Quanto ci piace viaggiare? Tutti noi abbiamo un enorme desiderio di andar via dalla propria città, dalla solita routine, staccare, anche per un breve periodo. Fuggire! Tutti fremiamo all’idea di poter partire, lontano, quasi con la convinzione di non far più ritorno in patria a volte per non affrontare gli innumerevoli problemi della vita di tutti i giorni.
Spesso affrontiamo la cosa quasi da vigliacchi, scappiamo via da una situazione ostile a noi stessi, spesso vogliamo solo cambiare aria e svagarci. Ovviamente, si viaggia anche per scoprire nuovi luoghi, ammirare le bellezze del mondo come monumenti, rovine paesaggi incantevoli… Sì ma poi? Cosa ci rimane? “Ho visto la Tour Eiffel, l’anno scorso, sapessi quanta è bella Parigi da lì”.
Partendo dal presupposto che Parigi è davvero bella vista da lassù, senza dubbio, ci siamo mai accorti di essere dei visitatori frettolosi? Ci limitiamo alla nostra vacanza, racchiusa nel periodo di ferie concesse, piuttosto che alla nostra formazione personale. “La conoscenza dei costumi umani richiede tempo”, diceva Chateaubriand. Niente di più vero!
Tutti pronti a fare migliaia di foto a questa o a quella cosa: riempiamo la memoria del nostro cellulare con innumerevoli selfie raffiguranti noi e alle spalle il Colosseo, il Big Ben, la Statua della Libertà o perché no il Taj Mahal. Insomma, nulla di più di un’immagine.
Ma viaggiare, forse, non è questo! Il viaggio coincide con la vita, perché ci aiuta a crescere, imparare modi di vivere diversi dal proprio per non rimanere rinchiusi nelle quattro mura della propria città, della propria identità. Vedere il mondo da una prospettiva differente, questo è l’obiettivo.
Rimanere affascinato dalle “stranezze” di un altro popolo, dall’estrema puntualità e precisione degli inglesi in ogni cosa, dalla capacità di far festa degli spagnoli e degli americani e il loro essere sempre sorridenti, dal modo in cui i tedeschi sembrino non risentire della crisi, con i loro immensi grattacieli quasi per farci un dispetto, o dall’invettiva pazzesca di giapponesi e cinesi. Indescrivibile sul serio! Ciò non vuole togliere nulla a noi italiani, per carità. Abbiamo tante di quelle cose da offrire, se solo ne facessimo un uso più intelligente… saremmo il popolo più affascinante del pianeta!
Adesso, però, immaginiamo per un attimo di partire per un altro viaggio completamente diverso, niente aerei o treni, nessun check-in in aeroporto, nessuna valigia da preparare, con la solita preoccupazione di aver dimenticato qualcosa. Biglietto di sola andata, il ritorno si vedrà. L’immaginazione, l’avventura più elettrizzante che ci sia. Per quale motivo? Semplice, fantasticare va oltre il frenetico gironzolare per le vie della città, rimanere a bocca aperta davanti ad una vista mozzafiato, va assolutamente oltre. Sviluppa quella capacità di vedere la realtà diversa da com’è poiché riusciamo a costruire intorno a noi un universo ideale, pieno di vita, ricco di colori e forme che forse non esistono neanche, tutti ci sorridono e tutto sembra migliore di ciò che ci circonda tutti i giorni.
Viaggiando con la nostra mente, niente può farci del male. Chi meglio dei bambini può confermarcelo. Ricordate, da piccoli tutti noi fantasticavamo quotidianamente, con l’innocenza e il coraggio di chi, pur essendo un nanetto, vorrebbe conquistare il pianeta. S’accresceva sempre di più il desiderio di scoprire, imparare, affrontare mille avventure. Volevamo crescere perché, in fondo, i “grandi” viaggiano in continuazione, ma quando si è “piccoli”, si apprezza di più l’esperienza, riusciamo a cogliere il lato migliore di ciò che vediamo, anche se apparentemente insignificante.
L’aspetto “quasi negativo” sarà, però, il ritorno, da entrambi i viaggi. Quando sogniamo ad occhi aperti, il vero trauma è concepire che è tutto frutto della nostra immaginazione, d’altronde, basterà chiudere gli occhi per tornare a star bene; invece, ritornare alla vita di tutti i giorni, dopo un viaggio reale, è deprimente un po’ per tutti, specialmente se affrontiamo una realtà decisamente meno idilliaca di quella che lasciamo alle spalle.
Nonostante ciò, la nostalgia dei luoghi a noi familiari, i nostri spazi, le nostre abitudini, la nostra vita insomma, noiosa quanto mai e dalla quale eravamo fuggiti, ci mancherà così tanto che automaticamente saremo spinti dal desiderio di ritornare. Del resto, nessuno riesce ad amare davvero il proprio paese se non l’ha abbandonato almeno una volta, con l’idea che fosse per sempre.
In definitiva, probabilmente dovremmo fermarci di più e girare di meno per assaporare meglio il gusto del nostro viaggio. Viaggiare è una delle tante facce della felicità. È passione! Una passione coronata dal fatto che a ogni nostro ritorno saremo impazienti di intraprendere un altro viaggio e poi altri mille ancora.