
La situazione siriana è molte orribili cose, ma è innanzitutto immagini, simboliche, crude, shockanti, virali
Una scia luminosa in un cielo buio, una stella cadente lì dove apparve la Stella Cometa; il video di un bambino coperto di polvere e di macerie, muto e shockato, le foto su Instagram di gente con le mani sulla bocca e una campagna virale.
La situazione siriana è molte orribili cose, ma è innanzitutto immagini, simboliche, crude, shockanti, virali. In una parte di mondo vicina, così vicina, tanto vicina da essere a meno chilometri di distanza da un Nord del mondo a cui ci affacciamo con maggiore familiarità, in quella polveriera secolare, ricca e complessa, sta scoppiando una guerra mondiale di cui ci arrivano solo scatti famosi che diventano potenti post su Facebook.
Non se n’è parlato quasi per niente: per giorni nel sottobosco dell’informazione viaggiava eclatante ma non troppo la notizia di decine e decine di morti dovute all’uso di armi chimiche. Ne è partita una campagna virale di gente che postava foto mettendo una mano sul volto per protestare contro le armi chimiche. Non se ne è ricavato molto: la notizia è rimasta lì, in quel limbo tra il mi piace e l’incuranza, tra la viralità e la disattenzione.
Poi la bomba: Trump e Putin bombardano la Siria per lo stop alle armi chimiche. La pace in cambio delle bombe, l’offensiva per disarmare, la guerra ancora per sistemare. La Siria è da anni questo: un bambino in mezzo a due adulti che se la contendono, siano essi gli stati Occidentali o quelli Arabi, siano figure sfocate come Assad o imperiture come Putin. E quel bambino è le decine e decine di bambini aiutati nel disperato tentativo di salvarli dalle armi chimiche, sono le culle che nessuno cullerà da domani, sono le case straziate, sono un popolo in fuga tra innumerevoli fuochi, dagli jihdaisti, ai ribelli, agli stati europei e le potenze islamico-arabe,in una guerra civile che sta assumendo proporzioni mondiali. Ma nel racconto che riceviamo, tutto questo non c’è. C’è un racconto ben specifico che ci viene offerto, il cui obiettivo è alimentare la confusione, ed è quasi normalizzare quanto accade con le frasi fatte e l’indignazione di circostanza.
Benché in Siria si stia consumando una delle tragedie più assurde degli ultimi anni, dove si aggiungono elementi più atroci di giorno in giorno, dove ogni giorno il caos viene alimentato a tal punto che ormai non si sa più chi realmente governa, dove c’è un certo Interesse che divide et impera, e uccide i deboli, i civili, i bambini, ciò che arriva alle nostre orecchie non sono parole, spiegazioni, ragioni. Alle nostre orecchie non arriva nulla.
L’informazione viaggia sull’onda dell’immagine sensazionale. Il racconto si è sposato sugli occhi, parla alla vista, rischiando talvolta di rimanere sulle bacheche di Instagram. Ma se il racconto del mondo si muove su nuove linee, la Storia si fa visione, il suo racconto è diventato l’ennesima immagine rabbiosa, disturbante e incisiva, quanto un missile luminoso nel buio cielo siriano. Probabilmente non sappiamo nulla della Siria, ma a nessuno sarà sfuggita l’immagine degli attacchi chimici, poco capiamo delle fughe di rifugiati politici ma tutti abbiamo condiviso la foto del piccolo Aylan trovato morto in spiaggia. È l’immagine che diventa l’espressione del conflitto, la foto che esprime la contraddizione, la consapevolezza della disturbante tragedia che si consuma ogni giorno, attraverso una conoscenza sfuocata, per sentito dire, in gesti semplici, quotidiani, come scorrere su Instagram l’immagine di un fascio luminoso in cielo scuro.. che cosa sarà, un fuoco d’artificio? Una stella? no. Una bomba.