Molto meglio “perdere dieci minuti” a prendere un caffè con un amico che “sapere tutto” dell’altro conoscendo il suo profilo

“Dimmi con chi vai e ti dirò chi sei”; era una frase che sin dalla scuola elementare, dalla mia maestra, mi sono sentito dire. Con il tempo questa frase ha assunto altre forme. Basti andare dal dietologo e sentirsi dire: “dimmi come mangi e ti dirò chi sei!”. Alcuni psicologi poi credono di sapere “chi sei” dal linguaggio corporeo o, ad esempio i grafologi, da come scrivi.
Non bisogna essere folosofi per smontare facilmente tali affermazioni cogliendo la differenza abissale che c’è tra l’essere identitario e il modo d’essere. Ciò che si fa dice la parte della persona, ma non può assolutamente pretendere di cogliere il tutto, la profonda identità. Se così non fosse non avrebbe senso parlare di società dell’immagine, la quale coglie non la realtà, ma le rappresentazioni.
Oggi diventa molto più grave arrivare a pensare che la persona, per sua natura non cosificabile, indefinibile e portatrice di mistero, possa essere ridotta al suo profilo di Facebook. È risaputo ormai come Facebook e Google usino i loro algoritmi, utilizzando i dati degli utenti a fini commerciali. La banalizzazione della persona umana ad essere di consumi, definirebbe dunque la nostra identità. Il rischio è iniziare a pensare seriamente che la persona sia definita dai social o da algoritmi che decodificherebbero le nostre identità. In una società, che da alcuni decenni lascia passare il messaggio che non conta ciò che si è, ma ciò che si appare, si rischia definire le proprie
vite attraverso selfy, curando profili e perdendo il contatto con il reale.
Ora, l’uso delle nuove tecnologie, con giusto discernimento, migliora enormemente le nostre possibilità. È il commercio che oggi “fa essere” o meglio sembrare la persona in ciò che si consuma. Tale messaggio è pericolosissimo. Molto meglio “perdere dieci minuti” a prendere un caffè con un amico, accontentandosi di ciò che quella condivisione può donare, che “sapere tutto” dell’altro conoscendo il suo profilo. Nessuno è ciò che appare e l’apparenza confluisce nel vuoto, nel non senso.