Stamattina ho fatto una scoperta che tempo fa mi avrebbe allarmata, direi sconvolta.
Mentre asciugavo la mia riccia chioma multicolor, frutto di svariate tinture ormai tutte datate e da rifare, noto alla base dei capelli un manipolo, un bel manipolo di capelli argentei, eufemismo delizioso per dire bianchi.
Capelli bianchi. Io?
Scattano in piedi sull’attenti tutte le paranoie dettate dall’età che ovviamente avanza.
E passino le rughe d’espressione di Magnani(ma) rassegnazione, passi quel chiletto di troppo, due va, piazzati ormai modello “posto fisso” sul lato B che diventa d’ufficio un lato C. Passi pure il progesterone impazzito che fa quel cavolo che vuole un mese sì e tre no. Passi tutto.
Ma una testa di cavolo canuta non l’avevo ancora messa nel repertorio delle sfighe geriatriche a cui so di dover andare incontro.
Ma accade l’inaspettato.
Mi sfilano davanti agli occhi tutti i modelli di bellissime donne del cinema, mature con capigliatura argentea, ma mi sfila davanti agli occhi anche il ricordo di uno spot dove una nonna con i capelli grigi smacchiava camicie con la candeggina.
Ecco potrei provare con la candeggina.
Potrei farmi l’ennesima tinta, che sarà mai?
E se invece tenessi questo meraviglioso colore del tempo che passa?
Il tempo passa inesorabilmente. E non me lo dicono solo i miei capelli che posso camuffare, me lo dice la vita stessa.
Vita.
Del resto in una società che sta inesorabilmente invecchiando ma che insiste con il mito dell’eterna giovinezza, è quasi impossibile dare spessore al processo di invecchiamento. Difficile avanzare negli anni nei tempi della chirurgia estetica, delle manovre antiage, della dilatazione continua delle età di mezzo. Oggi non si diventa più vecchi, si fa finta di essere giovani.
Io sono veramente una vecchia, una giovanissima vecchia.
E se è vero che è proprio a 50 anni che la curva della felicità riprende la sua corsa perchè diamine dovrei fingere di averne dieci di meno, considerando che sono pure stati i peggiori della mia vita?
Ben vengano quindi questi capelli bianchi, li festeggerò oggi e domani, e anche il 22 giugno quando sarò una splendida vecchietta di 50 anni.
Oggi difendo l’orgoglio grigio di una testa che pensa.
E non si colora.

Laura Binello

 

 


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Classe 1964, piemontese di Asti, legata affettivamente ed intellettualmente alla città di Andria. Sono un'infermiera che a bordo di una panda compie viaggi di cura e di relazioni umane utilizzando la narrazione come canale comunicativo e terapeutico. In un mondo sempre più frenetico e in una sanità sempre più medicalizzata la vera rivoluzione è prendersi tempo, il tempo della relazione, dell'aiuto, dell'ascolto, della condivisione. Scrivo per passione e per necessità. Ogni viaggio è un romanzo sulla punta delle dita, ogni storia è per me una pagina bianca su cui rielaborare un percorso di cura sia per la persona sofferente che per me stessa. Promuovo e sostengo nel quotidiano un modello di vita slow e nell'attività professionale adotto un modello sistemico di cura e relazione secondo la Slow Medicine.