Il film dell’anno

Con le sue tredici nominations agli Oscar, ”Emilia Perez” si candida, ufficialmente, ad essere considerato il film dell’anno. La pellicola diretta da Jacques Audiard, infatti, non è solo un manifesto LGBTQ+, ma sembra anche una denuncia contro l’attuale presidenza trumpiana e la sua emanazione di decreti volti a ripristinare nozioni di genere old style, a dimostrazione di quanto Hollywood rigetti le dinamiche politiche del nuovo governo.

Pur tecnicamente inserito nella categoria “foreign language films”, ”Emilia Perez” lancia un messaggio universale, costruendo intorno all’identità di un personaggio transgender la catartica morale di un cambiamento di vita, è un musical sui generis in cui i brani assumono le sembianze diegetiche ed introspettive di chi lo interpreta (Zoe Saldana e Selena Gomez) a mo’ di distacco tra la sfera femminile ed il mondo maschilista che la circonda.

I toni melodrammatici da soap latino-americana prendono, spesso, il sopravvento sulla lotta alla criminalità dei cartelli messicani, e anche la storia d’amore tra Emilia e Adriana finisce sotto le macerie di una corruzione non espiata, da cui l’unica via d’uscita è, appunto, la trasformazione epidermica.

Siccome “cambiare sesso significa cambiare la società e cambiare la società cambia l’anima“, il dualismo sessuale presente nell’opera simboleggia proprio la contrapposizione fra la scelta individuale e la sorte collettiva sociale. Manitas ed Emilia tentano un rinnovamento, ma l’approccio decisionale estremista non reprime la delinquenza istintuale della sua indole.

In ”Emilia Perez” l’armonia dei dialoghi è mirata alla ricerca di un’autenticità mai del tutto ritrovata, è il vero che si cela dietro la finzione, l’amore agapico verso i propri figli o verso tutti gli spettatori che non possono esimersi dall’esprimere un giudizio netto e, per questo, necessariamente calzante, la magistrale interpretazione del primo trans in lizza per la statuetta, Karla Sofía Gascón, (premiata a Cannes, insieme al riconoscimento della Giuria) si incastra perfettamente nel registro, razionale ed onirico, di una sceneggiatura e una fotografia pensate per non lasciare indifferenti.


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Iscritto all'Ordine dei Giornalisti della Puglia, ho iniziato a raccontare avventure che abbattono le barriere della disabilità, muri che ci allontanano gli uni dagli altri, impedendoci di migrare verso un sogno profumato di accoglienza e umanità. Da Occidente ad Oriente, da Orban a Trump, prosa e poesia si uniscono in un messaggio di pace e, soprattutto, d'amore, quello che mi lega ai miei "25 lettori", alla mia famiglia, alla voglia di sentirmi libero pensatore in un mondo che non abbiamo scelto ma che tutti abbiamo il dovere di migliorare.

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