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«A volte, di notte, dormivo con gli occhi aperti sotto un cielo gocciolante di stelle. Vivevo, allora»
(Albert Camus)

In un ormai lontanissimo 2007, qualcuno mi regalò un libro dopo un evento triste e mi scrisse così: (…) un sogno in cui avrei voluto essere e, invece, non cero: scusa”.

Fu allora che imparai quanta storia facciano le assenze, quanto certi buchi nelle pellicole diventino le pellicole stesse, quanto certe scuse non abbiano scuse e quanto un gesto, uno, a farlo e a farlo bene, possa cambiare lintero corso di una vicenda.

Poi la vita va, ed ha sempre ragione lei. Ognuno sceglie di essere ricordato per qualcosa: il libero arbitrio regna sovrano.

È un attimo: le sfumature. Che bellezza! Stregonerie o incantesimi che appaiano a seconda degli epiloghi, hanno qualcosa di particolare, sempre. Le vedi, le vedi tutte e quello che sembra improvviso, non lo è affatto. Grandi altezze o decisi tracolli: un segno distratto di matita e il dado è tratto. In un verso o nellaltro.

Ci vuole cura. Ce ne vuole sempre, per essere attenti e per distrarsi. È sempre unarte che richiede attenzione, poiché qualcuno che se ne accorge non manca mai.

Quelli nell’immagine di copertina, per esempio, sono solo occhiali. Ognuno di loro passa le sue giornate sul naso di una storia e le storie, com’è giusto che sia, a un certo punto si uniscono e finiscono su un tavolo in un ordine imperfetto e colorato: lasciano i loro nasi e restano lì, a fare da sfondo sperando, pur senza averne alcun bisogno,  che qualcuno si accorga di loro e scelga di immortalarle in un momento che, in qualche modo, poi rimarrà eterno.

Perché? Semplice: ogni naso, anche quando è puntato all’insù, è legato ad una mente, ogni mente è sempre legata ad una pancia. Fra le due… i luoghi  delle anime, che sono luoghi lontani, fatti di vite antenate e vastissime campagne.

C’era una volta un uomo, aveva circa 65 anni, era colto, non si era mai sposato, era appassionato di astronomia, aveva un atlante del cielo. Quest’uomo amava passare le notti esattamente lì, fuori dalla sua casa di campagna, con il suo telescopio, nel buio pesto, sotto il cielo stellato, fra il canto dei grilli.

In quelle atmosfere surreali e indimenticabili, che chi ha visto anche una sola volta nella vita possederà per sempre, quell’uomo a volte insegnava a suo nipote, che era piccolo (aveva 10 anni) ed amava starlo a sentire, a riconoscere le stelle e durante una di quelle notti, puntò al cielo una lampadina tascabile.

Disse allora al bambino: Lo sai che se punti la luce di questa lampadina tascabile, tra circa mille anni qualcuno vedrà il segnale che stai mandando adesso?”

Da allora quel bambino ha mandato tanti segnali che sono in viaggio ed immagina ancora che ad anni luce, un giorno, un bambino come lo era lui, vedrà il suo messaggio. Vedrà una luce fioca e sarà quella della sua lampadina tascabile.

La verità è che credo di aver fatto un sogno, che non è certo quello del 2007 in cui qualcuno avrebbe voluto essere, ma non c’era.

Questo è stato un sogno del tutto particolare, a cui ho continuato a pensare anche tutte le volte in cui non l’ho detto: a volte il timore di essere fraintesi, aumenta la necessità di ruminare, specialmente se vorresti poter raccontare che tutte le cose possono essere così belle da commuovere, sogni inclusi. E io l’ho fatto, ho ruminato moltissimo specie sul fatto che quel bambino me lo aveva detto: “Dai che ti ho ispirato per il tuo prossimo pezzo, con una di quelle cose a cui non pensi, ma se ti capita, le ricordi subito”.

Anche il suo naso portava di tanto in tanto degli occhiali, io lo sapevo ma non lo avevo mai visto in compagnia delle sue lenti. Quello che invece avevo visto era una caratteristica particolare: in qualche modo e in molto più di qualche caso, quel bambino aveva irrimediabilmente ragione.


FontePhotocredits: Myriam Acca Massarelli
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Sono una frase, un verso, più raramente una cifra, che letta al contrario mantiene inalterato il suo significato. Un palindromo. Un’acca, quella che fondamentalmente è muta, si fa i fatti suoi, ma ha questa strana caratteristica di cambiare il suono alle parole; il fatto che ci sia o meno, a volte fa la differenza e quindi bisogna imparare ad usarla. Mi presento: Myriam Acca Massarelli, laureata in scienze religiose, insegnante di religione cattolica, pugliese trapiantata da pochissimo nel più profondo nord, quello da cui anche Aosta è distante, ma verso sud. In cammino, alla ricerca, non sempre serenamente, più spesso ardentemente. Assetata, ogni tanto in sosta, osservatrice deformata, incapace di dare nulla per scontato, intollerante alle regole, da sempre esausta delle formule. Non possiedo verità, non dico bugie ed ho un’idea di fondo: nonostante tutto, sempre, può valerne la pena. Ed in quel percorso, in cui il viaggio vale un milione di volte più della meta ed in cui il traguardo non è mai un luogo, talvolta, ho imparato, conviene fidarsi ed affidarsi.