
o luna Postmoderna
Tingere le lacrime d’un colore metallico,
appassire a contar gli uomini nei mercati di sole.
Si visse,
alla rincorsa in soffitta,
fulminati
dall’ascensore violenta,
una luce, un ricordo,
l’ultimo pranzo veloce
tra le rotaie del tempo
e fu già eterna notte
a disfare la culla
per segnare celere
al confine del vento
un appello gridato,
un titolo appeso
con al collo una croce.
Ghiacciata
la bevvi l’ultima premuta di luna
e ghiacciata era l’acqua,
più fredda d’un labirinto d’acciaio
che scorticava il sorriso
quando m’affacciavo a vivere
nella ripresa del coito
d’una danza incalzante
ad un prezzo di morte
che era quasi eccitante.