Avvicinarsi al sole per fuggire dal mondo…

A scuola ci hanno insegnato il famoso mito di Dedalo ed Icaro. Icaro per volare più in alto, si avvicinò così tanto al sole che la cera delle sue ali, attraverso la quale erano state incollate le sue penne, si sciolse ed il giovinetto morì. Questa narrazione è stata da sempre usata per insegnare il senso del limite, richiamare il fatto che non ci debbano essere sconfinamenti e mantenere l’ordine costituito: pena la morte.

Ho scoperto che Paolo di Samosata, satirico del II secolo d.C., ne fa un resoconto diverso. Egli immagina di incontrare Icaro negli inferi ed ironicamente gli fa notate la sua ingenuità di avvicinarsi al sole. Icaro si arrabbia con lui, poiché la scelta di avvicinarsi al sole fu la conseguenza di una fuga dal mondo, causa di immenso dolore e sofferenza dopo la schiavitù. Icaro infatti ha scelto di sognare, di fuggire, di volare, andando dentro il suo sogno: questo lo ha portato a morire.

Tale modo di presentare Icaro fa pensare a tanti nostri giovani che, come lui, non hanno un posto nel mondo, non hanno spazio per le loro opinioni, non hanno speranza per un lavoro. Icaro passava di isola in isola, secondo il racconto di Paolo di Samosata, ma nessuna era accogliente. Per questo abbraccia il suo sogno, rifiutando lacrime e dolore e ricusando il rumore della paura. Come nel grembo di una madre, ruota per aria senza pensieri fuggendo nella sua poesia celeste.

È la fuga nei sogni che porta a non avere i piedi per terra, a cercare l’isolamento, la lontananza fino a sperimentare la morte. Quante isole oggi non accolgono, rubando la speranza. Quanta politica ha ucciso il bene comune, quanta arroganza ha umiliato i buoni, quanta superbia ha schiacciato gli umili, attraverso il giudizio ipocrita e farisaico.

Quanti Icaro hanno cominciato a volare per non restare ingabbiati in quelle isole fatte di sofferenza, lacrime e dolore. Dietro ad ogni Icaro che cade c’è un omicidio sociale, la cui arma si chiama indifferenza. Gli Icaro scelgono di sognare morendo, piuttosto che sopravvivere odiando.

“È inutile cercare un’isola bella” si sente dire; ma solo fin quando le nostre isole non le rendiamo tali noi. Tocca a noi donare il cielo ed il sole agli Icaro di oggi. Quanta gente, come Icaro, è incolpata delle conseguenze dei suoi sogni, mentre non ci si chiede se ogni fuga è la conseguenza della negazione del desiderio e della speranza.

La società, la religione e il senso comune possano riscoprire i tanti Icaro, donando loro il vero volo poetico che è l’amore, la sola forza che travalica lo spazio ed il tempo, facendo pregustare il cielo e la pienezza del sole, in una vita sovrabbondante.


1 COMMENTO

  1. Curioso il cenno storiografico reso da Paolo di Samosata. Ci da la vera chiave di lettura in merito alla fine di Icaro “il sognatore”. Ma qui il problema: la sua scelta di sognare morendo contrapposta a quella di sopravvivere odiando. No, per niente. Icaro rimane Icaro e morira’ sognando mentre Spartaco morirà combattendo anche se dopo aver odiato come lui. Le “isole” ormai sono invise a tutti (ancora la maggior parte perche’ è natura) ed anche a chi “sopravvive” con mille euro al mese e sceglie comunque di vivere per far vivere la sua famiglia e tutto ciò per cui è nato. Quanti Icaro consegneremmo cosi al mondo? E quanti Spartaco invece ne darebbero molto più senso?

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