La sintesi delle sintesi diocesane

Il 18 agosto 2022 è stata pubblicata la Sintesi nazionale della fase diocesana del processo sinodale che si sta vivendo in Italia (il testo integrale lo si può leggere qui).

In tale sintesi, sono confluiti i temi e le sollecitazioni delle sintesi diocesane pervenute alla Segreteria Generale della CEI a fine giugno. Sono giunte ben 200 sintesi diocesane e 19 quelle provenienti da altri gruppi per un totale di più di 1.500 pagine.

Questa prima fase del sinodo, detta “narrativa” (2021-2023), ha visto un coinvolgimento ampio ed eterogeneo, che è andato al di là del perimetro ecclesiale con lo sforzo di raggiungere anche i mondi della politica, della scuola e dell’università, fino a giungere in quei luoghi abitati dalla sofferenza e dalla cura, dalle situazioni di solitudine e di emarginazione.

Il metodo della conversione spirituale, che ha caratterizzato questa prima fase del cammino sinodale, ha permesso uno scambio autentico, ma ha fatto emergere anche quelle annose questioni che ne hanno affaticato il passo: “il clericalismo, lo scollamento tra la pastorale e la vita reale delle persone, il senso di fatica e solitudine di parte di sacerdoti e di altre persone impegnate nella vita della comunità, la mancanza di organicità nella proposta formativa, l’afasia si alcune liturgie” (p. 3).

L’atteggiamento con cui i membri del sinodo hanno analizzato tali questioni non è stato evidentemente quello della rassegnazione o della rivendicazione, ma quello del ripensamento e della profonda riforma di queste dinamiche.

Il documento che si sta presentando, inoltre, ha raccolto le riflessioni emerse dalle sintesi diocesane in dieci nuclei, i quali non vanno considerati come categorie astratte, predeterminate, ma “ogni nucleo va inteso come una dimensione, una declinazione o un ambito del camminare insieme. In questo senso, i dieci nuclei non sono alternativi, ma complementari; alcuni espressi come verbi, altri come sostantivi, proprio per rispettare le risonanze con cui sono espressi. La loro pluralità non rappresenta un limite da superare, attraverso un’operazione di omogeneizzazione o di gerarchizzazione, ma contribuisce a custodire il fondamentale pluralismo dell’esperienza delle Chiese in Italia, con tutta la varietà di accenti e sensibilità da cui sono attraversate e di cui sono portatrici” (p.4).

Ecco sinteticamente i dieci nuclei:

