto cancellato

ma troppo forte allo stesso tempo

da aver lasciato ad ogni costo il segno

 

Trovi guai e soluzioni

la promessa di salvezza

la notte e il giorno

bagliore e oscurità

vecchie risposte e nuove domande

le tue mani vuote

il cuore zuppo di veleno

lo stomaco gonfio di fuoco

il cervello perso nella tempesta

gli occhi iniettati di sangue

 

Lei ti ferisce e ti cura

trovi che non c’è nulla da perdere

e che tutto è perduto

trovi la tua fine

e fatichi a ricordare l’inizio

lei conosce già tutto ciò

senza che tu le abbia mai parlato

ma lei ha sempre suonato


Articolo precedenteLe mie donne
Articolo successivoMendicante di sogni
C'è chi tempo fa mi definì una “spugna”. Interpretai male, credevo mi desse dell'ubriacone. Poi scoprì si riferisse alla mia curiosità, a quel modo di interessarmi a ciò che non conosco. A ventidue anni ho lasciato le strade domestiche per partire alla volta di Londra. L'ignoto davanti e le canzoni di Eddie Vedder - tratte da “Into the wild” - cantate nelle mie orecchie. Da quel momento la vita si è rivelata diversa da ciò che credevo. È stato come quando Prometeo ha gabbato Zeus e ha portato il fuoco agli uomini. Da allora ho respirato per un po' l'India, ho vissuto Firenze e sono finito a Milano e in diversi altri posti. Poi come Ulisse - impiegandoci meno dei suoi vent'anni - sono tornato alla mia Itaca: Trani. Sono Francesco Dibari, in ogni dove la gente si è chiesta perché mi chiamassi Dibari essendo di Trani. Ma è qui che sono nato, un martedì di febbraio del 1987. Quel giorno per le strade del centro si teneva il mercato.