Perle deontologiche per il mestiere di giornalista, il “più difficile del mondo”.

Permettetemi, una tantum, di utilizzare questa piattaforma a scopi personali. Alla testata giornalistica con cui ho il privilegio di collaborare devo tanto, anzi tutto. Odysseo, navigatori della conoscenza. Già, la conoscenza, quell’entità indefinita che ti consente di arrivare dappertutto senza, tuttavia, attraccare in porti sicuri, perchè, in fondo, la marea è dietro l’angolo, una nuova onda anomala potrebbe sballottarti verso mete sconosciute e ti ritrovi, quasi per caso, a dover ricominciare una ricerca che, credevi, terminata. Allora riprendi a navigare, come un pensatore che non si accontenta mai, un inguaribile romantico convinto che il desiderato amore sia proprio lì, dietro l’imperscrutabile orizzonte.

Ho errato per due anni e centosei articoli, fino a giungere sull’uscio di due porte scorrevoli che mi hanno introdotto ad un mondo ignoto e affascinante. Ho ricevuto il mio personalissimo tesserino da giornalista direttamente dalle mani di Valentino Losito, storica firma de La Gazzetta del Mezzogiorno e attuale Presidente dell’Ordine dei Giornalisti della Puglia. Ha tenuto il primo corso di aggiornamento a cui ho assistito, una conferenza di due ore scivolate via con competenza, ironia e profonda leggerezza.

“Fare questo mestiere – esordisce Losito – è la cosa più difficile al mondo. Nessuno vi garantirà un futuro, il lavoro dovete crearvelo da soli. Sono lontani i tempi in cui ho iniziato quest’avventura. All’epoca, nei primi Anni Settanta, il giornalismo riguardava, soprattutto, la carta stampata. Oggi, mio figlio di dieci anni si rifiuta di impugnare una penna e scrivere su un foglio bianco. Inchiostro e calamaio hanno lasciato il posto al computer, unico vero mezzo di comunicazione”.

“L’informazione odierna – prosegue – è diretta, veloce e, per questo, anche un pò sfuggevole. Non esiste più lo spirito di approfondimento che c’era una volta. Basta farsi un giro sui vari siti per estrapolare un sapere enciclopedico spulciato dai titoli di articoli mai aperti”.

Quando uno dei candidati pubblicisti gli chiede se in questo settore la meritocrazia conti, il Presidente Losito risponde divertito: “I miei vecchi direttori solevano ripetermi che, in linea di massima, un giornale assume un democristiano, un fascista, un socialista, un comunista e, se avanza una sedia, anche uno bravo!” Risate generali.

La deontologia giornalistica – precisa – è un tema di fondamentale importanza. La comunicazione virale di cui tutti siamo schiavi può causare danni irreversibili all’esistenza delle persone. Ecco, le persone. Scrivete sempre pensando che, dall’altra parte, ci sia qualcuno che legge il vostro pezzo, qualcuno che possa sentirsi calunniato, qualcuno a cui potreste rovinare la vita. Il giornalista, a volte, deve assumersi le stesse responsabilità di un medico. Operi a cuore aperto nella quotidianità della gente e, pubblicando notizie avventate, potresti commettere errori fatali. Ricordo ancora l’emblematico aneddoto dei coniugi Schillaci accusati, troppo frettolosamente, di aver abusato sessualmente della loro figlia di tre anni. Sbattuti, addirittura, in Prima Pagina sul Corriere della Sera, dovettero sorbirsi accuse infamanti, fino a quando, la scientifica non si accertò che le lacerazioni vaginali della bimba erano dovute ad un invasivo tumore al retto che, di lì a poco, avrebbe portato la piccola alla morte”.

“Un giornalista serio – conclude – protegge le sue fonti rispettando il contesto in cui è costretto ad agire. Valuta causa ed effetto, pondera le parole, disponendole nella maniera più opportuna. L’esperienza, poi, farà il resto”.

Ritiro, orgogliosamente, attestato e tesserino, consapevole che questo sia solo il punto di partenza, altri oceani mi aspettano. Ringrazio e continuo a navigare.


1 COMMENTO

  1. Applausi (non ironici) da parte mia alle tue parole scritte. La responsabilità secondo mie analisi è, oggi, sopratutto del lettore. Sopratutto di chi naviga in rete, sopratutto di chi non legge ma guarda soltanto, soprattutto di chi scrivendo si assoggetta ad un certo volere consumistico e voyeuristico del lettore scialbo e, infine, soprattutto di chi dirige testate giornalistiche online e/o su carta, con il mero scopo di introitare senza il benché minimo approccio professionale e culturale.

    P.S.: L’uso eccessivo dei “soprattutto” è voluto.

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