  1. Ascoltare: “L’ascoltare e il sentirsi ascoltati sono certamente la grande riscoperta del processo sinodale e il suo primo inestimabile frutto, insieme al discernimento. Uno dei dati più evidenti è il riconoscimento del debito di ascolto come Chiesa e nella Chiesa, verso una molteplicità di soggetti. […] L’ascolto chiede di far cadere i pregiudizi, di rinunciare alla pretesa di sapere sempre che cosa dire, di imparare a riconoscere e accogliere la complessità e la pluralità. […] Un ascolto autentico è già annuncio della buona notizia del Vangelo, perché è un modo per riconoscere il valore dell’altro, il suo essere prezioso. L’ascolto è allora tutt’uno con la missione affidata alla Chiesa ed è principio e stile di un’assunzione di responsabilità per il mondo e per la storia” (p. 4).
  2. Accogliere: “Non si tratta di pensare che chi è parte della comunità ecclesiale debba fare uno sforzo di apertura verso chi rimane sulla soglia. Piuttosto, l’accoglienza è un cammino di conversione per dare forma nella reciprocità a una comunità fraterna e inclusiva che sa accompagnare e valorizzare tutti. Questa consapevolezza consente di superare la distinzione “dentro” /“fuori”. Vivere l’accoglienza significa armonizzare il desiderio di una “Chiesa in uscita” con quello di una “Chiesa che sa far entrare”, a partire dalla celebrazione dell’Eucaristia. […]Tante sono le differenze che oggi chiedono accoglienza: generazionali (i giovani che dicono di sentirsi giudicati, poco compresi, poco accolti per le loro idee e poco liberi di poterle esprimere; gli anziani da custodire e da valorizzare); generate da storie ferite (le persone separate, divorziate, vittime di scandali, carcerate); di genere (le donne e la loro valorizzazione nei processi decisionali) e orientamento sessuale (le persone Lgbt+ con i loro genitori); culturali (ad esempio, legate ai fenomeni migratori, interni e internazionali) e sociali (disuguaglianze, acuite dalla pandemia; disabilità ed emarginazione)” (p. 5).
  3. Relazioni: “Le persone vengono prima delle cose da fare e dei ruoli: questo principio è risuonato più volte nella consultazione sinodale […]. La cura delle relazioni chiede di non lasciarsi ingabbiare da ruoli e funzioni – pur necessari – e di non utilizzarli come recinti in cui chiudersi. […] Le relazioni hanno bisogno di tempo e di cura costante: sono un bene fragile che necessita di energie individuali, di sinergie comunitarie e di accettazione delle fatiche e delle sconfitte. […] L’incontro con le persone non va vissuto come un corollario, ma come il centro dell’azione pastorale” (pp. 5-6).
  4. Celebrare: “La Parola di Dio è riconosciuta come chiave per tornare a essere credibili ed è forte il desiderio di una sua conoscenza più approfondita attraverso modalità quali Lectio Divina, Liturgia della Parola, formazione biblica. Potendo essere guidate da diaconi, religiosi o laici (uomini e donne) formati, permetterebbero di offrire più occasioni di incontro con la Parola e di rispondere alla sete di vita nello Spirito. […] Di fronte a “liturgie smorte” o ridotte a spettacolo, si avverte l’esigenza di ridare alla liturgia sobrietà e decoro per riscoprirne tutta la bellezza e viverla come mistagogia, educazione all’incontro con il mistero della salvezza che tocca in profondità le nostre vite, e come azione di tutto il Popolo di Dio. In tal senso risulta urgente un aggiornamento del registro linguistico e gestuale. Da riscoprire è anche il valore della pietà popolare […]” (p. 6).
  5. Comunicazione: “Risulta diffusa la percezione di una Chiesa che trasmette l’immagine di un Dio giudice più che del Padre misericordioso. Un linguaggio non discriminatorio, meno improntato alla rigidità, ma più aperto alle domande di senso, sembra la chiave per parlare a tante persone in ricerca, per rendere la Chiesa più accessibile, più comprensibile e più attraente per i giovani e i “lontani”, più capace di trasmettere la gioia del Vangelo. Non basta un’operazione di maquillage […].Quanto all’ambiente digitale, se è necessario che la Chiesa stia lì dove le persone trascorrono parte del loro tempo, è altrettanto fondamentale investire in cura e formazione, così da apprendere i nuovi linguaggi e aprire percorsi di senso senza assumere la logica degli influencer, ma puntando a dare forma a comunità aperte e non a “bolle” della fede” (p. 7).
  6. Condividere: “Nelle narrazioni sinodali si percepisce un forte desiderio di riconoscimento del valore della corresponsabilità, che si sviluppa dove le persone si sentono valorizzate, non si percepiscono tradite, violate, abbandonate. La corresponsabilità appare come il vero antidoto alla dicotomia presbitero-laico. La Chiesa appare troppo “pretocentrica” e questo deresponsabilizza, diventando un alibi per deleghe o rifiuti da parte dei laici, relegati spesso a un ruolo meramente esecutivo e funzionale, anziché di soggetti protagonisti, costruttori di un “noi”. Ma non per questo esenti dal rischio di sviluppare forme di clericalismo nella gestione dei piccoli spazi di potere loro affidati. L’emarginazione dei laici riguarda prevalentemente le donne: ciò di cui si sente universalmente la mancanza è una reale condivisione delle responsabilità che consente alla voce femminile di esprimersi e di contare. Particolare attenzione va riservata a religiose e consacrate, che spesso si sentono utilizzate soltanto come “manodopera pastorale”. In ordine alla corresponsabilità, si registra poi il mancato o inefficace funzionamento degli organismi di partecipazione: diverse comunità ne sono prive, mentre in molti casi sono ridotti a una formalità, a giustificazione di scelte già definite” (pp. 7-8).
  1. Dialogo: “Il processo sinodale ha svelato che molte realtà sociali, amministrative e culturali nutrono il desiderio di un confronto più assiduo e di una collaborazione più sistematica con le realtà ecclesiali. Una Chiesa sinodale è consapevole di dover imparare a camminare insieme con tutti, anche  con chi non si riconosce in essa, con chi appartiene ad altre fedi, con chi non crede, imparando a decentrarsi e ad attraversare i conflitti. Dalla cultura attuale può imparare maggiore capacità di dialogo e confronto, nel rispetto delle diverse competenze e dei differenti ambiti, sapendo anch’essa mettersi in discussione, così come dai poveri può apprendere maggiore umiltà e tenacia. Una particolare risorsa per il dialogo è costituita dalla ricchezza di arte e di storia custodita in tante comunità, che può diventare terreno d’incontro con tutti” (p.9).
  1. Casa: “Casa è uno spazio accogliente, che non devi meritarti, luogo di libertà e non di costrizione. Per molti la parrocchia, il gruppo, il movimento sono contesti di vero incontro, di amicizia e di condivisione. Chi si percepisce fuori dalla comunità cristiana spesso osserva invece dinamiche più simili a quelle di un contesto settario o di un “fan club”. Ci si sente estranei di fronte ad aree di specializzazione pastorale, che facilmente si traducono in ambiti di potere. Più che una casa, la comunità viene pensata come un centro erogazione servizi, più o meno organizzato, di cui si fatica a cogliere il senso. Perciò è urgente ripensare lo stile e le priorità della casa. Se accogliere e accompagnare diventano preminenti, tutto deve essere reso più essenziale, a cominciare da strutture e aspetti burocratici. La Chiesa-casa non ha porte che si chiudono, ma un perimetro che si allarga di continuo” (p. 9).
  2. Passaggi di vita: “L’accompagnamento della vita delle persone è ben più ampio della formazione, perché riguarda lo stare a fianco, il sostenere, così da dare alle persone la possibilità di coltivare la propria coscienza credente, di accrescere le proprie risorse relazionali, cognitive, affettive, spirituali, attraverso esperienze condivise. […] Una richiesta condivisa è di ripensare i percorsi di accompagnamento perché siano a misura di tutti: delle famiglie, dei più fragili, delle persone con disabilità e di quanti si sentono emarginati o esclusi. Anche il cammino dell’iniziazione cristiana ha bisogno di transitare alla logica dell’accompagnamento. […] Si rivela inoltre imprescindibile rivedere la formazione iniziale e continua dei presbiteri sia nei contenuti, sia nelle forme, oltre che rafforzare le competenze delle laiche e dei laici impegnati nei diversi ministeri. […] In tal senso, anche la necessità messa in luce da tanti di rendere le famiglie soggetto e non destinatario dell’azione pastorale, in quanto paradigma delle relazioni che accompagnano la vita delle persone” (p.10).
  3. Metodo: “Per dare forma e concretezza al processo sinodale è stato proposto un metodo di ascolto delineato secondo i principi della conversazione spirituale. Non è stata l’unica strada percorsa; accanto ai piccoli gruppi sinodali, sono stati realizzati anche incontri e confronti assembleari, colloqui con singole persone; somministrazione di questionari, realizzazione di documenti da parte di alcuni gruppi. La varietà dei metodi e degli strumenti rappresenta una ricchezza, ma a condizione che si salvaguardi la coerenza dei mezzi con il fine, che è promuovere le relazioni e la costruzione di legami. […] Le restituzioni hanno segnalato un diffuso e cordiale apprezzamento per la conversazione spirituale attorno alla Parola di Dio, con i suoi tre passi: la presa di parola da parte di ciascuno dei partecipanti, così che nessuno resti ai margini; l’ascolto della parola di ciascuno da parte degli altri e delle risonanze che essa produce; l’identificazione dei frutti dell’ascolto e dei passi da compiere insieme. […] Inoltre [questo metodo, nda] ha spinto a entrare in contatto con il piano delle emozioni e dei sentimenti, più profondo di quello della logica e dell’argomentazione razionale, e per questo meno frequentato, ma di grande importanza in termini antropologici e di fede (pp. 10-11).

