VERSO IL REFERENDUM: I PADRI COSTITUENTI

Ha combattuto la Resistenza, ha scritto la nostra Costituzione, ma poi ha scelto il silenzio diventando sacerdote e chiudendosi nella comunità da lui stesso fondata, “La piccola famiglia dell’Annunziata”.

L’Italia deve tanto a Giuseppe Dossetti, il Padre Costituente passato dall’Assemblea incaricata di scrivere la Costituzione al Concilio Vaticano II. Dal suo stesso partito, la Democrazia Cristiana di cui fu vicesegretario, è stato sempre considerato un personaggio scomodo. Fu quasi quotidianamente in collisione con De Gasperi, anche se i momenti di maggiore tensione tra le due anime della Dc furono quanto alla linea da seguire nel referendum del 1946 e quanto alla decisione di aderire al Patto Atlantico.

Abbandonata la politica, quando si presenta al Concilio Vaticano II al seguito del cardinale Lercaro, incuriosisce tutti per la sua umiltà e il suo aspetto da asceta. L’ex deputato e costituente porta in Concilio le sue idee su una Chiesa povera e vicina ai poveri.

Ha 50 anni, da poco più di due anni è sacerdote, ma nel suo passato c’è stato di tutto. È stato un giurista, un professore universitario, un combattente nella Resistenza, ma soprattutto, prima di sedere tra i teologi che durante il Concilio cercano di ridisegnare la Chiesa, Dossetti è stato in Parlamento, tra i deputati eletti all’Assemblea Costituente per scrivere la nostra Costituzione.

Eletto tra le file della Democrazia Cristiana, fu infatti un Padre Costituente, facente parte della commissione dei 75. Da giurista si occupò della stesura della Carta nella parte che riguarda i diritti e doveri dei cittadini. Importante fu il suo contributo sulla stesura dell’articolo 1° e sull’inserimento dei Patti Lateranensi nella Carta.

Nel 1996, in una delle sue ultime apparizioni pubbliche, il monaco Giuseppe Dossetti ricorderà il clima in cui è nata la nostra Carta Costituzionale:

“Alcuni pensano che la Costituzione sia un fiore pungente nato quasi per caso da un arido terreno di sbandamenti postbellici e da risentimenti faziosi volti al passato. Altri pensano che essa nasca da una ideologia antifascista di fatto coltivata da certe minoranze, che avevano vissuto soprattutto da esuli gli anni del fascismo. Altri ancora, come non pochi dei suoi attuali sostenitori, si richiamano alla Resistenza, con cui l’Italia può avere ritrovato il suo onore e in certo modo si è omologata a una certa cultura internazionale. In realtà, la Costituzione italiana è nata ed è stata ispirata da un grande fatto globale, cioè i sei anni della seconda guerra mondiale”.

Il “professorino” Dossetti, come spesso veniva chiamato dai suoi detrattori, nella Commissione dei 75 fu molto attento ai diritti e ai doveri delle persone anche dal punto di vista economico, è per questo che rifiutò il modello costituzionale francese del 1789 mentre accolse con favore il modello della costituzione di Weimar. Convinto della necessità di introdurre una repubblica presidenziale nella neonata Repubblica Italiana, incerto sull’utilità delle due camere, Dossetti considerava la Costituzione come il fondamento morale dell’Italia dopo la dittatura e la guerra.

Dopo la stesura e l’entrata in vigore della Costituzione, Dossetti abbandonò pian piano la politica. Il suo partito, la Democrazia Cristiana era guidata da De Gasperi, il più acerrimo nemico di Dossetti. Erano due uomini, due cattolici molto diversi, ma ad entrambi si deve la rinascita morale e istituzionale dell’Italia. Dimenticato dalla politica, la sua idea di unire cattolici e comunisti tornerà alla fine della Prima Repubblica quando, spariti i partiti protagonisti di quegli anni, si proverà a unire tutto il centrosinistra italiano.

Nel 1956, sfiancato dalle lotte interne al partito, Giuseppe Dossetti prende i voti. Dopo gli anni dell’insegnamento universitario, della Resistenza e dell’impegno politico, Dossetti sceglie il silenzio e la preghiera. È ordinato sacerdote dal cardinale Lercaro nel 1959.

È con lui che segue i lavori del Concilio Vaticano II. Come accaduto quindici anni prima in Assemblea Costituente, Dossetti con altri uomini provenienti da diversi paesi, chiamati da Giovanni XXIII, provano a rifondare non più solo l’Italia, ma tutta la Chiesa.

Gli ultimi anni della sua vita Don Giuseppe Dossetti li trascorrerà in Israele.

Il padre costituente tornerà in Italia, nella Comunità monastica di Monteveglio da lui stesso fondata, per morire.

Ma prima, il sacerdote torna ad essere un politico e tuona contro l’attuale politica italiana.

È il 1996, la crisi della prima repubblica ha portato alla ribalta partiti politici nuovi. Dossetti è preoccupato, teme per la Costituzione che lui stesso ha scritto.

La Dc, il suo partito, non esiste più. Ma i cristiani sembrano ricompattarsi dietro nuovi leader. Dossetti non ci sta: “I cristiani si ricompattano solo sulla parola di Dio!”

Da Padre Costituente, voterebbe sì o no al prossimo referendum costituzionale?

Ci metterebbe in guardia, come fece nel 1996, sulla notte della politica italiana, sulla crisi morale, sulla fine dei valori? Non possiamo rispondere a questa domanda.

Forse, se oggi fosse qui, Don Giuseppe Dossetti preferirebbe parlare di Chiesa povera tra i poveri, e sarebbe felice che, 50 anni dopo il Concilio Vaticano II, un pontefice romano come papa Francesco usi finalmente queste parole.

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