Tratto dall’articolo del giornalista Sam Dolnick per il New York Times, la vicenda si basa sulla storia vera di Leo Sharp

“Il Corriere“ nella traduzione italiana, “Il mulo“ letteralmente in lingua inglese. È il nuovo film scritto, diretto ed interpretato dal quasi novantenne Clint Eastwood. La pellicola, ambientata in Illinois, nella deindustrializzazione di un Midwest carico di rimpianti, racconta la discesa di un vecchio uomo alle prese con i suoi sensi di colpa, un floricoltore costretto a pignorare la casa, lontano dagli affetti di una moglie (che assisterà fino alla morte), e di una figlia (nella finzione come nella realtà impersonificata da Alison Eastwood) a cui non ha dato il braccio nel giorno del suo matrimonio. A tenerlo in vita è l’amore dell’affettuosa nipotina, motivo di energia e preoccupazioni, unico stimolo per rimettersi ancora in viaggio, a bordo di quel pick-up scassato ma affidabile, il purosangue meccanico che lo ha portato in 41 dei 50 Stati di un’America che non gli trasmette più ormai né senso civico, né falso sciovinismo.

Earl Stone (Clint Eastwood) decide, quindi, di prestarsi come corriere di droga per il cartello di trafficanti messicani, una gang di delinquenti guidati dall’edonista Laton (Andy Garcia), fonte, però, di guadagni facili e sicuri, risparmi redditizi utili ad acquistare un nuovo suv e a ristrutturare il pub del paese, danzante postribolo dove potersi divertire tra piaceri lussuriosi di un attempato gigolò agee solo nell’età anagrafica.

Tratto dall’articolo del giornalista Sam Dolnick per il New York Times, la vicenda si basa sulla storia vera di Leo Sharp, un plot con cui Eastwood sembra offrire al pubblico il supplemento testamentario di un terremoto temporale dal quale non intende essere travolto. Il tempo che passa, che gli scivola fra le mani, un’angoscia già trasmessa in “Mystic River“ e in “Gran Torino“, un dramma confessato anche al suo carnefice, l’agente della DEA, Colin Bates (Bradley Cooper) al bancone di un bar, lui Earl insospettabile criminale, distante anni luce dall’espressività western di un sigaro fumato con brama di sfida, distante dall’esistenza frenetica di un detective armato.

Earl o, se volete, Clint si gode la strada, non ha alcuna fretta di arrivare a destinazione. Sceglie di vendersi “per qualche dollaro in più“.

 


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Iscritto all'Ordine dei Giornalisti della Puglia, ho iniziato a raccontare avventure che abbattono le barriere della disabilità, muri che ci allontanano gli uni dagli altri, impedendoci di migrare verso un sogno profumato di accoglienza e umanità. Da Occidente ad Oriente, da Orban a Trump, prosa e poesia si uniscono in un messaggio di pace e, soprattutto, d'amore, quello che mi lega ai miei "25 lettori", alla mia famiglia, alla voglia di sentirmi libero pensatore in un mondo che non abbiamo scelto ma che tutti abbiamo il dovere di migliorare.

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