I giovani vanno dove vedono un futuro, dove si confrontano con la civiltà dei costumi, dove l’esistenza non sia solo un salario, magari in nero. Questo aveva fatto Fabrizia, la ragazza di Sulmona

Caro direttore,

l’augurio di buon anno non è bastato, purtroppo, ad allontanare il clima di terrore dell’anno passato. La strage di Istanbul ci ha ricordato, a Capodanno, che il mondo non si cambia con le buone intenzioni, e che la strada verso la pacificazione del globo è ancora lunga, ammesso che un punto di arrivo esista. Io credo che siamo messi male, che le parole valgano poco, che il terrorismo islamista venderà cara la pelle. Ammesso che l’Occidente trovi alleati a Oriente e che, tutti insieme, si riesca a limitare la carneficina. Ci vorrebbe quello che io non sono: un indovino.

E allora provo a parlare d’altro, pur restando in tema.

Fabrizia Di Lorenzo, lo sapete tutti, è quella ragazza abruzzese, tenace e bella, che ha perso la vita nella strage di Berlino, prima di Natale. Fabrizia è stata sepolta a Sulmona, sua città natale, con tutti gli onori dovuti a un martire della follia islamista. Ma i discorsi che l’hanno accompagnata nell’ultimo viaggio sono stati per lo più retorici e un po’ vacui. Non si può fare un’equazione fra la mancanza di lavoro in Italia, la fuga dei cervelli e la morte per strage. Significa non conoscere il mondo di oggi, non capire i giovani di oggi.

Fabrizia era una ragazza intelligente, colta e vivace. Poliglotta, si era costruita un bagaglio di conoscenze che le consentiva di essere cittadina del mondo. I giovani come Fabrizia, oggi, attraversano le frontiere, cercano esperienze, si costruiscono il futuro guardando al grande mondo, non al piccolo borgo natio. Non è un problema di crisi in patria e di mancanza di opportunità, cosa vera certo, ma che non esaurisce i destini dei giovani. Per fortuna. Conosco ragazzi che potrebbero agevolmente studiare o trovare un lavoro in Italia, ragazzi che però preferiscono andare a confrontarsi con altre società, altri costumi, altri modi di vivere. La generazione Erasmus ha favorito tutto questo. L’apertura delle frontiere lo ha reso possibile. La voglia di crescere ha creato un’urgenza.

Fabrizia aveva scelto Berlino, come tanti ragazzi italiani. Perché? Perché la Germania – come l’Austria e come l’Olanda – è un Paese che nei giovani investe, un Paese dove esiste ancora un decente Stato sociale, dove il merito vale ancora. I ragazzi vanno verso luoghi dove i cittadini rispettano le regole, dove i servizi funzionano, dove le università si occupano di studenti più che di docenti, dove le case costano un prezzo giusto, dove non c’è posto per i profittatori, dove le aziende ti pagano il giusto salario. E potrei continuare con mille altre ragioni. I giovani italiani si rendono conto di vivere in un Paese senza speranza, non solo per la mancanza di lavoro, ma perché abbiamo reso le nostre città quasi tutte invivibili. Il resto è retorica, è ricerca del capro espiatorio nella politica e dintorni. È la toppa di una cattiva coscienza nazionale.

I giovani vanno dove vedono un futuro, dove si confrontano con la civiltà dei costumi, dove l’esistenza non sia solo un salario, magari in nero. Questo aveva fatto Fabrizia, la ragazza di Sulmona. Poi accade che la vita mostri il suo lato crudele, che il destino decida di farti incrociare la morte per mano di pazzo imbevuto di idee di morte, proprio nel momento più esaltante della tua giovinezza. A maggior ragione, la morte di Fabrizia non va banalizzata. Il dolore e il lutto meritano ben altri onori, ben altro rispetto.


Fontewikipedia.org
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Pugliese errante, un po’ come Ulisse, Antonio del Giudice è nato ad Andria nel 1949. Ha oltre quattro decenni di giornalismo alle spalle e ha trascorso la sua vita tra Bari, Roma, Milano, Palermo, Mantova e Pescara, dove abita. Cominciando come collaboratore del Corriere dello Sport, ha lavorato a La Gazzetta del Mezzogiorno, Paese sera, La Repubblica, L’Ora, L’Unità, La Gazzetta di Mantova, Il Centro d’Abruzzo, La Domenica d’Abruzzo, ricoprendo tutti i ruoli, da cronista a direttore. Collabora con Blizquotidiano.  Dopo un libro-intervista ad Alex Zanotelli (1987), nel 2009 aveva pubblicato La Pasqua bassa (Edizioni San Paolo), un romanzo che racconta la nostra terra e la vita grama dei contadini nel secondo dopoguerra. L'ultimo suo romanzo, Buonasera, dottor Nisticò (ed. Noubs, pag.136, euro 12,00) è in libreria dal novembre 2014. Nel 2015 ha pubblicato "La bambina russa ed altri racconti" (Solfanelli Tabula fati). Un libro di racconti in due parti. Sguardi di donna: sedici donne per sedici storie di vita. Povericristi: storie di strada raccolte negli angoli bui de nostri giorni. Nel 2017 ha pubblicato "Il cane straniero e altri racconti" (Tabula Dati).