Una miriade gli artefici. Perdoniamoci e perdonateci, se il quadro non è all’altezza delle nostre o delle altrui aspettative! Lo abbiamo fatto, però, con cuore e abnegazione!
OGNI DIPINTO È UN’OPERA COLLETTIVA, OLTRE CHE INDIVIDUALE
Il dipinto rappresenta due persone importanti per me, Linda, la moglie di Lucio, mio figlio, e Giorgia la mia nipotina, oltremodo cara, insaziabilmente curiosa, che vuole conoscere nuove storie e miti ogni volta che ci telefoniamo. Conservo gelosamente ancor oggi la foto che scattai a sua madre, mentre lei, raggomitolata nel tiepido utero materno, scalciava allegramente.
L’ho fatto, io, il ritratto di Linda e Giorgia, nell’antica bottega del pittore Borgiac in via Sant’Andrea 13 a Barletta, impiegando cinquanta ore, è farina del mio sacco, ma non l’ho firmato, come di consueto si fa. Perché per me costituisce, di fatto, la sintesi di voci, sensazioni, umori, contraddizioni, emozioni, sentimenti, riflessioni, dubbi, incertezze, suggerimenti di tanta gente aggregatisi nel tempo e nello spazio, nella costruzione della mia identità, congiunta alla mia interpretazione del momento.
Purtroppo, per il dirompente disvalore prodotto dall’individualismo esasperato e dell’antropocentrismo dominante, sembra che la componente sociale, cosmica, sia marginale, insignificante, se non completamente assente e che l’unico artefice di uno scritto, una pittura, una musica sia l’esecutore materiale, a cui naturalmente non va negato o sottratto alcun impegno e merito personale.
L’INCIDENZA DELLA FAMIGLIA, DELLA SCUOLA, DI TANTI AMICI
Ecco qualche memorabile contributo, rovistando nel contorto ed angusto tratturo della mia vita, per il raggiungimento del risultato pittorico odierno, più o meno riuscito.
Come dimenticare, sia pure dopo tanti anni, il materno schizzo di una bicicletta per un’esercitazione scolastica, prodotto da laboriose mani anchilosate a causa della fredda acqua della tinozza di legno, percorsa da bastimenti di schiuma veleggianti nel bucato?
…E il quadretto estemporaneo di mio fratello, raffigurante l’anziana nonna, addormentata per l’età, la fatica e le sofferenze, nella sua casa, dove lui si reca per studiare le leggi di Archimede e di Einstein, importanti per alleviare le fatiche e velocizzare i tempi, ma perniciose per progettare la micidiale bomba atomica?
Importante, l’intervento didattico di Lemma Lucia, la mia maestra, che immediatamente dà la parola a me, timido bambino, non appena scorge la mia manina alzata con il ditino proteso verso l’alto. L’autostima sboccia e si inerpica, espandendo, grazie a lei, la mia voglia di sapere e di fare con il cuore, attento alla comunità ed a tutta la natura.
Impossibile, in verità, individuare la quantità e qualità di stimoli creativi provenienti dai numerosi amici e conoscenti, compagni (nel significato etimologico di “coloro con cui mangio il pane>”), con i quali mi interfaccio realmente, o li conosco e frequento in opere di letteratura o sui mass media. Insomma, sono uno, nessuno e centomila, per dirla con le parole di Luigi Pirandello, eterno visionario. Perciò, dipingo ritratti per le persone che stimo, raramente per adornare le pareti di casa.
ALLA BOTTEGA DI “BORGIAC”
Circa quattro anni fa, capelli, radi e canuti, andatura, instabile e caracollante, in una fredda ed umida serata, approdo nella bottega artistica di Giacomo Borraccino, in arte “Borgiac”. Mi reco per conoscere da vicino l’arte di Giotto, mettermi materialmente alla prova, prendermi cura della mia salute, con uno stile di vita alternativa che privilegia anche l’area creativa ed immaginifica del cervello, oltre a quella razionale. In particolare, di quella mentale, considerando che, negli ultimi tempi, le malattie neurodegenerative sono aumentate dell’800%.
