
«La solitudine è ascoltare il vento e non poterlo raccontare a nessuno»
(Jim Morrison)
Ho vissuto giorni densi di emozioni, incontri, abbracci. Ero a FierIdA, la fiera nazionale dell’Istruzione degli Adulti, organizzata dalla RIDAP che è la rete italiana dei CPIA, che sono le Scuole Statali per Adulti.
Mi sono rivisto con colleghi d.s. e docenti, alcuni ormai vecchi amici, altri nuovi conoscenti. Ci siamo incrociati, abbiamo condiviso, ci siamo reciprocamente interrogati e ascoltati.
Personalmente ho ricevuto una quantità smisurata di coccole, autentiche gratificazioni umane e professionali. Ma non mi dilungherò oltre su questa esperienza.
Piuttosto vorrei soffermarmi sulla riflessione che, per l’ennesima volta, eventi come questo originano in me.
È come se per un momento riuscissi a intuire, nel medesimo punto, un senso di completezza e di vuoto, quel che mi riempie e quel che sempre manca.
Ho visto tutti noi, accorsi da ogni angolo d’Italia, col-legati, legati insieme: stessa passione, cioè il mondo dell’istruzione, stesso entusiasmo, stesse difficoltà, stessa stanchezza e, su tutto, la voglia di riuscire, tutti insieme, a rendere un pochino migliore anche solo un pezzettino di questo nostro pazzo e spesso disorientato mondo.
E d’altra parte, dopo esserci riuniti, dopo esserci scambiati pacche sulle spalle, la consapevolezza di dover tornare a casa, ognuno disseminato sul proprio territorio, ognuno chiamato ad un terribile e spesso anonimo quotidiano, ognuno in qualche modo isolato, come seme sotto terra.
Mi è parsa come una allegoria della condizione umana: aneliamo tutti alle relazioni che ci fondano e costituiscono, tutti abbiamo bisogno di sentirci accolti e riconosciuti, tutti discendiamo da un abbraccio primigenio e generativo. Eppure tutti restiamo soli nella nostra unicità.
Credo, ancora una volta, che quel che conti sia non cadere nell’inganno di spezzare la contraddizione. Non è che noi “o” siamo soli “o” siamo in relazione. Noi siamo “e” soli “e” in relazione.
Posso riconoscermi in un “noi” perché qualcuno mi ha detto “io” e nella misura in cui non smarrisco la mia identità posso dare il mio contributo alla costruzione di un “noi” più luminoso.
Senza dimenticare che, per quanto piccolo e insignificante possa essere il contributo di ciascuno, in realtà non è mai né piccolo né insignificante, perché è solo nostro e nessun altro potrà offrirlo al posto mio e tuo. Forse è questo il senso recondito dell’essere semplicemente umani, unici e universali al tempo stesso.
Caro lettore, adorata lettrice,
chiunque tu sia, ovunque ti condurrà il tuo viaggio, ovunque sarà la tua dimora, che sia un passo alla volta il tuo cammino, che sia autenticamente tuo: e che sia verso un noi dal cielo sempre più blu. Non c’è paralisi che possa fermare un vero camminatore e solo chi sa andare conosce anche la strada del ritorno.
Marcel Proust: «Il vero viaggio di scoperta non consiste nel cercare nuove terre, ma nell’avere nuovi occhi».
J. M. Nouwen: «La solitudine è il luogo della purificazione e della trasformazione, della grande lotta e del grande incontro».
Martin Buber: «Tutto il vero vivere è l’incontro. L’incontro non è nel tempo e nello spazio, ma lo spazio e il tempo sono nell’incontro».
Paolo,
I enjoyed this post, and it made me think and reflect that, in every genuine encounter, we discover ourselves as part of a greater ‘we,’ while preserving our precious inner solitude. Our human journey is born in this balance—a unique path that lights up the world, one step at a time, toward hopefully ever-bluer skies!
Thank you very much, dear Cheryl, in your comment you captured key words for me: the importance of balancing solitude with a ‘greater us’, one step at a time, towards a bright blue sky.