
Terra arsa da entropie antropiche, alienata da inverni negati e da stagioni perdute.
Cicale consumate dal loro eterno frinire e formiche stanche di un lavoro senza fine.
Si muove come ubriaco l’orologio della vita, ticchettando disordinati ritmi circadiani.
Gonfiano il petto nuvole capricciose, mosse come in una giostra impazzita dal sudato Scirocco e il possente Maestrale.
Soffocati da un sole mai sazio, faticano i contadini curvi a rianimare moribonde zolle con trasfusioni di zampillanti gocce da sudate fronti.
Più della compassione poté il disprezzo di violentate primavere a squarciare d’impeto i cumuli congesti.
Come bomba fragorosa, le minacciose cumulonembi riversano il mare dentro sull’ansimante Terra, incapace, come chi da tempo patisce la sete, di dissetarsi senza morire.
Rinasce un (vener)dì la Resiliente Terra, senza i suoi stupratori.