LA SUA REGGIA
Una bicicletta, sentinella addossata e legata ad una parete di conci calcarei, un alto gradino per l’accesso, una vetrinetta per la sicurezza e una tenda contro le mosche, in una strada, via Sant’Andrea, piantonata da un perenne e inconcepibile barbacane, ricoperto da murales del Borgiac, ritraenti opere di De Nittis.
Timidamente apro l’uscio. I miei occhi vedono un vano lungo oltre dieci metri, volta a botte, un chilometrico tavolo da lavoro, vissuto, con i tutti i colori dell’arcobaleno da mani infantili ed adulte. Dall’alto numerosi neon illuminano le tantissime produzioni artistiche del maestro e dei suoi allievi, dondolanti nel vuoto o ancorate saldamente alle pareti laterali.
L’ANFITRIONE, UN PERENNE VISIONARIO
Entro, mi viene incontro con passo deciso e rapido, un signore a metà strada tra i sessanta ed i settanta, sorridente, bandana alla testa pelata, camice bianco tempestato di scritte, accorate dediche, disegni, macchie di colori. Gli espongo con titubanza i miei limiti (mi sento, o così gli incontri della vita mi hanno strutturato artisticamente, “una rapa”) e la mia esigenza. Concordiamo gli orai, i giorni di frequenza e l’ammontare del compenso professionale.
Empatico, mi racconta, come se fossimo amici da un’eternità, delle sue peripezie professionali ed umane. E’ sposato, un figlio nato in tarda età dopo cinque anni di matrimonio. È avviato, secondo il volere paterno, per diventare medico, ma la fremente passione artistica lo porta sulla strada della ribellione. Un cocente smacco per il padre, ma una vittoria per la sua propensione personale, per la passione che trasuda da tutti i pori. Migliaia gli allievi di ogni età, condizione sociale e professionale che hanno solcato e solcano, fiume in piena, l’alto gradino dell’ingresso per brevi periodi o anche per decenni.
DUE “MUGNAI”, CON CAMICI IMPIATRICCIATI DI COLORI
Due, “i mugnai” che hanno consentito al grano di diventare farina, commestibile, antica, la pittrice Angela Ricatti, collaboratrice, ed il pittore Giacomo Borraccino, titolare. Solerti, pazienti, didatticamente competenti, anche se le sbavature non mancano mai in nessuno, neppure in artisti irraggiungibili per maestria come Leonardo da Vinci, Michelangelo o Raffaello o in maestri di vita come Socrate. I due dioscuri, in particolare, consentono di far sgorgare del sangue da una convinta rapa. Senza del loro contributo culturale, emotivo e sentimentale la tela sarebbe rimasta perennemente bianca o divenuta uno scarabocchio.
QUANTI ERRORI E RIFACIMENTI!
Infiniti i suggerimenti e gli aiuti materiali. Eccone alcuni:
Le sfumature devono essere più credibili; le ombre, più marcate o velate!
Le onde del mare… diversificate: quelle lontane… più ravvicinate e sottili; quelle vicine, invece, più ampie e sinuose. Eppure, tante volte mi ero dimenato tra i flutti con tutto il corpo!
I dettagli… diversificati per forma e dimensione. Perché in natura ogni cosa è unica!
I colori… adagiati in modo da rendere a tre dimensioni i capelli, i visi, le mani, ogni aspetto. “La pittura è “spaziale” ripete fino all’infinito, il mentore.
PARTE IL TIROCINIO
Mi vengono forniti i primi rudimenti dell’arte pittorica. Spesso l’area razionale fa la sua apparizione, imponendosi su quella dell’immaginazione e della creatività. Le mani imparano faticosamente ad armeggiare la matita, i colori e i pennelli, mentre le mie orecchie si deliziano nell’ascoltare gli insegnamenti del maestro ed aneddoti riguardanti gli esponenti più ragguardevoli del mondo pittorico. Nascono con mia somma sorpresa un bel dipinto raffigurante pappagalli e uno scorcio di Amsterdam, ambedue realizzati con i colori acrilici, che si asciugano rapidamente.
