
LA SPINA NEL FIANCO DEL FASCISMO
La pasionaria, passiflora in italiano, è un fiore che rimanda alla corona di spine di Gesù e ai diversi simboli della sua passione e morte. Diviene anche lo pseudonimo che utilizza Dolores Ibarruri, intrepida donna dei Paesi Baschi, quando inizia a scrivere sul giornale El Minero Vizcaíno.
La sua vita è un esempio di tenacia e resistenza unita alla capacità di saper muovere le masse, turbolenti e appassionate del XX secolo, in un paese, la Spagna, caratterizzato da colpi di stato e da una guerra civile che lascia per decenni la Penisola iberica sotto la dittatura franchista.
Dolores Ibarruri nasce in Biscaglia, a Gallarta, il 9 dicembre 1895 da una povera famiglia di minatori, ottava di undici figli. Tra privazioni e sofferenze, Dolores nutre il sogno di diventare insegnante e si getta, anima e corpo, nello studio. A quindici anni però i genitori la obbligano a lasciare la scuola.
Atroce delusione.
La pesante situazione familiare la induce a cercare indipendenza che trova nel matrimonio con Julian Ruiz, minatore nonchè attivista politico, che viene imprigionato nel 1916. Lei intanto si avvicina alla politica con passione, scopre gli scritti di Karl Marx ed entra a far parte del Partito Comunista Basco.
Sono anni difficili in Spagna.
Con un colpo di stato Primo de Rivera prende il potere. Cerca di porre fine alla crisi economica e di abbassare il tasso di disoccupazione, con risultati decisamente negativi. Mette in atto inoltre una feroce repressione: istituisce la legge marziale, mette al bando i partiti e applica la censura. È in questo periodo che Dolores inizia a scrivere su El Minero Vizcaino. Le asprezze della povertà, il carcere del marito e la morte dei suoi figli la mettono a dura prova, ma resiste e lotta, da comunista e da basca.
È il 1930 quando si separa dal coniuge e si trasferisce a Madrid, dove guida il giornale El Mundo Obrero. Intanto la Spagna conosce la transizione dalla dittatura di Primo De Rivera alla democrazia, ma la vittoria del CEDA, il partito parafascista, rovina i piani di libertà e fa ripiombare la Repubblica sotto le grinfie del fascismo. In questi anni Dolores conosce anche la dura esperienza del carcere, ma vive la grande opportunità di essere delegata all’Internazionale Comunista (COMINTERN). Nel 1936 il Fronte Popolare costituito da comunisti, repubblicani e socialisti vince le elezioni e Ibarruri viene eletta alle Cortes (Parlamento). Sullo sfondo si staglia intanto la drammatica figura del Caudillo Francisco Franco che con un altro colpo di stato, scientemente orchestrato, che il Governo repubblicano non riesce ad arginare, fa precipitare la Spagna nel caos. Scoppia una guerra fratricida, sanguinosa, che è considerata come la grande prova in vista di un conflitto ancor più cruento e terrificante, la Seconda guerra mondiale. In questo contesto complicato la voce di Dolores si fa più forte e più squillante che mai, che il popolo delle Sinistre avverte familiare e consolante nei discorsi dei suoi comizi: “II fascismo non passerà, non passeranno i boia dell’ottobre! I Comunisti, i socialisti, gli anarchici e i repubblicani, i soldati e tutte le forze fedeli alla volontà del popolo, sconfiggono i rivoltosi traditori, che hanno gettato nel fango quell’onore militare di cui essi tanto parlano”. No pasaran! diventa il grido di battaglia del popolo che si opporrà, che ergerà barricate e che difenderà con i denti la libertà perduta, anche se l’esito non sarà quello sperato, anche se questa guerra è presagio di una lotta ancora più dura: ”Su tutti i fronti, comunisti, anarchici, socialisti, repubblicani, combattono spalla a spalla. Dalle città e dalla campagna sono venuti tra noi anche i Senza partito, perchè anche essi comprendono che cosa sarebbe per la Spagna una vittoria del fascismo. La lotta, incominciata sul nostro territorio, sta già acquistando un carattere internazionale, perchè i lavoratori di tutto il mondo sanno che, se in Spagna trionferà il fascismo, tutti i paesi democratici del mondo saranno soggetti alla minaccia fascista”.
Non manca di dare parole di conforto alle mamme perché come loro conosce la sofferenza che la guerra produce nel cuore delle genitrici, l’ansia nevrotica per una lettera di un figlio che non arriva e l’angoscia mortale per una che annuncia un triste epilogo, perché “una mamma ama il suo figlio più della sua vita.” Ruben Ruiz Ibarruri, uno dei suoi sei figli, conoscerà la morte su un altro fronte, sacrificio necessario in un assedio decisivo, quello di Stalingrado.
Parla dai palchi d’Europa, in particolare da quelli della Francia che la accoglie per i suoi discorsi appassionati, dove ricorda che la prossima vittima del fascismo potrebbe essere proprio il paese confinante e che serve essere uniti: “Se i Paesi democratici, se non altro per senso di conservazione, faranno il proprio dovere, il fascismo sarà schiacciato e di esso rimarrà soltanto un brutto ricordo.”
La guerra finisce con il prevalere della Falange sulle forze di sinistra e Ibarruri è costretta all’esilio sovietico.
Non si tratta di un addio, ma di un arrivederci.
Torna in Spagna, ormai anziana, nel 1977, giusto in tempo per essere eletta deputata e per assistere al fallito colpo di stato di Antonio Tejero, rigurgito di un fascismo morente.
Si narra di una sua conversione al cattolicesimo negli ultimi anni della sua vita e di un’amicizia con un sacerdote dopo che aveva provato un senso di abbandono da parte dei suoi compagni.
Muore ultranovantenne il 12 novembre 1989 a Madrid per una polmonite.
Dolores Ibarruri è stato un potente esempio di femminismo.
Donna del popolo e paladina della libertà, si è sempre opposta al patriarcato e al maschilismo.
Ha lottato contro le convenzioni del tempo, contro la società che voleva la donna al servizio dell’uomo padrone.
Convivevano in lei due anime, l’orgogliosa appartenenza al popolo basco, da sempre identitario e indipendentista, e il pensiero comunista. Non si è arresa alle circostanze della sua vita, ma ha sempre cercato di lottare e di non piegarsi agli oppressori. Ad un’esistenza in ginocchio, ha preferito piuttosto “morire in piedi”.