
«O sei roso dai morsi della coscienza, o da quelli della fame»
(A. Buonocore)
Ci insegnano che il punto di non ritorno sia uno e uno solo.
Ci insegnano a colorare nei margini.
Ci insegnano a scrivere in corsivo senza mai iniziare dal basso.
Ci insegnano a leggere le corrispondenze fra una lettera ed una immagine. Quella immagine, non un’altra.
E lo decidono loro.
Ci programmano.
Ci provano.
Ci tentano.
Ci riescono.
E si dimenticano che l’homo Habilis non ha avuto bisogno di niente per trasformarsi in homo Erectus.
Una cosa, una sola cosa gli è servita: il bisogno.
Il bisogno di smettere di camminare piegato e alzarsi, mettersi dritto sulla schiena per afferrare il cibo.
Quando uno ha fame, ha fame, non ci sono altre vie: deve mangiare, madre natura non la ferma nessuno.
Mangia, e con quella energia attiva le sinapsi, si mette a ragionare, passa a Neanderthal e… apoteosi! Diventa homo Sapiens. Il più sonoro cretino che si ricordi nella storia dell’umanità.
Quello che ha imparato bene una cosa che leggevo stamane in rete: quando ha fame, mangia una mela.
Vorrei proprio vedere se Habilis, con la fame ancestrale, scegliesse di alzarsi per prendere le bacche dimagranti, invece di divorare un cinghiale.
Ci illudiamo di poter scegliere, di poter lasciare il podio al senno.
Ed è pur vero che quel senno Dio ce lo ha dato, però non è così che lo ha chiamato.
Il suo nome è Hokma, in italiano diventa Sapienza, colei che Gli girava intorno ancor prima che Lui creasse qualsiasi cosa.
Non sarò io a dirvi cosa possa o debba significare per ciascuno: ho profondo rispetto per la libera interpretazione.
Ma dacché scrivo, posso dirvi cosa significa per me: sarò morta e sepolta, non lo vedrò accadere, però accadrà…
La Sapienza ci restituirà il senso di fame.
E con la mela ci faremo le ciambelle.
Andremo a prenderci il cinghiale.
E la terrà sarà fatta salva.
Molto, molto, molto dopo il 2030.