“POSSO CIMENTARMI CON UN RITRATTO?”
Dopo alcuni mesi, chiedo, facendomi spudoratamente coraggio, se posso cimentarmi con il ritratto dei miei genitori, avvalendomi dei colori ad olio, che rendono meglio le sfumature, per i loro lunghi tempi nell’asciugare. Un lavoro decisamente più impegnativo, perché bisogna assolutamente privilegiare la somiglianza dei soggetti con la foto di riferimento. Mi risuona ancora oggi nelle orecchie, l’incoraggiante parola di Giacomo, mente leonardiana, effervescente in tutte le sue aree, mani febbrili con i più svariati materiali: “Proviamoci!”, e si stringe nelle spalle.
COPISTERIA “EUROCOPIE”
Poi aggiunge: “Per un ritratto fedele all’originale si parte da una foto, nitida, da ingrandire presso una copisteria.” Amichevolmente, come fa con tutti gli interlocutori, mi suggerisce di raggiungere la ditta “Eurocopie” di Casardi Domenico, attrezzata di copiatrici estremamente sofisticate, ad alta definizione, per realizzare un ingrandimento delle dimensioni volute. La raggiungo, è in via Raffaele Girondi, che omaggia il valente pittore barlettano dell’Ottocento.
RIGOROSA SEQUENZA E RITMO DEI PENNELLI
Apprendo nelle lezioni seguenti la procedura da seguire per la realizzazione del quadro. Ecco i vari passaggi:
- disporre di una tavola o una tela sulla quale va adagiata una carta copiativa;
- sulla copiativa si fissa la fotocopia del ritratto,
- con la punta di una penna, esaurita, per non imbrattare l’ingrandimento, si tracciano le linee ed i tratti d’ombra;
- durante l’esecuzione si controlla frequentemente, il tracciato, senza discostarsi dall’originale neppure di un millimetro;
- il disegno viene rafforzato col colore acrilico per non perdere la traccia, avvalendosi di un pennello sottile;
- il colore, ocra o marrone, viene abbondantemente diluito, per facilitare lo scivolamento del pennello sulla superficie del supporto telato;
- le varie campiture sono ricoperte con gli idonei colori;
- grande attenzione è prestata alle sfumature, che danno valore spaziale, tridimensionale, al dipinto;
- nell’eseguire l’operazione si usa un pennello per i chiari, uno per le tonalità oscure ed uno specifico per le sfumature;
- terminata la prima velatura, si passa alla seconda ed eventualmente anche ad altre, ascoltando l’esperienza del mitico Leonardo, per il quale “oltre la settima velatura il quadro non può fare altro che migliorare.” Personalmente, il mitico figlio di Piero da Vinci, un notaio fiorentino e di Caterina, una schiava caucasica liberata, dedicò 16 anni per mettere a punto, come noi oggi la ammiriamo, la “Gioconda” su una tavola 77 X 53, spessa 13 millimetri.
NEL RINASCIMENTO
Leonardo da Vinci, Michelangelo Buonarroti, Raffaello e tutti i grandi artisti del Rinascimento, prima di passare alla stesura dei colori, cioè alla pittura vera e propria, realizzavano degli studi propedeutici su carta o cartone, minuziosamente accurati, molti dei quali sono arrivati fino ai nostri giorni.
