Chi disse che il tempo
s’affacciò alla vita…
fece di contrasto
un salto di fede
e arrovellando il capo
a un Dio diverso
s’apprestò a viverla solo e immerso…,
in un giardino di sogni e lotta
e speranze migliori e al dì di giorno
di dolor assorto
e di sudor ripieno in corpo,
ad incerto andare
offrendo di sapere antico,
stando attento a non calpestare
il proprio cuore con un dito.
Di un uomo,
in mille tinte
perso e solingo,
in un alveare di idee,
che già di vento
portan nuove parole
e di profumi lontani
raccontano in coro
come di laureati in vita
avvolti d’alloro,
e fu col sole
che vi si vide il volto,
ma la troppa luce acceca
e l’uomo rimase sconvolto;
sicché dinanzi a se stesso
povero e piccolo
dal ciel ne venne travolto
e al disincanto infame
accese giganteschi barlumi
per le nuove illusioni,
e combattendo e gustando
e osservando,
come d’un fulmine a scacciar
con forza, vide ogni sorta di noia e fame
in dolor avanzando lasciar ogni scorza.
Dell’uomo mi resta,
guardandolo in testa
un segno più grande d’un pubblico nome…
dove l’or tutte scompaion con l’arte…
che di Divino essere e grembo fan parte,
ov’anche e in buon sforzo
è lui capace
come d’ingegno vorace
d’erigere mondi e
di virtute plasmando
continuando d’opera se al ciel rispetta,
e in corso imparando…
non sol con gli “ori”
ma d’anche in amore sversando
senza mai nominarlo
come di parte studiando gli attori!