
Pur se meno abbaglianti di quelle di New York, Shangai e Abu Dhabi, le nostre sono le luci soffuse simili a quelle sotto la quali, nel Medioevo, nelle celle dei monaci europei, è nata la nostra civiltà.
Londra, 3 agosto del 1914. Il tramonto sulla capitale britannica doveva essere bellissimo quella sera, eppure un uomo lo guarda tristemente dalla finestra del suo ufficio sopra San James Park.
Lui è Edward Grey, ministro degli esteri inglese. Da poche ore il parlamento britannico ha votato l’entrata in guerra dell’Inghilterra al fianco della Francia nel primo conflitto mondiale.
Il ministro Grey guarda con nostalgia le luci di Londra che si spengono per la prima serata di guerra. “Le luci sull’Europa si stanno spegnendo, e non le rivedremo più nel corso della nostra vita”, disse in quell’occasione Grey al suo segretario.
La guerra sarebbe finita nel 1918, Grey è morto nel 1933, in tempo per rivedere i lampioni accesi sulla sua Londra, potremmo dire. Ma non fu così. Al termine della guerra l’Europa non sarebbe stata più la stessa.
Quelle di Edward Grey possono sembrarci delle parole malinconiche di un uomo romantico, un lamento per un’epoca di pace e benessere che terminava con la prima guerra mondiale. In realtà, col senno di poi, con ciò che sappiamo oggi, possiamo definire quelle parole del gentiluomo britannico come una profezia.
Per chi ha avuto la fortuna di vivere prima della Grande Guerra, l’Europa doveva essere stata davvero speciale. Gli anni che precedettero il primo conflitto mondiale erano stati gli anni meravigliosi della Belle èpoque.
Per le strade di Parigi, Londra, Berlino e dell’Italia da poco unita, c’era un senso di pace, di ottimismo, di novità. Le esposizioni universali, le prime invenzioni, i treni che ti trasportavano fino in Portogallo, i viaggi senza passaporto, e soprattutto la pace.
Nei cafè di parigi e Vienna si parlava di cose futili, oltre che di arte e nuove scoperte. Tutti conoscevano il benessere. Ma l’aria, nei primi anni del decennio era tesa. Tutti sapevano che la guerra sarebbe arrivata, le armi erano pronte, i soldati non aspettavano che un segnale.
La Francia era ossessionata dai territori di Alsazia e Lorena, ceduti 40 anni prima alla Germania. Quest’ultima cercava il primato economico e militare in Europa e la cosa spaventava Inghilterra e la stessa Francia. Il grande impero asburgico doveva fare i conti con l’irredentismo nei Balcani e le tante diverse etnie presenti nel suo territorio. Alla fine con il pretesto dell’assasinio dell’Arciduca Francesco Ferdinando a Sarajevo, la guerra divampò. Edward Grey aveva ragione nell’affermare che le luci sull’Europa non si sarebbero più riaccese.
Fu una carneficina. Niente sarebbe stato più lo stesso, non solo per i dieci milioni di morti e per le città e campagne distrutte. Al termine della guerra, già nel Trattato di Versaillès del 1919, si gettarono le basi per la seconda guerra mondiale. I vincitori, su tutti la Francia, decisero di punire duramente la Germania. Sembra assurdo pensare che un trattato di pace potesse anticipare di vent’anni la nuova guerra, ma così accadde. La punizione inflitta alla Germania, accusata di essere l’unica responsabile del conflitto, creò una frattura insanabile nel continente. Quella frattura, quell’orgoglio ferito dei tedeschi avrebbe alimentato l’odio. Adolf Hitler si servì proprio di quell’odio e della dignità ferita della nazione tedesca per prendere il potere.
Dopo la prima guerra mondiale sarebbero cambiati molti equilibri, le luci si spensero nel 1914, Edward Grey aveva ragione. Al termine della guerra l’Europa avrebbe perso il suo primato a discapito della potenza emergente: Gli Stati Uniti. Da allora tutto parla di America: lo stile di vita americano, l’economia americana, il sogno americano.
Ma non fu solo colpa, si fa per dire, degli Usa. Dopo la prima guerra mondiale l’Europa avrebbe mostrato al mondo la sua faccia peggiore. Sarebbero arrivati i totalitarismi, rossi e neri. E di nuovo un’altra guerra, peggiore della prima. E al termine di essa, gli Stati Uniti sarebbero stati visti come i liberatori.
Non tutti sarebbero d’accordo nell’affermare che le luci sull’Europa sono spente oggi, come lo furono nell’estate del 1914. Pur se meno abbaglianti di quelle di New York, Shangai e Abu Dhabi, le nostre sono le luci soffuse simili a quelle sotto la quali, nel Medioevo, nelle celle dei monaci europei, è nata la nostra civiltà. Successivamente sarebbero stati i lampioni di Parigi, nel ‘700, a illuminare la nascita del pensiero libero e illuminato, peculiartà del Vecchio Continente.
L’Europa rappresenta ancora il sogno per milioni di persone che varcano il mar Mediterraneo e i Balcani nella speranza di una vita migliore. Per noi che ci siamo nati, è un luogo di Democrazia e pace.
Così il merito di aver tenuto le luci accese anche quando l’ombra di nuove guerre rischiava di spegnerle nuovamente, va a quella Comunità spesso bistrattata e rinnegata, ma nata per garantirci la pace: l’Unione Europea.