Sostanzialmente, il pittore rinascimentale, per ottenere un preciso disegno, procedeva seguendo un’accurata sequenza:
- inseriva un vetro tra il soggetto da raffigurare (una persona, una pianta, una cosa) e sé stesso, obbligato a guardare da un punto di osservazione;
- disegnava il soggetto sul vetro il con il colore;
- riproduceva il disegno su un foglio o cartone di studio, facendolo aderire al profilo colorato tracciato sul vetro;
- forava il foglio o il cartone con uno spillo o un chiodino, lungo il disegno;
- fissava il foglio di studio sulla superficie da dipingere;
- spolverava il carboncino con un pennello, facendolo passare attraverso i fori;
- allontanava il foglio di studio e ridisegnava l’immagine, unendo i vari puntini impressi sul supporto.
ALTRE ACQUISIZIONI (VARI PENNELLI, LA REGOLA DELLE TRE “P”, LA TRIDIMENSIONALITA’)
Altre acquisizioni, e chissà quante altre! ne potrò apprendere! Ci sono…
- pennelli adatti per la stesura dei colori (campitura larga);
- pennelli specifici per sfumare (pennelli con pelo morbido, spessore sottile);
- pennelli impiegati per amalgamare (lisci, di media dimensione);
- pennelli da ritocco (piccoli, tondi, a pelo lungo, a pelo corto);
- pennelli a ventaglio;
- pennelli di caucciù per asportare colore.
Per trasferire i colori ci si può avvalere anche di scope, timbri, sagome ritagliate, cotton fioc, spruzzini, spugna, dita, altro.
Si dipinge, seguendo la regola delle tre “P”, con poco colore, in punta di pennello, piano piano.
La tridimensionalità è data da:
- punto luce (uno, in origine, divenuti più numerosi con la nascita del fuoco e poi con la lampadina);
- sfumatura (dal chiaro all’oscuro o dall’oscuro al chiaro);
- ombra (conseguenza del punto luce);
- orizzonte, uno o più, (qualunque cosa sia presente dietro il soggetto).
Tutti i punti descritti sono correlati alla presenza di luce.
FRUTTA A PROFUSIONE
Il tempo passa velocemente, lavorando e discorrendo amabilmente con gli altri artisti in pectore della bottega. Giacomo saltella da una postazione all’altra per suggerire, ribadire, aiutare. Immancabilmente, qualcuno interrompe momentaneamente il proprio elaborato pittorico e raggiunge il tavolo che ogni santo giorno offre arance, mandarini, mele, uva, taralli a gogo. Uno stacco salutare.
Il venerdì mattina, poi, è il giorno dove la convivialità la fa da padrona. Chi porta dolci, chi frutta, chi offre una consumazione; Carmela Caputo, immancabilmente, delizia gli occhi ed il palato dei commensali con focacce e torte, fatte dalle sue laboriose mani. Gli odori sollecitano le narici degli artisti e, persino, dei soggetti esposti nella bottega e di quelli in fieri adagiati sui cavalletti.
QUADRETTI IN PALIO
Sovente, durate le lezioni, il magico maestro mette in palio una sua produzione artistica. Non si scatena, però, una competizione forsennata, ma un confronto sereno e civile. Forse perché gli aspiranti artisti viaggiano su analoghe frequenze vibratorie e non coltivano pensieri destrutturanti. Navigando nel mondo della follia artistica, essi provano a non scollegarsi dal cuore. A tutti, poi, col tempo, capita di vincere e di portare a casa l’ambito trofeo.
Mimmo , secondo me tu sei tanto altro ancora ma forse servirebbe troppo tempo e spazio per descrivere una tua biografia più completa,
Per me sei un vero amico e uno di quelli che non si incontrano spesso
Mi hai insegnato tante cose e mi sei stato vicino dove altri non avrebbero osato.
Ti voglio bene
Come sempre, lo scrittore, sapientemente, narra e descrive oltre che fatti anche e soprattutto emozioni, sensazioni, umori, suoni e colori.Grazie carissimo Mimmo, continua a coltivare…in tutti i sensi! La tua affezionatisdims amica Dolores
Bellissimo articolo
Hai descritto in maniera splendida anche il mio pensiero, visto che sto vivendo la stessa esperienza da circa un anno