Domenico Reddemo Colasuonno (voce e chitarra), Nico Lotti (basso synth e cori), Ruben Di Luzio (batteria e cori). Sono gli Space Particles che, dal 30 maggio, presentano il loro ultimo singolo “DIVERSO”, un viaggio emotivo musicale, un invito a lasciarsi andare, a danzare anche con le proprie sconfitte, perché in fondo il vero cambiamento avviene quando smetti di resistere e inizi a sentire. È un brano che non dà risposte, ma apre spazi e nuove direzioni. Uno spazio per sognare, per immaginare, per respirare.

Quale tema affronta “DIVERSO”, l’ultimo singolo degli Space Particles?

Domenico: “DIVERSO” nasce da un’esigenza intima: respirare qualcosa che non sia il solito. È una canzone che parla di sogno, di cambiamento, di quell’istinto quasi fisico di staccarsi da tutto ciò che ci dà fastidio e che non ci fa stare bene (è quasi una autocura alla mente e all’anima — fuori ma anche dentro di noi). È un invito a lasciarsi andare, a danzare anche con le proprie sconfitte, perché in fondo il vero cambiamento avviene quando smetti di resistere e inizi a sentire. È un brano che non dà risposte, ma apre spazi e nuove direzioni. Uno spazio per sognare, per immaginare, per respirare.

Dallo stile brit rock con suoni elettronici e un riff grunge centrale, cosa accomuna e/o differenzia “DIVERSO” da “Resta?”, “Past Perfect” e “Di Paure e di Poesi3”?

Nico: Tutti i nostri brani sono tasselli di uno stesso viaggio emotivo, ma DIVERSO segna una tappa nuova. Se “Resta?” era viscerale, intenso, e “Past Perfect” scavava nella nostalgia di ciò che è stato, “DIVERSO” guarda avanti. La voglia di cambiamento che racconta nel brano, lo si percepisce anche nel sound dello stesso. Il riff grunge al centro del brano è come una corda che ti tiene ancorato mentre tutto intorno si muove, si trasforma. Una corda che si percuote e che irrompe nella realtà ricordando che dopo tutto tu puoi sempre: “respirare…!” Poi c’è l’elettronica, che qui non è solo atmosfera: è una pelle nuova.  A differenza dei brani precedenti, in DIVERSO c’è meno bisogno di spiegare e più voglia di sentire.

Da dove nasce, nel vostro percorso, il bisogno profondo di libertà emotiva e mentale, di sognare, di lasciarsi andare, di cercare nuovi stimoli e prospettive superando la paura della sconfitta o del dolore?

Ruben: Nasce da un’urgenza personale prima ancora che artistica. Siamo cresciuti in un mondo che ti dice cosa devi essere, come devi sentirti, e perfino come devi soffrire. A un certo punto abbiamo smesso di ascoltare quel rumore di fondo e abbiamo iniziato a dare spazio a quello che sentivamo davvero. La libertà che cerchiamo è quella emotiva, mentale, creativa — e anche quella che ti permette di sbagliare, di cadere, di ricominciare. Personalmente non ho mai voluto scrivere canzoni “perfette”, ma soprattutto canzoni vere, quasi intime. E la verità, spesso, è fragile.  Ma è proprio da lì, da quel punto vulnerabile, che parte tutto.

Da lì si sogna, si cambia, si respira…! Un pensiero di scrittura che coinvolge anche i miei compagni di viaggio.

“Diverso”

e voglio respirare

qualcosa di diverso

tu lasciami sognare

io non mi sveglierò

e voglio ascoltare

pensieri …

tu lasciati guidare

vedi..

e danzo,

finché non sento più le gambe

il sapor di una sconfitta,

muore…

e voglio respirare

qualcosa di diverso

tu lasciami sognare

io non mi sveglierò

e voglio coltivare

un terreno pieno di parole

dove ogni giorno e sempre

saprò sceglierle …

in fondo alle tue lacrime

vedi solo una vita diversa

tu risparmia il fiato e dimmelo

cosa ti cambia

se puoi _______

respirare….

respirare….

respirare….

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Iscritto all'Ordine dei Giornalisti della Puglia, ho iniziato a raccontare avventure che abbattono le barriere della disabilità, muri che ci allontanano gli uni dagli altri, impedendoci di migrare verso un sogno profumato di accoglienza e umanità. Da Occidente ad Oriente, da Orban a Trump, prosa e poesia si uniscono in un messaggio di pace e, soprattutto, d'amore, quello che mi lega ai miei "25 lettori", alla mia famiglia, alla voglia di sentirmi libero pensatore in un mondo che non abbiamo scelto ma che tutti abbiamo il dovere di migliorare.

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