
Veniva pubblicato il Regio Decreto Legge n. 1390: “Provvedimenti per la difesa della razza nella scuola fascista”.
Firmato: Vittorio Emanuele III.
Le fotografie di quelle persone simili a scheletri dietro il filo spinato, di quei visi scarnificati, ieratici, che hanno fortuitamente assistito o scansato la morte, sono il passato di un popolo stordito, confuso e braccato che visse in Italia e in Germania ottant’anni fa.
Ogni uomo odierno in difficoltà che per sopravvivere è costretto ad abbandonare casa sua, a difendersi dalla violenza come dalla fame, deve ricordarci quella tragedia, figlia del suo tempo: il muro della storia all’epoca dei fatti si regge sulle sofferenze e privazioni di un primo conflitto mondiale che ha mietuto milioni di morti.
Una spiegazione sempliciotta ma efficace è che tra simili, divisi solo dall’ignoranza e avidità, si sono rincorsi e uccisi pur di giustificare la presenza di armi e di eserciti, altrimenti inutili, nella propria nazione. La follia non è un alibi.
Il popolo italiano degli anni trenta non è xenofobo, non almeno quanto quello di certi paesi come la Germania. La conquista dell’Etiopia, 1936, la visita in Italia di Adolf Hitler e le prime affabulazioni politiche sulla importanza di uno Stato fascista forte, intollerante e punitivo all’occorrenza, tuttavia gettano le basi per quella grande “porcata” dell’antisemitismo. Il popolo italiano, piccole eccezioni umane a parte, è presente nelle piazze per dovere, non protesta, ha il suo burattinaio e padrone.
15 luglio 1938, dieci docenti universitari di Neuropsichiatra, Antropologia, Pediatria, Zoologia, Demografia, redigono il primo documento che parla ufficialmente di “razza ariana italiana”.
Lo firmano, insieme ad altri, Giorgio Almirante, Giorgio Bocca, Giuseppe Bottai, Giovanni Gentile, Giovanni Papini, Amintore Fanfani, Pietro Badoglio, Emilio Balbo e Galeazzo Ciano.
Il documento, farneticante, quantifica e specifica che le razze umane esistono e si dividono in piccole e grandi; il concetto di razza è biologico, che la popolazione dell’Italia è nella maggioranza di origine ariana e la sua civiltà pertanto ariana; che esiste una pura razza italiana e suggerisce agli italiani stessi di proclamarsi razzisti; che è necessario fare una netta distinzione fra i Mediterranei d’Europa (Occidentali) da una parte, e gli Orientali e gli Africani dall’altra.
Gli ebrei in sostanza non appartengono alla razza italiana.
5 settembre 1938, Regio Decreto Legge n. 1390, pubblicato sulla Gazzetta Ufficiale del Regno d’Italia n. 209: “Provvedimenti per la difesa della razza nella scuola fascista”.
Firmato Vittorio Emanuele III.
Mussolini non aderisce alle leggi razziali, le propone, le scrive e le fa approvare. Suggerisce di risolvere il “problema” creando uno “Stato ebraico” magari lontano dagli amici arabi, Palestina, e più vicino all’Africa Orientale italiana. Teme la reazione e del Vaticano e della Monarchia. Pio XI prova a opporre resistenza, ma muore improvvisamente per una crisi cardiaca il 10 febbraio 1938, riuscendo a dedicare una enciclica al Clero tedesco in cui bolla l’ateismo e il razzismo.
Pio XII, suo successore, merita parole a parte: lo storico Gadi Luzzato Voghera afferma che la sua Chiesa non si oppone alle leggi razziali fasciste, non prende una posizione esplicita di condanna pur sapendo quanto accade agli ebrei in Europa. Altri la pensano in modo diametralmente opposto e sottolineano il ruolo del Vaticano II nell’accogliere, nascondere e salvare migliaia di ebrei.
Il Re, invece, si rende colpevole di quanto promulgato:
Art. 1: Non potranno essere ammesse persone di razza ebraica.
Art. 2: Non potranno essere iscritti alunni di razza ebraica.
Art. 3: Tutti gli insegnanti di razza ebraica […] saranno sospesi dal servizio.
In Italia negli anni trenta gli ebrei sono circa 47 mila su una popolazione di 40 milioni di abitanti.
Quel Regio Decreto affigge alle pareti della memoria la teoria vaneggiante di un gruppo di politici fascisti, per cui gli ebrei non possono essere italiani.
Gli ebrei non devono più lavorare nel pubblico e nel privato.
Prima del Regio Decreto, nel 1930, la Legge Falco istituisce e rende obbligatoria l’iscrizione all’Unione delle comunità ebrache italiane, un censimento pacifico vero e proprio.
Infine il Regio decreto legge n.1728 del novembre 1938 (“Provvedimenti per la Difesa della Razza Italiana”) stabilisce il divieto di matrimoni misti tra ebrei e “cittadini italiani di razza ariana”. Vieta anche di prestare servizio militare, di lavorare come domestici presso famiglie non ebree; di possedere aziende con più di 100 dipendenti, di essere proprietari di terreni o immobili oltre un certo valore; di essere dipendenti di amministrazioni, enti o istituti pubblici, banche di interesse nazionale o imprese private di assicurazione.
In seguito alla fuga del “piccolo” Re Vittorio a Brindisi, dopo l’armistizio dell’8 settembre, esattamente il 13 dicembre 1943, inizia anche per gli ebrei italiani il periodo di deportazione e sterminio.
La Shoah non urla per il suo supplizio in una sola lingua.
Questa data andrebbe ricordata ogni anno nelle scuole italiane, ufficialmente, come giorno della vergogna nella storia d’Italia. Viviamo giorni oscuri, nuovi stivali battono i tacchi e nuove braccia si alzano in annuncio di fascismi. Rinvigorire la Memoria può aiutare molto a guardare l’orizzonte con speranza.