A causa delle rigide misure di contenimento dell’epidemia adottate dal governo cinese, molti stranieri esausti da tutto ciò stanno lasciando la Cina, e tra questi diversi italiani.

Oltre al covid poi, ci si è messo anche il vaiolo delle scimmie, che un paio di mesi fa ha portato Wu Zunyou, epidemiologo capo del Centro cinese per il controllo per la prevenzione delle malattie, all’infelice (per usare un eufemismo) consiglio di evitare il contatto con gli stranieri (ma anche con i cinesi appena rientrati dall’estero) per preservarsi dal contagio, una misura che oltre a essere vagamente (altro eufemismo) razzista e scientificamente campata in aria, dimostra pure un’imbarazzante ignoranza dell’attuale situazione in Cina, dove gli stranieri arrivano con il contagocce e dopo settimane di quarantena, quindi la maggior parte di quelli che al momento in Cina, sono qui da prima del Covid, come il sottoscritto, o comunque già reduci da un periodo di isolamento.

C’è da dire che la stragrande maggioranza dei cinesi non sembra essersi attenuta a queste indicazioni, e per me è quasi un peccato, visto che quando prendo l’autobus o la metro perennemente affollati, spero sempre che qualcuno scappi e mi lasci il posto.

Se io sono tra quelli che durante l’epidemia sono sempre stati in Cina, come ho giò detto ci sono alcuni che sono andati via, ma anche altri che sono usciti e rientrati per diversi motivi e tra questi c’è il mio amico Andrea Nardo che vive e lavora a Shenzhen, nel profondo Sud della Cina, metropoli sorta praticamente accanto alla più famosa Hong Kong.

Shenzhen può essere definita il simbolo del miracolo economico cinese; un villaggio di pescatori fino agli anni ’70, è stata designata come Zona Economica Speciale (la prima in Cina) a partire dal 1980, diventando quindi uno dei centri economici cinesi più importanti anche per gli investimenti esteri, il che ha portato a uno sviluppo impressionante della città che oggi conta una popolazione di circa 18 milioni di abitanti.

Io personalmente ci sono stato qualche volta, quasi sempre ospite di Andrea, a cui cedo adesso la parola.

“La mia prima volta in Cina è stata nel 2008, per un corso di lingua cinese a Pechino. Il cinese era anche la mia specializzazione all’università, e il mio sogno era quello di diventare un insegnante di filosofie orientali. Siccome il percorso di studi che mi avrebbe portato a realizzare il mio sogno era lungo, ho cominciato a lavorare in un altro campo, visto che avevo comunque bisogno di soldi per mantenermi.

La mia prima esperienza di lavoro mi ha portato negli Stati Uniti, nel settore dell’arredamento, ma avevo nostalgia del tempo passato in Cina, che per me era stato molto bello anche perché, come ho già detto, a me interessano molto anche la cultura e la filosofia di questo Paese, e così mi sono licenziato, lasciando forse da incosciente un lavoro a tempo indeterminato, per cercare un’occupazione che mi permettesse di tornare in Cina, e l’ho trovata sempre nell’ambito dell’arredamento domestico. In questo modo ho rinunciato alla mia aspirazione di diventare un esperto di filosofie orientali, ma non al mio desiderio di continuare a vivere in Cina”.

Ho chiesto ad Andrea di parlarmi nello specifico del suo lavoro qui in Cina, e lui ha risposto in modo esaustivo.

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“La mia posizione lavorativa qui è sempre stata un po’ particolare rispetto ai miei connazionali in Cina che lavorano quasi tutti per aziende italiane, mentre io ho sempre lavorato per aziende cinesi, studiando bene i loro metodi di lavoro e tutto ciò che concerne il modus operandi dei cinesi nell’ambito degli affari.

A partire dall’anno scorso però, ho intrapreso un nuovo percorso lavorativo, mettendo a disposizione delle aziende italiane tutto il mio bagaglio d’esperienza, vestendo i panni di consulente per marchi di lusso italiani molto importanti, come Rimadesio, Officine Gullo e Roberto Cavalli Home.

Il servizio di consulenza che offro consiste nell’ aiutare questi brand a capire come muoversi nel mercato cinese, comprendere i gusti dei cinesi, il loro modo di fare affari, le tempistiche da seguire, in modo da raggiungere più velocemente gli obiettivi che un’azienda si pone quando entra in un mercato così grande e pieno di opportunità come quello cinese, e andare un po’ a colpo sicuro.

Il mio obiettivo è quello di lavorare a cavallo tra Italia e Cina, spostandomi periodicamente da un Paese all’altro, in modo da garantire continuità di lavoro anche ai tre dipendenti cinesi della mia agenzia di consulenza, con i quali ho legato molto, tanto da poter dire di aver creato un vero ambiente familiare con loro.

Attualmente lavoro a Shenzhen, ma non sono stato sempre qui.

Ho lavorato anche a Hong Kong per tre anni, ma quasi ogni weekend mi recavo a Shenzhen (a pochi chilometri di distanza, il confine è superabile a piedi in diversi punti della città) perché mi è sempre piaciuta come città, rispetto a Hong Kong è molto più economica (Hong Kong ha costi molto più alti di qualunque città della Cina) e molto meno affollata, e anche perché è decisamente meno inquinata delle grandi città del Nord della Cina, ed è una città moderna, che si è sviluppata molto di recente.

Per quest’ultimo motivo, la città è piena non solo di stranieri, ma anche di forestieri, ovvero cinesi che provengono da altre province, attratti dall’enorme potenziale economico della città, e ciò permette di fare più facilmente amicizia con loro, essendo gente che vive la mia stessa situazione di nuovo arrivato”.

Andrea in passato ha lavorato anche a Shanghai, città che quest’anno ha subito il lockdown più duro in questi tre anni di pandemia, e a volte ci torna per lavoro, ma per sua fortuna non era lì durante il lockdown, anche se naturalmente pure lui ha notato l’evoluzione negativa della gestione della pandemia in Cina

“Quest’anno l’epidemia di Covid ha provocato seri problemi in Cina, a differenza dei due anni precedenti, dove la situazione è stata controllata obiettivamente bene, con misure messe in atto prontamente ed efficacemente, ma quest’anno con questi lockdown sporadici ma severissimi, la gente comincia a essere stanca, e non solo molti stranieri che stanno andando via rinunciando ai loro investimenti in questo Paese, ma i cinesi stessi non sono più sicuri di investire in nuove attività, perciò credo che queste misure stiano sicuramente deprimendo l’economia”.

Andrea in Cina non ha trovato solo il lavoro e nuove conoscenze culturali, ma anche l’amore; a Shenzhen infatti sei anni fa Andrea ha conosciuto Ekaterina, ragazza russa arrivata in Cina per motivi di studio, e dopo il matrimonio è nata Arianna, che adesso ha quattro anni e mezzo.

“Nostra figlia è nata in Cina e qui ha frequentato anche l’asilo per un periodo, quindi praticamente il cinese è diventato la sua prima lingua, anche se adesso che è in Italia parla soprattutto italiano e russo.

Per noi era importante che lei assimilasse anche la cultura cinese, visto che la Cina è il luogo dove i suoi genitori si sono conosciuti e lei è nata e perché a mio parere la millenaria cultura cinese arricchisce l’individuo se compresa a fondo, di questo sono ancora convinto anche se negli anni ho abbandonato questo percorso formativo”.