(ANSA/FABIO FRUSTACI)

A me personalmente piacerebbe che avesse ragione lui, per motivi ovvi e comprensibili. Ma temo che le cose non stiano come dice il nostro premier…

Caro Direttore,

ci sono giorni che non riesco a capacitarmi che la Terra è rotonda. Mi sento un po’ come il premier legastellato Conte che vede doppio, nel senso che mentre il mondo è spaventato dalla recessione, lui annuncia che il 2019 sarà “un anno bellissimo”. Io sono assai contento per il suo ottimismo e mi domando da dove gli venga in quantità così copiosa. Tutti gli organismi internazionali vedono arrivare un gelo polare sull’economia europea e mondiale, Conte vede bellezza dove gli altri vedono sciagura. A me personalmente piacerebbe che avesse ragione lui, per motivi ovvi e comprensibili. Ma temo che le cose non stiano come dice il nostro premier, e sarebbe utile che chiedesse chiarimenti a Trump, alla Merkel e a Junker, i suoi nuovi amici con i quali è in confidenza. Lo faccia, prima che siano loro a fargli uno shampoo chiarificatore.

Ora, Conte non è nuovo a queste uscite in rosa, mentre il resto del mondo vede nero. Ho come l’impressione che, a forza di frequentare statisti, si sia convinto di esserlo a sua volta. Come quelli che pensano di essere poeti perché una volta sono andati a cena con Mario Luzi. Ecco, penso che il Nostro sia preda della sindrome dello statista, questa sorta di Forrest Gump del Gargano capitato per caso a Palazzo Chigi. Lui, che con la politica non c’entrava nulla, è stato miracolato dai grillini che l’hanno pescato nel mazzo dei “competenti”, almeno così come li intendono loro.

Il problema dell’oggi è che, a causa di un ottimismo ingiustificato, il Paese potrebbe fare un tonfo più pesante del previsto, che già non sarà una passeggiata. L’idea di trattare gli italiani come deficienti (e forse se lo meriterebbero pure) è un modo per scoraggiare gli anticorpi. Se un malato non si cura perché il medico è un ottimista incompetente, il malato si aggrava fino a morire. La faccenda è seria, perché nessuno dei capibastone di questo governo, cioè Salvini e Di Maio, è capace di concretezza: uno impegnato nella guerra ai “negri”, l’altro impegnato ad abolire la povertà e il lavoro. Conte va per la sua strada, e i due vice pure. Chi vivrà, vedrà, e saranno cavoli suoi.

Come finirà la storia lo vedremo presto. Isolati in Europa, con l’economia in recessione, con le liti quotidiane fra gli alleati gialloverdi, ci divertiremo di sicuro, mentre scivoliamo verso lo sfascio. All’ultimo girone infernale, troveremo sulla porta il nostro Caronte che, con il completo blu di Conte, ci spiegherà che è “bellissimo”.


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Pugliese errante, un po’ come Ulisse, Antonio del Giudice è nato ad Andria nel 1949. Ha oltre quattro decenni di giornalismo alle spalle e ha trascorso la sua vita tra Bari, Roma, Milano, Palermo, Mantova e Pescara, dove abita. Cominciando come collaboratore del Corriere dello Sport, ha lavorato a La Gazzetta del Mezzogiorno, Paese sera, La Repubblica, L’Ora, L’Unità, La Gazzetta di Mantova, Il Centro d’Abruzzo, La Domenica d’Abruzzo, ricoprendo tutti i ruoli, da cronista a direttore. Collabora con Blizquotidiano.  Dopo un libro-intervista ad Alex Zanotelli (1987), nel 2009 aveva pubblicato La Pasqua bassa (Edizioni San Paolo), un romanzo che racconta la nostra terra e la vita grama dei contadini nel secondo dopoguerra. L'ultimo suo romanzo, Buonasera, dottor Nisticò (ed. Noubs, pag.136, euro 12,00) è in libreria dal novembre 2014. Nel 2015 ha pubblicato "La bambina russa ed altri racconti" (Solfanelli Tabula fati). Un libro di racconti in due parti. Sguardi di donna: sedici donne per sedici storie di vita. Povericristi: storie di strada raccolte negli angoli bui de nostri giorni. Nel 2017 ha pubblicato "Il cane straniero e altri racconti" (Tabula Dati).