
«Ci sono pochi luoghi in una vita, forse persino uno solo,
in cui succede qualcosa; dopodiché ci sono tutti gli altri luoghi»
(Alice Munro)
Esiste un giorno nella vita in cui tutto cambia. È l’attimo di “Sliding doors”, quello in cui potrebbe essere tutto o il suo contrario, a seconda che tu riesca o meno a salire sulla metro.
Un giorno, per esempio, mentre rientri a casa dal lavoro trafelato come ogni giorno, sei stanco e misantropo, qualcuno ti ferma un istante per strada perché vuole salutarti dopo anni che non vi incontrate. Ti fermi, rispondi al saluto, vai via. Hai impiegato così quei cinque minuti, hai interrotto il tuo tragitto quotidiano e non lo sai: stai modificando l’intero corso della tua esistenza.
Oppure sei a casa, potrebbe essere un qualunque sabato estivo da “buonforno”, un numero sconosciuto ti chiama: poco male, tu non rispondi mai ai numeri che non conosci. Quella volta sei distratto, rispondi, quell’unica volta impieghi così i cinque secondi necessari a dire “Pronto” e non lo sai: stai modificando l’intero corso della tua esistenza.
Ancora, stai correndo alla fermata del bus, ti cadono le chiavi e impieghi un attimo per piegarti a raccoglierle. L’attimo fatale che ti fa perdere quel bus e ti costringe a prendere il successivo. Arriverai a destinazione con cinque minuti di ritardo e non lo sai: stai modificando l’intero corso della tua esistenza.
E se invece fossi semplicemente steso a letto a riflettere sul modo per fare qualcosa nel modo migliore o per essere qualcosa nel modo più giusto? Se ti venisse in mente di chiedere un consiglio? Anche lì, scegliere di chiedere a Ics, piuttosto che a Ipsilon non ti mette nelle condizioni di saperlo, ma stai modificando l’intero corso della tua esistenza.
Tu continuerai a vivere la vita disegnata per te da Altre Mani, senza neppure accorgerti di aver avuto il tuo Sliding doors. Passeranno mesi, forse anni, sarà una spirale discendente o una faticosa salita, poco conta. Semplicemente sarà.
Ad un certo punto, però, ti troverai casualmente e finalmente solo, forse per dieci minuti, inizierai a fare un rapidissimo rewind, senza che ce ne fosse ragione. Scene di un film già visto, quelle che taglieresti a piè pari e quelle che riguarderesti all’infinito, fino ad arrivare lì.
Immobile.
È stato quell’istante. E penserai: non fossi stato fermato per un saluto, non avessi risposto al telefono, non mi fossero cadute le chiavi, avessi chiesto consiglio a qualcun altro. Chissà! Chissà… se avessi impiegato diversamente quell’istante, tutto il successivo corso della mia esistenza, come sarebbe stato?
E, con buona pace della schizofrenia, con ogni probabilità sentirai una voce provenire da qualche parte sconosciuta: “Se non fossi stato fermato, se non avessi risposto al telefono, se non ti fossero cadute le chiavi, se avessi chiesto consiglio a qualcun altro, il corso della tua esistenza avrebbe fatto l’unica cosa possibile: da un’altra strada, avrebbe trovato comunque il modo di raggiungerti, perché è quello il tuo corso, non un altro”.
E da dove proviene allora quella voce? Niente, arriva dal lato della ragione.
“È come se il destino ti desse una sola possibilità e concentrasse tutto dentro quel momento preciso, e lo facesse diventare così breve che la maggior parte di persone non se ne rende conto, o non è abbastanza pronta da reagire in tempo”. – “E tu? – ha detto lei, – te ne rendi conto di solito?” – “Non c’è un di solito – ho detto, – succede una sola volta, se succede” (Andrea De Carlo).