Per alimentare e sostenere il Cammino sinodale delle Chiese in Italia in comunione con il processo in corso a livello universale, come conclusione, il documento di sintesi raggruppa le priorità emerse lungo tre assi, definiti “cantieri sinodali”.

Questi tre assi, che accompagneranno il sinodo nella sua seconda fase del processo sinodale, detta “sapienziale” (2023-2024), sono i seguenti: il cantiere della strada e del villaggio (l’ascolto dei mondi vitali), il cantiere dell’ospitalità e della casa (la qualità delle relazioni e le strutture ecclesiali) e quello delle diaconie e della formazione spirituale.


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Nicola Montereale è nato a Trani (BA) il 1 Febbraio 1994 ed è residente ad Andria. Nel 2013 ha conseguito la maturità classica presso Liceo Classico “Carlo Troia” di Andria e nel 2018 il Baccalaureato in Sacra Teologia presso l’Istituto Teologico “Regina Apuliae” di Molfetta. Attualmente è cultore della materia teologica presso l’Università Cattolica del Sacro Cuore (Milano) e docente IRC presso il Liceo Scientifico e Classico “A.F. Formiggini” di Sassuolo (Mo). Ha scritto diversi articoli e contributi, tra questi la sua pubblicazione: Divinità nella storia, Dio nella vita. Attraversiamo insieme il deserto…là dove la parola muore, Vertigo Edizioni, Roma 2014. Inoltre, è autore di un saggio di ricerca, pubblicato nel 2013 e intitolato “Divinità nella Storia, Dio nella Vita”.