Galoppo in un sogno profondo,

sopra cinerei orizzonti apocalittici,

dove l’aria, satura di ossidi rari,

attanaglia il respiro che si fa affannoso:

il cuore aumenta il ritmo

e scalpita con l’animale…

Fermenti e traumi ecologici.

Rispetto mancante per una natura

arresa, spoglia, umiliata, sconfitta…

Galoppo sopra un limbo di sole glaciale

ignaro di Dio e del Suo geniale…

Galoppo sopra vulcani di formiche drogate;

sopra sembianze di mogli ripudiate…

E galoppo verso un giorno

che oramai non arriva:

inghiottito da un abisso di nulla,

da orde di neri africani,

da gialli asiatici e cerei americani,

fecondatori del male e di generi fecali…

Lo scompiglio dell’anima m’assale,

distrugge la mente, ma galoppo.

Le idee, i pensieri, i ricordi,

appesi ad alberi di plastica

che un giorno furono ulivi, ma galoppo.

Futuri regni di cadaveri,

brulicanti di vermi, galoppando prevedo…

E galoppo tra gabbiani impazziti,

arroganti, nei loro voli sinuosi,

sopra un mare stemperato nei suoi colori;

sopra discariche di taniche,

vuote come le promesse;

sopra miriadi di stronzi vermigli:

seri, assorti, fumanti,

mentre sfuma l’astratta realtà del tempo…

E galoppo sopra fanciulle indifese

dal pianto perenne,

sopra stalattiti di corna ossidate,

sopra lapidari

segni di sincera gratitudine,

di riconoscimento a chi

verginità ha perduto.

E galoppo!

Galoppo ancora,

con la milza a pezzetti

e il cuore sugli occhi…

Avanti e indietro nel tempo:

senza ore, senza luce,

dove il tutto è niente

e l’inizio è già fine.

Galoppo nell’etere,

fra squittenti cori angelici:

dispotici, assordanti…

Nevrotico, galoppo, e gareggio,

con autisti falliti, senza membri

(recisi da spose gelose)

che bruciano i figli, per farne benzina…

Galoppo fin sopra un’aia spaziale

dove ha fine la mia cavalcata

e dove smonto dal mio cavallo,

un bizzarro cavallo di “Frisia”…

lasciandolo impastoiato,

fra mille, stanchi e dismessi,

in un desolato, inquinato,

minato prato di ruggine…

 

San Ferdinando 1l/07/1994

 


FonteFoto di Dorota Kudyba da Pixabay
Articolo precedenteLa non verità
Articolo successivoIl potere e la bellezza del Tango
Salvatore Memeo è nato a San Ferdinando di Puglia nel 1938. Si è diplomato in ragioneria, ma non ha mai praticato la professione. Ha scritto articoli di attualità su diversi giornali, sia in Italia che in Germania. Come poeta ha scritto e pubblicato tre libri con Levante Editori: La Bolgia, Il vento e la spiga, L’epilogo. A due mani, con un sacerdote di Bisceglie, don Francesco Dell’Orco, ha scritto due volumi: 366 Giorni con il Venerabile don Pasquale Uva (ed. Rotas) e Per conoscere Gesù e crescere nel discepolato (ed. La Nuova Mezzina). Su questi due ultimi libri ha curato solo la parte della poesia. Come scrittore ha pronto per la stampa diversi scritti tra i quali, due libri di novelle: Con gli occhi del senno e Non sperando il meglio… È stato Chef e Ristoratore in diversi Stati europei. Attualmente è in pensione e vive a San Ferdinando di Puglia.